La menzogna è un venticello; in realtà facebook ed i social network oggi sono nel pieno di una bufera, altro che brezza. L’aria è cambiata; per anni l’informazione on line non professionale e disintermediata è apparsa l’araba fenice dalla quale far riemergere la libertà: vaffanculo ai vecchi giornali, giganti con i piedi di argilla, servi dei padroni; viva il web, uno vale uno, io informo te e tu informi me. La politica, quella del populismo 2.0, ha nicchiato come le autorità di vigilanza, la cui unica premura è stata chiedere qualche potere di censura, che non fa mai male per chi oggettivamente vede dopo quello che succede prima. Poi si scopre che il l’informazione dal basso non solo è infarcita di notizie false, offensive della dignità degli individui, oltre di chi le propone, ma che in questo mare magnum di disinformazione i monopolisti del sistema possono orientare il voto: a pagamento. La democrazia partecipativa si trasforma, quindi, in un teatrino di paese con un puparo che tiene le fila. La politica allora fa un passo avanti e passa al populismo 3.0, reclama la verifica delle fonti, il controllo pubblico, infarcendo, stiamone certi, le poco autorevoli autorità nazionali e sovranazionali di ulteriori e ridondanti poteri di censura e controllo: per far che? Per arrivare tra qualche anno al populismo n.0, l’importante è declinare l’incapacità di pensare ad un modello nuovo e realmente democratico con qualche formula che richiami una generica innovazione. Ieri facebook era il modello di democrazia, oggi il pericolo pubblico numero uno. Nessuno pensa ad un modello di crescita sostenibile, l’unica preoccupazione è decantare gli amici di turno e massacrare i nemici del momento. Il voto populista e senza riferimenti culturali degli ultimi anni in tutto il mondo non è la causa di questa decadenza; ma l’effetto dell’assenza di credibilità della politica che, a cascata, ha travolto l’informazione.
Enzo Ghionni
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