La Rai assume alcuni giovani e, giustamente, sbandiera ai quattro venti questa decisione che definirei controriformista; ai tempi della crisi, della solidarietà e delle casse integrazioni, assumere è un atto meritorio; eroico se si danno posto a dei giovani; certo lo fa un’azienda pubblica, mamma rai si diceva una volta, i denari ce li mettiamo noi, ma ci può stare, lo Stato dovrebbe essere il primo a credere che un ritorno alla normalità sia possibile. In realtà le assunzioni promesse sono in buona parte regolarizzazione di posizioni già aperte, i famosi precari; e poi i giovani della scuola Rai di Perugia. Ed ecco le polemiche. La Rai deve fare i concorsi pubblici e l’eccezione sembra scontata; ed invece no, perché chi si prende collera sono le scuole di giornalismo, quei “disoccupifici” di giovani, che hanno dato occupazione a tanti vecchi tromboni con, chiaramente, la benedizione di ordini, sindacati, ed associazioni che con questa roba ci vanno a nozze. Quello che non va giù alle altre scuole di giornalismo è che tutti i giornalisti vengano presi dalla scuola della Rai, sulla base dell’accordo con l’Usigrai, un’altra di quelle fantastiche sigle di cui questo Paese non può proprio fare a meno. Ma in realtà se la Rai fosse, come dovrebbe essere, un’azienda, cosa ci sarebbe di male se i propri giovani prima li forma e poi li assume? Nulla.