La Fnsi protesta, scende in piazza per sollecitare il governo a fare presto sull’editoria e a difesa dell’Inpgi. La manifestazione è stata indetta per giovedì prossimo, il 7 ottobre, alle ore 10 a piazza Montecitorio. L’annuncio è stato dato in una nota della sigla sindacale dei giornalisti italiani. Che hanno utilizzato parole durissime per annunciare la loro mobilitazione. I temi sul tavolo sono quelli di sempre ma questa volta è la crisi post-pandemica che rischia di complicare definitivamente un quadro che è a tinte fosche già da anni.
Le ragioni della protesta, che sarà inscenata come riunione del consiglio nazionale della Fnsi, avrà diversi argomenti da sottoporre all’attenzione del governo Draghi. L’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce è già finito nel mirino del sindacato dei giornalisti da parecchio tempo. Solo qualche settimana fa, il segretario generale Raffaele Lorusso aveva pronunciato parole durissime. “Al governo non interessa la crisi del settore. Vogliamo essere considerati al pari di tutto gli altri lavoratori italiani”.
La Fnsi ha ricordato. “A luglio scorso, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha richiamato l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica sul pesante clima, spesso sfociato in minacce e aggressioni, che si respira nei confronti della libertà di informazione”. E quindi. “Mafiosi, corrotti, negazionisti di varia natura hanno messo nel mirino i giornalisti e il diritto dei cittadini ad essere informati. La gravità della situazione è confermata dai dati forniti dall’Osservatorio del ministero dell’Interno”. E mentre infuria la buriana, secondo il sindacato unitario dei giornalisti “il governo pensa di intervenire soltanto per smantellare il sistema pensionistico e il welfare dei giornalisti italiani”.
Ma non basta. “Al netto degli annunci, non si intravede alcun provvedimento di natura strutturale per accompagnare il settore dell’editoria, duramente provato da una crisi industriale senza precedenti dovuta alle profonde trasformazioni del mercato globale, verso la transizione al digitale. Non c’è alcun segnale concreto su questioni fondamentali che riguardano la libertà, i diritti, la dignità del lavoro di chi ogni giorno si sforza di aiutare i cittadini a conoscere e a comprendere”.
Quindi la conclusione. “Il contrasto al precariato crescente e alle querele bavaglio, l’equo compenso, la riforma del servizio pubblico radiotelevisivo sono scomparsi dall’agenda politica. Il governo, a cominciare dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, è chiamato ad una presa di coscienza del declino inarrestabile che un settore vitale per la democrazia sta subendo, anche a causa dell’assenza di scelte politiche forti e coraggiose, e ad avviare al più presto un confronto con editori, giornalisti e lavoratori del comparto, sollecitato anche dai sindacati confederali, per restituire dignità all’informazione italiana”.
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