La Suprema Corte di Cassazione, Sez. I Civ., con la sentenza del 13 gennaio 2012, n. 2034 afferma che il danno non patrimoniale da illegittima pubblicazione dei dati personali può consistere anche nel disagio, nell’imbarazzo e nella preoccupazione della vittima.
Premesso che il pregiudizio non patrimoniale non può essere dedotto dall’illecito ma deve essere accertato in concreto in ciascuna vicenda, l’illegittima pubblicazione dei dati personali e sensibili riguardanti la salute di un soggetto, è idonea determinare un ulteriore pregiudizio consistente nel disagio, nell’imbarazzo e nella preoccupazione per la l’incertezza sul numero degli effettivi conoscitori della predetta situazione personale.
Il patema d’animo sofferto dalla vittima, consiste, nella preoccupazione che qualunque suo interlocutore, nella vita di relazione, fosse o meno a conoscenza di quei dati, che la legge, individuandoli come sensibili, intende debbano essere protetti.
La Fnsi e le Assostampa regionali plaudono alle parole di Giorgia Meloni che apre all’equo…
Alla conferenza di fine, anzi ormai di inizio anno, Giorgia Meloni parla del suo rapporto…
L’Usigrai va a congresso e non perde occasione di punzecchiare governo, politica e i vertici…
Ieri pomeriggio un volo proveniente da Teheran ha riportato in Italia Cecilia Sala, la giornalista…
A proposito di libertà di stampa e nuovi padroni del vapore, sentite questa: il Washington…
Il passo indietro di Mark Zuckerberg dimostra che, in fondo, nemmeno i giganti del web…