Al festival del giornalismo di Perugia Google ha annunciato di aver predisposto un bando per finanziare progetti innovativi. L’iniziativa è rivolta a sostenere, come dice il gigante di Mountain View, le imprese con meno di cinquanta giornalisti a tempo pieno, riservandosi il diritto di derogare a questa regola.
Dal mondo dell’informazione la solita, consueta e mortificante eco di consensi, al solito alla ricerca della mancetta perduta. Perché gli editori dovrebbero loro per primi pretendere di sedersi a chi utilizza i propri contenuti per fare business di partecipare con parità di dignità al business stesso. Mentre accettare di partecipare ad un bando significa entrare nella logica culturale della sudditanza.
Google è una società privata ed ha tutto il diritto di decidere chi e cosa sostenere con i propri soldi. Può fare donazioni, elargire contributi, finanziare chi vuole. Ma i produttori di contenuti hanno il dovere di rivendicare la propria autonomia altrimenti, per dirla all’italiana, si trasformano in collaboratori coordinati e continuativi di Google news e pure precari, in quanto il come, il quanto e il se è collegato alla decisione di quello che dovrebbe essere un mandatario.
Ma, intanto, limitiamoci ad ascoltare gli scroscianti applausi di un mondo che ha difficoltà a ritrovarsi.
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