I jihadisti del sedicente Stato Islamico (Is) hanno rapito 48 giornalisti e giustiziato 13 di loro a Mosul, roccaforte del gruppo nel nord dell’Iraq, dal giugno del 2014, ovvero da quando hanno preso il controllo della città. Lo denuncia Reporter sans frontieres, sottolineando che almeno 60 giornalisti e operatori dell’informazione hanno lasciato Mosul da quando l’Is è entrato in città. Il rapporto, che descrive Mosul come una ”trappola mortale per i giornalisti”, è stato redatto dall’organizzazione partner di Rsf in Iraq, l’Osservatorio sulla libertà giornalistica.Oltre a prendere di mira i giornalisti, l’Is ha anche preso il controllo delle infrastrutture dell’informazione presenti a Mosul. La responsabile di Rsf per il Medio Oriente e il Maghreb, Alexandra El Khazen, spiega che nel 2014 l’Is ha trattato gli ”studi e le attrezzature dei mezzi di informazione locale come bottino di guerra”. E’ proprio grazie alla tecnologia sequestrata alle emittenti locali che l’Is è stato in grado di diffondere la prima, e anche ultima, apparizione in pubblico dell’autoproclamato califfo Abu Bakr al-Baghdadi nel giugno dello scorso anno. Il suo sermone è stato infatti ripreso usando le telecamere di Sama Mosul TV, che era di proprietà dell’ex governatore di Nineveh Atheel al-Nujaifi. L’Is ha inoltre usato le strutture atte all’informazione per rafforzare la propria macchina mediatica creando proprie emittenti, come Al-Bayan Radio e Dabiq TV.