In Puglia (e in Basilicata) c’è un’altra Gazzetta all’orizzonte. Quella “originale” attende che un tribunale dipani l’intracatissima matassa che avvolge i suoi assetti societari in una procedura fallimentare infinita. Intanto, Ladisa sta indubbiamente lavorando al suo nuovo progetto editoriale. Dopo aver deciso di non esercitare le opzioni che avrebbero evitato alla Gazzetta del Mezzogiorno lo stop alle pubblicazioni che dura ormai da più di due mesi.
Nella sede della società barese è spuntata l’insegna con la testata del nuovo progetto. Si chiamerà “La Nuova Gazzetta di Puglia e Basilicata”, il marchio dovrebbe essere già registrato, si attendono conferme per capire se lo sia già anche la testata. Il logo si trova esposto insieme agli altri gestiti dal gruppo Ladisa. La notizia ha confermato i dubbi che i giornalisti del comitato di redazione della Gazzetta del Mezzogiorno ormai esprimono da settimane a ogni comunicato. Ledi starebbe pensando a mettere su una nuova realtà editoriale.
Per farlo, avrebbe iniziato una serie di incontri informali che diversi professionisti. “Casting” sono stati definiti dai giornalisti del Cdr a cui l’iniziativa de la “Nuova Gazzetta di Puglia e Basilicata” non è andata giù. Perché è stata proprio la decisione di Ledi, a fine luglio scorso, a causare lo stop alle pubblicazioni. Un autentico dramma per la comunità di giornalisti e poligrafici, vissuta come una ferita a un giornale vivo e antico. Che mai, in 134 anni di vita, aveva mancato un appuntamento in edicola. Nemmeno ai tempi della guerra.
Una nota ha chiarito la posizione dei giornalisti. Fnsi, Assostampa e Cdr hanno stigmatizzato con durezza la scelta dei vertici Ledi. “È evidente l’atto di sciacallaggio che il gruppo Ladisa sta compiendo ai danni della Gazzetta del Mezzogiorno. Dopo aver dismesso le attività di inquilino, non riuscendo a diventarne proprietario, da un lato tiene in ostaggio il giornale in Tribunale, allontanandone l’uscita in edicola con i reclami che obbligano i giudici a ritardare le decisioni”.
E dunque. “Dall’altro lancia sul mercato un prodotto ai limiti della contraffazione per “scippare” lettori e inserzionisti e compromettere, cosi, il futuro della Testata. Uno scempio a danno dei lavoratori a cui assistono in silenzio sia gli Enti locali (quando non ne sono stati addirittura sponsor) sia gli Organi dello Stato a cui un bene, con 134 anni di storia, è stato affidato”.
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