Per la prima volta, nel 2019 la raccolta pubblicitaria online ha superato il volume d’affari di quella televisiva. Ma c’è ben poco da festeggiare se, come rileva l’Agcom, a incassare il 68% degli introiti complessivi è appena l’1% degli operatori attivi sul mercato.
I dati sulla pubblicità confermano lo scenario di un mondo selvaggio, quello del web, che però diventa iper-irregimentato quando si parla di guadagni e ricavi. Arroccatto attorno agli over the top, la stragrande maggioranza della “torta” della pubblicità finisce nelle capienti casse delle multinazionali del web che, forti dei regimi fiscali di favore in cui godono negli Usa e negli Stati dell’Unione Europea, fatturano centinaia di milioni di euro senza troppe spese.
Secondo i rilievi dell’osservatorio Agcom, il sorpasso si è compiuto lo scorso anno e si confermerà, nonostante il Covid, per questo. Dai dati pubblicati emerge che il 41% della pubblicità ha come campo d’azione il web mentre la televisione di attesta al 39%. Agli altri le briciole: i quotidiani vanno meglio delle radio e dei periodici (7% a fronte del 6% degli altri). Un trend che, secondo i dati, sarebbe confermato per il 2020 con un ulteriore avanzamento della pubblicità web (42%) che rosicchierebbe punti percentuali ai periodici (5%) nelle dimensioni immutate degli altri media.
Piatto ricco, sì. Ma appannaggio dell’1% che gestisce le piattaforme pubblicitarie che quasi conquistano il 70% dell’intero mercato. Un oligopolio vero e proprio.
Marina Pisacane
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