La bella bottega di quelli de “Il Fatto”

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Negli anni più duri per l’editoria mondiale, una società editoriale è riuscita a fare il miracolo. Si tratta dell’”Editoriale Il Fatto S.p.A.”, che è riuscita ad affermare il proprio giornale su un mercato asfittico, a consolidarlo, a farlo crescere. Ma – soprattutto – è riuscita da subito a far quadrare i conti, ricavi sempre superiori ai costi, regole base di un’azienda sana. Non ha fatto ricorso ai finanziamenti pubblici o, meglio, ha fruito delle agevolazioni cui aveva ed ha diritto, il credito d’imposta sulla carta, sicuro; l’Iva agevolata pure. Ma – soprattutto – ha garantito un’altissima redditività degli investimenti fatti dagli azionisti, che hanno remunerato il rischio d’impresa con un dividendo complessivo pari al 1.500 per cento delle risorse impiegate. 100.000 euro investiti, 1,5 milioni di euro di dividendo staccato, non lo diciamo noi, ma il comitato di redazione; che, in realtà, qualche rimostranza l’ha mossa, soprattutto perché riteneva che almeno in parte questi denari potessero rimanere in società in modo da rafforzare l’investimento nella qualità del prodotto e, lo dice sempre il comitato di redazione, pagare i premi di produzione e risolvere i problemi di carenze di organico. Il presidente del C.d.A. Cinzia Monteverdi ha risposto, un po’ piccata, che l’interesse degli azionisti non deve entrare nel merito delle valutazioni del comitato di redazione. Il che è un fatto. Come è un fatto che nella promozione dell’edizione on line a pagamento si legge: “Purtroppo il tipo di giornalismo che cerchiamo di offrirti richiede tempo e molto denaro. I ricavi della pubblicità non sono sufficienti a coprire i costi de Ilfattoquotidiano.it e pagare tutti i collaboratori necessari per garantire sempre lo standard di informazione che amiamo”. E, infatti, molti blogger collaborano gratuitamente all’edizione digitale del giornale. Sostenendo, a quanto pare, le remunerazioni degli azionisti più che il valore sociale di un’iniziativa.
E.g.

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