La RAI boccia ufficialmente il DVB-h

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Gli operatori nostrani sembrano convinti della bontà della decisione con cui RAI ha formalizzatoche non intende seguire la via del formato DVB-h per la televisione mobile. Una decisione che arriva a pochi giorni da quando l’Unione Europea ha reso chiara l’intenzione di sostenere proprio DVB-h per le trasmissioni in mobilità nel Vecchio Continente. La RAI, tenuta a scegliere una strada dal Contratto di servizio che propone l’esplorazione delle nuove tecnologie di trasmissione, intende lavorare sullo standard DMB, già ampiamente supportato dai dispositivi di telefonia mobile nonché piattaforma utilizzata con successo in altri paesi, come la Corea del Sud, per la trasmissione di canali radio e televisivi digitali.

Le ragioni della scelta sono prima di tutto economiche, come ha spiegato Stefano Ciccotti, amministratore delegato di RaiWay: il DVB-h, che pure stenta a partire nonostante il forte impegno da parte di TRE, costa, e costa molto. Per RAI portare il segnale ad almeno l’85 per cento della popolazione avrebbe significato tirar fuori qualcosa come 300 milioni di euro, buona parte dei quali per l’acquisizione di frequenze. Sebbene DMB non garantisca la stessa flessibilità, il suo sviluppo riduce i costi enormemente, fino ad 8 milioni di euro, senza contare, come ha sottolineato Ciccotti, che in brevissimo tempo si può “coprire” il 40 per cento della popolazione senza spese significative.

Con il DMB chi ha un’ottima vista e intende fruire di televisione anche al di fuori delle mura domestiche potrà farlo sfruttando microschermi mobili e la possibilità di sintonizzarsi su un pugno di canali, o di sfruttare invece la radio digitale. Non è poco: se in Corea del Sud, dove la diffusione di telefonini è endemica quanto in Italia, gli utenti DMB sono ormai più di 4 milioni, c’è chi si attende risultati del genere anche qui da noi.

Per i consumatori è anche una possibile buona notizia: al contrario di DVB-h, che consente all’operatore di seguire strategie commerciali diversificate, il DMB ostacola la pay-tv, in quanto non permette di “autenticare” l’utente che lo utilizza, il che significa che su DMB non circoleranno contenuti per i quali l’emittente intenda far pagare qualcosa.

I tempi di sviluppo della rete DMB di RAI saranno veloci, sia per gli accordi tecnici già stretti con realtà come il consorzio Club DAB e il CR DAB, sia perché le frequenze sono già disponibili in casa. L’idea è di coprire Roma entro la fine di agosto con i canali radiofonici e, in più, tre canali televisivi, due dei quali privati. Poi si passerà a Milano e via via alle altre maggiori città italiane. Entro la fine dell’anno RAI conta di aver coperto in DMB quasi metà della popolazione.

A sostenere la scelta della RAI è Adiconsum che in una nota sottolinea l’importanza dell’adozione di uno standard “in chiaro e per tutti”. Secondo l’associazione dei consumatori, DMB oltre ad essere “più economico, scalabile, con una migliore capacità di penetrazione all’interno degli edifici”, è uno standard che impedisce di adottare vincoli sia in termini di abbonamenti telefonici-televisivi che in termini di dispositivi mobili blindati. “RAI – conclude Adiconsum – è un servizio pubblico e deve essere visibile su tutte la piattaforme digitali in chiaro e senza vincoli. Ci aspettiamo ora che la fase sperimentale duri il meno possibile e che il cittadino possa finalmente vedere ed ascoltare tutti i canali RAI oggi in chiaro sul terrestre e sul satellite anche in mobilità.

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