Stati generali dell’editoria a Pescara, la situazione per la libertà di stampa ed il pluralismo dell’informazione in Italia appare quanto mai precaria. Il Governo ha preso impegni con associazioni e federazioni di settore, ma le misure (almeno per il momento) non sembrano accontentare nessuno. “Il Jobs Act a noi giornalisti porta tutti gli elementi di flessibilità, però non ci porta nulla in termini di novità – dichiara all’Ansa il segretario della Fnsi (Federazione Nazionale Stampa Italiana), Raffaele Lorusso – per noi, come per le altre categorie professionali che hanno una organizzazione ordinistica regolata da albi, restano i co.co.co. Quindi l’obiettivo del Jobs Act, ovvero quello di eliminare quel tipo di lavoratori precari, non sarà raggiunto”.
Il provvedimento, quindi, “ci lascia fuori, ci introduce invece il problema del demansionamento, che vedremo come affrontare, però non ci risolve il problema dei co.co.co., che oggi sono la stragrande maggioranza dei precari, perché i co.co.co. per la professione giornalistica, come per tutte le altre professioni regolate da albi, restano”.
Troppa libertà agli imprenditori
Secondo il segretario Fnsi il Jobs Act rischia di accentuare la situazione di apartheid lavorativo che già esiste in Italia ed è stata data libertà assoluta di licenziare agli imprenditori, che in questo modo possono monetizzare dai licenziamenti. Il rischio sarebbe quello di avere degli effetti devastanti all’interno della professione giornalistica la norma sul demansionamento: “E’ una norma collegata agli stati di crisi aziendale. Il problema – continua Lorusso – è che, soprattutto in questa fase, in crisi ci sono tutti; sull’argomento andrà fatta una riflessione e andrà sicuramente ricondotto il tutto al confronto con gli editori”.
Il cavallo di Troia della legge sulla diffamazione
Diffamazione, altro punto dolente per la stampa italiana: il testo di legge, in partenza ben visto, secondo Lorusso si è trasformato in un “cavallo di Troia” ed è l’espressione di “un modo assolutamente sbagliato per affrontare delle questioni serie. Da una parte – continua il segretario – si dice ‘stiamo cancellando il carcere’, poi si scopre che non viene affrontato il problema delle querele temerarie, quando la Corte Europea dei diritti dell’uomo impone che chi avvia un’azione temeraria ne deve pagare le conseguenze, vedendosi applicare una sanzione che deve essere proporzionale al risarcimento danni richiesto. Poi c’è il tentativo, anche questo ciclico, di dire ‘approfittiamo della legge sulla diffamazione e regoliamo una volta per tutte i conti sulle intercettazioni: qualcuno mi deve far capire l’equazione tra le due questioni“.
Libertà di stampa, segno di civiltà
Lorusso lancia un appello: “Se l’Unione Europea c’è, c’è sempre, sia quando c’è lo spread, sia quando c’è la libertà di informazione”. Il segretario Fnsi si augura che le istituzioni prendano provvedimenti per venire incontro alle richieste, ma preannuncia che se non dovessero esserci passi in avanti in questa direzione ci saranno manifestazioni pubbliche. Se la proposta attuale diventasse “legge dello Stato altro che 73° posto, scenderemo oltre il 100° nella classifica mondiale della libertà di stampa e questo – conclude – non è sicuramente il fiore all’occhiello che può appuntarsi un paese civile quale l’Italia si ritiene”.
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