LA NOSTRA PRIVACY VENDUTA SUL WEB A 10 EURO

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Con cadenza almeno settimanale e quasi sempre all’ora di pranzo o cena qualche call center ci chiama e ci distoglie dai nostri pensieri. Dietro quelle telefonate esiste un vero e proprio mercato. Un mercato molto ricco e pienamente legittimo, anche se non altrettanto conosciuto: il mercato dei dati personali. Ogni volta che firmiamo un contratto, anche la più banale iscrizione in palestra o l’acquisto della tessera fedeltà al supermercato, autorizziamo l’altro contraente al trattamento dei nostri dati personali. Se leggessimo le clausole scopriremmo che, molto spesso, lo autorizziamo anche a comunicare i nostri dati personali a soggetti terzi. Come, ad esempio, società di ricerca sul mercato, di consulenza o marketing. Accade anche quando il nostro recapito è riservato, non figura sull’elenco. Ed è così che il nostro nome, cognome, numero di telefono e indirizzo finisce nelle mani dei call center. Senza che possiamo ribellarci, perché siamo stati noi stessi (spesso involontariamente) ad autorizzarlo. Il valore dei dati personali venduti in questo mercato è variabile, anche se un singolo numero è stimabile intorno ai 10 euro: dipende in realtà da quante sono le informazioni che passano di mano. Ed è grazie a questi dati che società come Facebook e Google possono prosperare, offrendo a caro prezzo pubblicità personalizzate, cucite su misura per ogni singolo utente.

Su Internet esistono anche diversi software, come MyUnplug, che calcolano il valore dei nostri dati personali, ad esempio delle informazioni che inseriamo nel nostro profilo Facebook. Moltiplichiamo quel valore per i miliardi di utenti di internet e avremo un’idea del tesoro che questi dati rappresentano per le grandi aziende di internet. Colossi come Google e Facebook grazie all’enorme mole di informazioni che possiedono sui loro utenti possono, come si dice in gergo, “profilare l’advertising”, mirare la pubblicità. Chi come loro, e lo stesso vale per le compagnie telefoniche, possiede sconfinati elenchi di dati personali, di solito non li vende a società terze. Si limita a vendere il servizio. L’azienda che, ad esempio, vuole indirizzare il marketing del suo nuovo prodotto verso un pubblico di signore single tra i 25 e i 30 anni, può rivolgersi a Google, Facebook o a una compagnia telefonica e avere, a caro prezzo, una pubblicità mirata. I consigli per gli acquisti personalizzati che leggiamo sul nostro profilo Facebook o nella nostra casella Gmail sono il risultato di questo processo.

In questo grande mercato della privacy, il valore dei singoli dati personali di volta in volta venduti può variare. «Dipende dalla quantità di informazioni che contengono», spiega Massimo Fubini, amministratore delegato di ContactLab, società milanese che gestisce il marketing via e-mail di molte grandi aziende. «Un conto è sapere soltanto nome, cognome e numero, altra cosa è avere l’identikit di quella persona: l’età, se è sposata, se ha figli e di quanti anni, se fa acquisti online, eccetera». Il valore medio oscilla, spiega Fubini, tra i 10 e i 70 euro per mille e-mail inviate. Se invece della mail il mezzo prescelto per fare marketing è la telefonata, il prezzo cambia, il criterio rimane lo stesso.

Fin qui la risposta alla domanda di Maurizio Maggiani (si veda l’intervista qui accanto, ndr.): come è possibile che mi chiamino se il mio numero non è pubblico? Chi invece pubblica il numero sull’elenco, le Pagine bianche, sa che potrà ricevere ogni giorno telefonate promozionali. A meno che, ed è una novità dell’anno scorso, non inserisca il proprio numero nel Registro pubblico delle opposizioni. Gestito per conto del ministero dello Sviluppo economico dalla Fondazione Ugo Bordoni, il Registro è l’elenco di tutti i numeri di telefono che non vogliono essere disturbati dai call center. Ha un sito che spiega in che modo, piuttosto semplicemente, ci si registra. E oggi ha circa un milione di iscritti. Stefano Quintarelli, informatico e tra i massimi esperti di internet e telecomunicazioni in Italia, spiega che «la lista di numeri telefonici ricavata dalle Pagine bianche e in possesso di un call center deve essere preventivamente vagliata dalla Fondazione Bordoni. Chi è iscritto nel Registro, non può essere contattato. Può capitare che la lista sia sporca, e che il call center contatti anche chi è iscritto nel Registro. Se accade è una violazione della privacy, e la persona contattata può fare un reclamo al Garante. Sono episodi, comunque, sempre più rari: il sistema funziona piuttosto bene».

Con due limiti, come ricorda Marco Pierani di Altroconsumo. Primo: «Al Registro può iscriversi soltanto chi è iscritto nel database telefonico nazionale, le Pagine bianche. Non chi (come Maggiani, ndr.) non ha pubblicato il proprio numero». Secondo: «L’iscrizione al Registro soccombe di fronte a eventuali autorizzazioni, più o meno consapevoli, ad essere chiamati». In altre parole, se firmando un contratto autorizzo il trattamento, e la vendita, dei miei dati personali, l’operatore di qualche call center, prima o poi, mi troverà.

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