La Manovra è sbarcata in Senato. Comincerà il dibattito tra le forze parlamentari sulle regole e sulle strategie impresse, dal governo, al documento di economia e finanza per il prossimo anno. Tra queste previsioni, ci sono, chiaramente, anche quelle che impattano in maniera rilevante sul mondo dell’editoria. Si comincia dall’articolo 62 del disegno di legge che rappresenta una vera e propria riforma dell’editoria con una delega, amplissima, riservata al Governo. Le norme introdotte, infatti, hanno carattere sistemico, e intervengono direttamente sulla legge 26 ottobre 2016, n. 198 che introdusse il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione. La modifica introdotta dal comma 1 dell’articolo 62 del nome che diventerà “Fondo unico per il pluralismo e l’innovazione digitale dell’informazione e dell’editoria” non ha carattere unicamente formale, ma sostanziale, in quanto nel fondo stesso confluirebbero tutte le risorse attualmente destinate a sostegno dell’editoria con misure dirette nate dalla legislazione emergenziale degli ultimi anni.
E in questa prospettiva, dunque, che va letto il comma 2. La norma prevede che tutta la disciplina in materia di contributi vada rivista alla luce di criteri molto generali. In particolare, viene stabilito che, per accedere ai contributi, le imprese editrici di quotidiani devono avere almeno 4 dipendenti giornalisti assunti a tempo indeterminato, mentre le imprese editrici di periodici devono avere almeno 3 dipendenti giornalisti assunti a tempo indeterminato. Sempre sotto l’aspetto occupazionale devono essere favorite le imprese che assumono giornalisti e professionisti in possesso di qualifica professionale nel campo della digitalizzazione editoriale, comunicazione e sicurezza informatica finalizzata anche al contrasto del fenomeno delle fake news, con una età anagrafica non superiore ai trentacinque anni e che in occasione di ristrutturazioni aziendali dichiarano la disponibilità ad assumere giornalisti.
Ma non è tutto. Perché verrà favorita l’ammissione ai contributi a fronte della corresponsione ai giornalisti di una retribuzione non inferiore alla soglia minima stabilita dal contratto collettivo nazionale del comparto giornalistico. Per le testate locali, contestualmente, vengono previsti limiti massimi e percentuali differenziate in proporzione ai giornalisti assunti a tempo indeterminato in misura superiore al numero minimo richiesto come requisito di accesso.
Sotto il profilo dei costi ammissibili vengono valorizzate, genericamente, le voci di costo legate a modelli imprenditoriali orientati ad un’offerta editoriale innovativa (riportiamo in maniera testuale il testo del disegno di legge che, onestamente, risulta talmente vago da sembrare non avere alcun significato), per le sole edizioni cartacee valorizzazione delle voci di costo che subiscono incrementi per eventi eccezionali (si pensi all’aumento del costo della carta registrato negli ultimi anni) e ulteriori criteri premiali per l’edizione digitale, anche in parallelo con l’edizione in formato cartacea.
Viene, inoltre, prevista la revisione e la razionalizzazione delle procedure amministrative per chiedere l’accesso alle agevolazioni.
Le modifiche alla disciplina vigente, non inciderebbero sulla platea dei beneficiari, ma vengono delegate direttamente al Governo, addirittura senza prevedere alcun passaggio, anche di natura consultiva, per il Parlamento. Si tratta, quindi, di un chiaro strappo rispetto ai principi generali in tema di tutela del pluralismo che, evidentemente, presuppongono che la garanzia delle minoranze non possa essere delegata alle maggioranze. E sotto questo profilo sorgono dubbi circa la tenuta della norma nel tempo per quanto concerne la legittimità costituzionale. Tanto che il Governo stesso deve, sempre con Regolamento, abrogare le norme contenute nel decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70, non compatibili con il medesimo testo.
Per la risoluzione delle crisi occupazionali nel settore viene previsto che una quota non superiore al cinque per cento del “Fondo per unico per il pluralismo e l’innovazione digitale dell’informazione e dell’editoria” venga destinato a misure a vantaggio delle imprese operanti nel settore dell’informazione e dell’editoria. Sempre in questa stessa prospettiva viene autorizzata una spesa ulteriore di un milione di mezzo di euro per il 2024 e di tre milioni di euro per il 2025 per il prepensionamento dei poligrafici e dei grafici editoriali delle imprese che abbiano presentato piani di crisi per la riorganizzazione o la ristrutturazione aziendale. Il “Fondo per unico per il pluralismo e l’innovazione digitale dell’informazione e dell’editoria” dovrà anche assorbire le risorse per il prepensionamento dei giornalisti dipendenti di imprese editoriali.
In manovra, inoltre, c’è spazio anche per il credito d’imposta per l’acquisto della carta che viene prorogato anche al 2024 e al 2025 in ragione del 30 per cento della carta acquistata e utilizzata rispettivamente nel 2023 e nel 2024 con uno stanziamento di 60 milioni di euro. Infine, per quanto riguarda il contributo per l’acquisto di giornali e periodici da parte delle scuole viene modificata la norma, nel senso che vengono esplicitamente indicati i quotidiani.
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