La lezione di Papa Francesco: la comunicazione deve ribaltare il clima di rancore e paura che si respira oggi. Il pontefice ha inviato, nei giorni scorsi, un messaggio agli organizzatori del Meeting per l’amicizia dei popoli, in programma a Rimini. E lo ha fatto per il tramite del segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. Nelle parole del Papa c’è l’indicazione che nessuno, in questo periodo di divisioni e di tensioni, può più ignorare. La necessità di calmarsi e di riprendere il dialogo per perseguire la via della pace.
Le parole di Papa Francesco, a proposito, sono nette e inequivocabili: “La guerra e le divisioni seminano nei cuori rancori e paure, e l’altro diverso da me è percepito spesso come un rivale. La comunicazione globale e pervasiva fa sì che questo atteggiamento diffuso diventi una mentalità, che le differenze appaiano sintomi di ostilità e si verifichi una sorta di epidemia di inimicizia”. C’è, per il pontefice, una responsabilità che chi fa comunicazione non può né deve ignorare. E il pontefice aggiunge: “In tale contesto, il titolo del Meeting suona audace: “L’esistenza umana è un’amicizia inesauribile’. Audace perché va nettamente controtendenza, in un tempo segnato da individualismo e indifferenza, che generano solitudine e tante forme di scarto”.
Non è la prima volta che il pontefice interviene, in tackle, sui toni e sulle modalità utilizzate per la comunicazione pubblica. Che comporta più di una conseguenza, grave troppo grave, per tutti: la guerra. A gennaio scorso, Papa Francesco a proposito di comunicazione aveva spiegato “La gentilezza non è solo questione di ‘galateo’, ma un vero e proprio antidoto alla crudeltà, che purtroppo può avvelenare i cuori e intossicare le relazioni. Ne abbiamo bisogno nell’ambito dei media, perché la comunicazione non fomenti un livore che esaspera, genera rabbia e porta allo scontro, ma aiuti le persone a riflettere pacatamente, a decifrare, con spirito critico e sempre rispettoso, la realtà in cui vivono”. Ma non è tutto, perché il papa ha sottolineato: “Come 60 anni fa, anche ora viviamo un’ora buia nella quale l’umanità teme un’escalation bellica che va frenata quanto prima anche a livello comunicativo. Si rimane atterriti nell’ascoltare con quanta facilità vengono pronunciate parole che invocano la distruzione di popoli e territori. Parole che purtroppo si tramutano spesso in azioni belliche di efferata violenza”.