LA LEGGE DEL LAVORO VA IN RETE, MA PER L’EQUO COMPENSO SI E’ ANCORA AI TEMPI SUPPLEMENTARI

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A differenza dei goal mancati dell’Italia calcistica, la riforma del lavoro dell’Italia di Mario Monti va in rete e diventa legge a tutti gli effetti.
Lo schema di gioco prevede disposizioni in materia di licenziamenti, salari, voucher e modalità della stipula di contratti.
Quello che proprio non va giù ai lavoratori sono i licenziamenti facili, così interpretati dal popolo dei dipendenti, secondo la legge scompare infatti il reintegro automatico in caso di licenziamento per motivi economici.
È prevista in alcuni casi un’indennità risarcitoria, la procedura di conciliazione, obbligatoria in questo primo caso, non potrà più essere bloccata da una malattia «fittizia» del lavoratore.

Uniche eccezioni saranno maternità o infortuni sul lavoro. Resta sempre nullo invece il licenziamento discriminatorio intimato, per esempio, per ragioni di credo politico, fede religiosa o attività sindacale.
Nei casi dei licenziamenti disciplinari (giusta causa o giustificato motivo soggettivo) ci sarà minor discrezionalità del giudice nella scelta del reintegro, che sarà deciso solo sulla base dei casi previsti dai contratti collettivi e non più anche dalla legge.
Altra novità, l’introduzione del salario base per i lavoratori subordinati: lo stipendio minimo dei co.co.co dovrà poi fare riferimento ai contratti nazionali di lavoro.
Misure per la nuova assicurazione sociale sono anche contenute nella Legge del lavoro, secondo cui l’assicurazione per l’impiego parte nel 2013 e sostituirà a regime, nel 2017, l’indennità di mobilità e le varie indennità di disoccupazione.
Ne potranno usufruire oltre i lavoratori dipendenti anche gli apprendisti e gli artisti, la contribuzione è estesa a tutti i lavoratori che rientrino nell’ambito di applicazione dell’indennità.
L’aliquota sarà gravata di un ulteriore 1,4% per i lavoratori a termine.
Sarà possibile trasformare l’indennità Aspi in liquidazione per poter così avere un capitale e avviare un’impresa.
Il lavoratore che però rifiuta un impiego con una retribuzione superiore almeno del 20% rispetto all’indennità che percepisce perde il sussidio.
Ma quali le reazioni del mondo giornalistico, chiamato tra l’altro a scrivere e discutere della riforma?
Alla Fnsi la riforma targata Fornero non piace, e non piace soprattutto la scelta di bypassare il nodo sull’equo compenso dei giornalisti.
L’iter della legge sull’equo compenso, la norma che si propone di garantire un trattamento economico proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, inizia lo scorso 28 maggio.
Nei giorni scorsi la commissione Lavoro di Palazzo Madama aveva infatti dato un’indicazione unanime a favore dell’approvazione del ddl, sia pure con alcuni correttivi rispetto al testo presentato ormai nel lontano 2010 dal senatore Silvano Moffa.
Si era vicini al traguardo quando il sottosegretario al Lavoro Maria Cecilia Guerra, ha chiesto ai membri della commissione di rimandare il voto in attesa della conclusione dell’iter parlamentare della riforma del mercato del lavoro.
Ora l’iter della riforma del lavoro si è concluso ma nulla è cambiato per i giornalisti senza contratto, che vengono retribuiti a pezzo e con cifre irrisorie dalle testate, come denuncia Luciana Cimino, del coordinamento dei giornalisti precari della capitale Errori di Stampa.
Dello stesso parere il deputato Giuseppe Giulietti, giornalista e portavoce dell’associazione Articolo21, ed uno dei principali sostenitori dell’equo compenso.
Il coro è unanime, il Sindacato dei giornalisti rivendica l’approvazione delle norme relative all’equo compenso inopinatamente bloccate in Parlamento.
Si tratta di un problema di civiltà del lavoro e di regolazione di un mercato privo di regole che danneggia, oltre che i lavoratori, gli stessi imprenditori che vogliano operare con correttezza.
La partita, quella dell’equo compenso, è ancora aperta e i giornalisti sono oramai stanchi dei tempi supplementari.

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