Anche la Germania, dopo gli Usa, è pronta a dichiarare guerra agli hacker.
Secondo indiscrezioni trapelate dal settimanale Der Spiegel, i servizi segreti di Berlino sarebbero al lavoro per mettere in piedi una vera e propria “task force” composta da 130 dipendenti specializzati nel dare la caccia ai pirati della rete.
Il reclutamento degli “007” non sarebbe che agli inizi, ma tutto lascia presagire una di quelle mosse in rapido ed efficace stile teutonico.
Ma quali sono i requisiti per diventare paladini della sicurezza della rete? E’ presto detto.
Di sicuro la giovane età ed una spiccata propensione, unita alla conoscenza, per i sistemi informatici.
Tradotto in soldoni: la ricerca si focalizza, ,principalmente tra i cervelli degli atenei universitari.
Al momento le selezioni sono ancora in corso, tuttavia le operazioni procedono in maniera spedita perché il tempo stringe e pure la Germania sta subendo ripetuti e continui attacchi informatici.
E poi, così come negli States, sembra che anche nel paese della Merkel la matrice sia riconducibile alla Cina.
L’ultima aggressione digitale risalirebbe a qualche mese fa, quando a finire nel mirino dei cyber pirati è toccata alla società aerospaziale franco-tedesca Eads.
Da qui la corsa ai rimedi e l’urgenza di adottare contromisure di difesa da parte tedesca sulla stessa falsariga di quanto già fatto da altri paesi del Vecchio e del Nuovo Continente dove pure sono stati allertati i servizi segreti.
Il fenomeno del cyber spionaggio non è nuovo, ma risale ad almeno a due anni fa. Per la precisione al 2011 anno in cui, come riporta il quotidiano francese Libération, un gruppo di spie cinesi riuscì ad infiltrarsi nei computer del Consiglio Europeo.
Anche in quel caso si parlava già di “pista cinese”.
Poi, con il passare del tempo, il raggio d’azione degli hacker si è allargato a macchia d’olio, colpendo come sappiamo gli Usa, la Germania, ma anche la Spagna che, nel settembre 2012 ha annunciato, sulla scia di quanto già messo in atto in Irlanda e Francia (paesi a loro volta oggetto di blitz), il varo di un centro nazionale d’eccellenza per la cyber-sicurezza, finanziato dalla Ue e con sede nei locali dell’Università autonoma di Madrid. Tuttavia il progetto iberico è finito clamorosamente in “stand by” perché a capo del progetto avrebbe dovuto esserci Matías Bevilacqua (alla guida del centro CfLabs).
Sì, proprio colui che, designato alla protezione del web, si è scoperto poi essere… un hacker (!).
Un pirata, insomma, che ha manipolato e venduto informazioni riservate di quasi tutte le istituzioni dello Stato.
A conferma di come, Cina o non Cina, sempre più spesso, il nemico è in casa.
E allora non resta altro da fare che confidare nelle strategie preventive dell’esercito speciale.
Quello dei servizi segreti, ovvio.
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