La recente inchiesta effettuata dal professor Dan Kennedy, insigne collaboratore della NiemenLab, per conto del Shorenstein Center dell’Università di Harward ha focalizzato lo studio sulle attuali problematiche dell’editoria e, in particolare, sulle gravi ripercussioni che la crisi del settore ha generato in termini occupazionali. L’ annosa questione che si trascina ormai da anni, non ha risparmiato nemmeno i Paesi più progrediti o tecnologicamente più avanzati come gli States, anch’essi alle prese con redazioni di un certo prestigio e note a livello internazionale costrette a chiudere i battenti sia per i mancati introiti pubblicitari e sia per il netto calo delle vendite delle copie cartacee. Lo studio evidenzia come, in qualche occasione, a salvare capre e cavoli ci hanno pensato le edizioni online per le quali è stato confermato il trend in costante crescita proprio come avviene anche nel Vecchio Continente. Tuttavia i dati rivelano che non tutte le testate d’Oltreoceano hanno avuto la forza di rialzarsi perché i ricavi delle copie digitali, nella stragrande maggioranza dei casi, non sono bastati a coprire le ingenti perdite.
Nell’attenta analisi l’insigne docente dell’ Ateneo di Cambridge ha puntato i riflettori su un modello di successo come il Washington Post che, dal 2013, è saldamente nelle mani Jeff Bezos founder e CEO di Amazon.com. Circa 3 anni fa, infatti, l’intraprendente patron della web company di Seattle non pago del successo senza precedenti della libreria online più famosa nel mondo, decise di rilevare il giornale statunitense ad un passo dal baratro affidando la guida della testata all’esperienza di Martin Baron ex direttore del Boston Globe. Ma il merito di aver risollevato le sorti del giornale spetta soprattutto ad un’altra professionalità scelta da Bezos, il professor Mattew Hindman, docente presso la George Washington University ed esperto di media. La sua ricetta vincente ha consentito, già a partire dal 2014, di costruire le solide basi per la rinascita del Washington Post, una serie di iniziative utili per tutti gli editori digitali che non sono ancora riusciti a creare quel business model decisivo per la crescita e la diffusione dell’e-journalism e in grado di generare ottimi profitti.
Seguendo le precise indicazioni di Hindman, Bezos ha operato una vera e propria rivoluzione nel settore dell’editoria online raggiungendo, in pochissimo tempo, il duplice obiettivo di accrescere notevolmente il traffico delle news ed il numero degli utilizzatori. Poche, semplici mosse elaborate a seguito di uno studio approfondito condiviso e finanziato dal founder di Amazon e che, secondo Kennedy avranno il potere di illuminare tutti gli editori digitali soprattutto quelli che, in questo particolare momento storico, hanno più bisogno di guardare al futuro con rinnovata passione ed ottimismo. Come per il giornale acquisito dal patron del gigante dell’hi-tech, ogni editore dovrebbe innanzitutto provvedere al rafforzamento e consolidamento del portale ed offrire agli utenti la possibilità di utilizzare app dedicate fruibili anche in modalità mobile in modo da facilitare l’accesso al sito e, nello stesso tempo, velocizzare la lettura delle notizie. Visto che anche l’occhio vuole la sua parte, Hindman suggerisce anche un restyling dell’home page e della grafica più gradevole ed accattivante per invogliare il lettore a rimanere più a lungo sul giornale.
Addirittura frenetica l’attività di ricerca e development deve consentire, nel breve e medio termine, di applicare nuove strategie e sistemi avanzati tali da proporre diversi pacchetti di offerte sempre più appetibili ed economicamente convenienti anche grazie ad un approccio alternativo e soprattutto multimediale, non sperimentato da altre piattaforme. Si comprende, così, quanto non sia casuale la direzione di Baron ritenuto il miglior editor degli USA che, con la sua “voglia di innovare” ha fornito un contributo decisivo per il riscatto del Washington Post. Un altro perno fondamentale è rappresentato dallo stile del linguaggio che deve essere semplice, privo di licenze retoriche, fluido e comprensibile a tutti. E’ anche grazie a questo che nel mese di febbraio, secondo gli ultimi rilevamenti comScore, l’dizione online del giornale ha registrato 890,1 milioni di pagine visitate contro i 721,3 milioni del Time e gli 884 milioni di BuzzFeed, preceduto solo dal sito della CNN con 1,4 miliardi di pagine. La crescita annuale della testata di Bezos, corrispondente al 55% , ha trovato piena conferma nei dati di marzo diffusi da Kennedy secondo i quali non si l’ascesa sembra davvero inarrestabile visto che il Post ha raggiunto il traguardo di 988 milioni di pagine visitate pari a 73 milioni di utenti stabili.
Anche il costo dell’abbonamento è determinante per una politica di successo: il Post oltre ad offrire un prezzo inferiore rispetto ad altri quotidiani, pratica una differenziazione tra l’edizione nazionale e quella locale offerta ad un costo più basso, iniziativa molto apprezzata e premiata dai lettori delle piccole province. Così come esercita tutto il suo appeal la promozione dedicata agli utilizzatori Kindle ai quali si propone un pacchetto unico, molto conveniente, ad un prezzo irrinunciabile, strategia questa che, secondo Dan Kennedy permetterà di fidelizzare un segmento di lettori giovani e giovanissimi superando gli abbonati del New York Time che, attualmente, adottando la sola formula del paywall metered non ha diversificato l’offerta. Un’altro obiettivo degli ingegneri alla corte di re Bezos è quello di potenziare il cognitive overhead cioè il modo di mantenere vivo l’interesse dell’utente quando è connesso, evitando perdite di concentrazione in maniera da rendere l’esperienza della lettura più soddisfacente e gradevole possibile.
Un aspetto importantissimo è rivestito dal native advertising, la pubblicità nativa veicolata sul Washington Post che, diversamente da quella “automatica” mal tollerata e spesso causa di virus e malware, non può essere bloccata perché parte direttamente dal server. Gli annunci, veicolati in maniera mirata ed intelligente sono capaci di stimolare la curiosità del lettore che, invece di tendere a rimuoverli, li trova interessanti e li legge con piacere. Supervisore dell’efficacia e del buon funzionamento di ogni procedura è lo stesso Bezos, un beta-tester d’eccellenza che cura ogni aspetto in prima persona, non trascurando nemmeno il minimo dettaglio come i tempi di caricamento di un’app piuttosto che la fruibilità di un nuovo servizio. Ecco perché la ricerca del Shorenstein Center si conclude raccomandando agli editori digitali di ogni Continente di seguire con lo stesso zelo e meticolosa attenzione: dall’aggiornamento tecnico della piattaforma a tutte le progettualità del sito che, nel caso del Post, ha scelto di fare un’informazione di tipo generalista garantendo pluralità e contenuti di alta qualità. Attuare tutti i punti che stanno determinando il successo di Jeff Bezos in questa nuova ed insolita veste di editore online non è semplicissimo soprattutto se non si hanno a disposizione i mezzi e le risorse del CEO di Amazon ma la strada dell’innovazione sembra l’unica via percorribile per restare competitivi e al passo con i tempi.
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