Stefano Feltri, direttore de Il Domani, non è certo intelligenza che si può accusare di “trumpismo”. Eppure, nel conformismo generale di chi applaude acriticamente alla decisione di Facebook e twitter di “cacciare via” il tonitruante presidente americano uscente, la sua voce si è alzata. Non certo per difendere Donald Trump ma per ribadire un principio contenuto in uno dei punti “riassuntivi” dell’editoriale: se la democrazia americana è in crisi, la colpa non può essere solo dei populismi che l’hanno corrosa ma anche “dagli abusi di potere delle piattaforme digitali”.
Per Feltri, dunque, i padroni delle ferriere digitali rischiano di trasformarsi – nei fatti – in figure pericolose come se non addirittura peggio di Trump. Perché possono decidere, senza dar conto a nessuno, di intervenire unilateralmente sui grandi temi della discussione pubblica. Il direttore di Domani, infatti, scrive: “Non si tratta di difendere il diritto alla libertà di espressione di Donald Trump: le sue incitazioni alla violenza e la scelta di non riconoscere l’esito delle elezioni di novembre sono un assalto, non solo metaforico, alla democrazia. E sono molto probabilmente un crimine, che come tale verrà perseguito”. E dunque: “Ma deve preoccuparci che Mark Zuckerberg sia così potente e autonomo da poter silenziare un presidente degli Stati Uniti perché, in sintesi, non gli piace quello che pubblica. Oggi capita a Trump, domani potrebbe essere chiunque altro”.
Quindi spiega: “Mentre Zuckerberg cerca facili applausi contro Trump, cambia in modo unilaterale le regole della privacy di WhatsApp, mettendo i dati del servizio di messaggistica a disposizione di Facebook. Esattamente quello che aveva promesso di non fare quando, nel 2016, aveva chiesto l’autorizzazione alla fusione”.
Infine aggiunge: “Zuckerberg è un pericolo per la democrazia assai maggiore di Jack Angeli, lo sciamano con le corna che ha assaltato il Congresso, e anche del suo mandante, cioè Trump”.
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