La censura preventiva era cosa inedita fino all’avvento della nuova comunicazione dove in nome della par condicio tutto è da valutare bene, da prevedere, anzi da prevenire. Sulla Rai va in onda il Festival di Sanremo, l’orda barbarica della canzonetta italiana che finalmente tanto piace al popolo e raggiunge picchi incredibili di share, ossia di condivisione. Il servizio pubblico è sicuramente anche quello, interconnettere la gente, aprire spazi di confronto e di dibattito. E finalmente giovani promesse ed artisti di gran fama su un unico palco ad esibirsi insieme. Ma i cantanti, vivaddio, sono artisti e anche gli artisti hanno diritto ad avere delle opinioni, nonostante siano a Sanremo e nonostante vadano da Mara Venier. Ghali, un giovane cantante di Quarto Oggiaro, periferia di Milano, al termine della sua esibizione ha osato dire “stop con il genocidio”. Ora appare evidente che la frase è di una semplicità disarmante, alzi la mano chi non è d’accordo con una frase del genere. Eppure, si è scatenata una bagarre, colpevole Amadeus di non averlo fermato, ma che doveva fare tirargli un divano appresso, tappargli la bocca con le calze di Annalisa? Quanto si sarebbe potuto discutere, sulla Rai nei giorni seguenti, sul significato di quella frase di Ghali, proprio perché giovane, proprio perché priva di complessità, partendo dalla strage di Hamas per valutare la reazione di Israele nei confronti dello Stato palestinese. Per poi parlare del perché lo Stato di Palestina non è uno Stato, comprendere le ragioni degli uni e degli altri. Immaginiamo una trasmissione intera tra giovani rapper e rappresentanti delle parti in causa a parlare, a discutere, a confrontarsi, le posizioni degli uni contro le posizioni degli altri. Caso mai su Raiuno, caso mai dopo il Festival, caso mai al posto di Mara Venier, così non le veniva l’imbarazzo perché un giovane cantante, tale Dargen D’Amico, rispondeva ad una domanda sull’immigrazione. Vietato esprimere opinioni e nell’ipotesi un cui qualcuno, mestamente, riesca a sfuggire al divieto subito polemiche, non sul merito di quanto detto, ma per aver detto. La realtà non è seria, ma serissima, perché in un paese normale la reazione delle stesse istituzioni terze dovrebbe essere direttamente proporzionale alla gravità della situazione. La reazione dovrebbe essere lo sciopero della fame non dei soliti radicali ma dei membri dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in quella sede dovrebbero smetterla di fare studi, analisi per regolamentazione, co-regolamentazione in cui si dicono da soli quanto sono belli mentre si è tornati alla Santa inquisizione. Dovrebbero smettere di osservare il cadavere putrefatto della democrazia che passa sulla riva del fiume ed impiegare tutte le energie per stampare, copiare anche a mano, e per diffondere l’Areopagitica di Milton, eterno inno a quella libertà di opinione che diventa sempre più reato. Sentite le canzoni di Sanremo, è semplice, ridateci Vecchioni, De Gregori e Pino Daniele. Ma sarebbe da vecchi. Per i giovani invece è doveroso dire lasciateli respirare, il tanfo di putrida oppressione culturale è ormai insopportabile. E imbarazza anche la povera Mara Venier.
[…] Rai è un bene pubblico, l’azienda deve fare determinate scelte”. C’è poco da stupirsi. Il clima è questo. Ma a nessuno […]