Sottoscrivereste un accordo di pace da quest’uomo? Elon Musk, stavolta non da Twitter che presto o tardi dovrà pure acquistare ma intervistato dal Financial Times, adesso fa infuriare Pechino e Taipei. Il magnate sudafricano, dopo aver proposto un piano di pace per la guerra tra Russia e Ucraina (e dopo essere stato respinto con rumorose perdite) adesso ci riprova e tenta di “risolvere” la crisi del Pacifico. Elon Musk ha “proposto” una sorta di protettorato cinese sull’isola di Taiwan, sul modello di quello che è in vigore per quanto riguarda Hong Kong. I taiwanesi si sono infuriati, i cinesi pure.
Secondo Taipei, come ha tuonato l’ambasciatore taiwanese negli Usa Hsiao Bi-khim, “libertà e democrazia non sono in vendita: ogni proposta durevole per il nostro futuro deve essere determinata pacificamente, libera da coercizione, rispettosa degli auspici democratici del popolo di Taiwan”.
Il portavoce del ministero degli Esteri Cinese, Mao Ning ha invitato Elon Musk a farsi gli affari suoi. “In primo luogo, la questione Taiwan è un affare interno della Cina – ha detto -. La posizione della Cina su questo tema è chiara. Ci impegneremo nel percorso principale per la riunificazione pacifica e per il principio di un Paese e due sistemi”.
Questa è solo l’ultima polemica scatenata dagli interventi a gamba tesa di Musk sulla geopolitica internazionale. Nei giorni scorsi, il magnate aveva scritto sul suo (tra poco?) Twitter che per raggiungere una pace duratura tra Kiev e Mosca si sarebbe dovuto “rifare le elezioni nelle regioni annesse sotto la supervisione Onu”, con la Russia “che se ne andrà se questa sarà la volontà del popolo”; poi si sarebbe dovuto ritenere “la Crimea formalmente parte della Russia, come è stato dal 1738 (fino all’errore di Krusciov)”; quindi “forniture d’acqua assicurate alle Crimea” e “l’Ucraina resta neutrale”. Se a Mosca questo “piano” è piaciuto, non è stato così a Kiev dove ha sollevato un vespaio di reazioni piccatissime.