Il caso Cuties è già costato a Netflix una sollevazione planetaria e, cosa più importante, la perdita di capitalizzazione per ben nove miliardi di dollari in Borsa. La questione è seria e va oltre le polemiche finalizzate a creare hype attorno a un prodotto. Perché in tanti hanno annunciato, se non già fatto, di voler disattivare gli abbonamenti al colosso streaming.
La natura delle polemiche è trasversale. Perché in quel film sono protagoniste ragazzine in fase tardo-infantile o pre-adolescenziale alle prese con la passione per il ballo hip-hop. Il problema è che le scene che le ritraggono sono ritenute eccessive, sessualizzanti del corpo di ragazze poco più che bambine filmate a twerkare, cioé a scuotere vorticosamente le natiche a favor di telecamere. La denuncia ha accomunato diverse sensibilità, non di un solo segno culturale, religioso o politico. La “rivolta” contro contenuti ritenuti al limite ha coinvolto non solo il web ma anche la Borsa, che, poi, è l’unico indice e parametro a cui le major fanno riferimento.
E gli investitori non hanno avuto alcuna pietà, né hanno voluto sentire ragioni. A loro poco sono interessate le difese d’ufficio, che si tratta di un film di denuncia, che la violenza e la sessualizzazione stanno nella società e non in una pellicola, che è sbagliato criticare Cuties e non i saggi di danza delle palestre trappane di paese. Forse è così, ma evidentemente (soprattutto per gli investitori finanziari in Borsa…) il tema poteva essere trattato in maniera diversa, evitando di indulgere in quelle scene che hanno fatto venire il voltastomaco a milioni di spettatori e abbonati che, ora, rischiano di assestare un colpo pesante al futuro di Netflix.
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