Il testo del Regolamento sulla ridefinizione delle norme sui contributi all’editoria, approvato dal Governo, conterrebbe secondo il testo in circolazione, all’articolo 3 comma 6, la riserva al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di specificare le tipologie dei costi ammissibili a contributo. Secondo quanto si legge in una nota diffusa da Mediacoop, “si tratta di una aggiunta che aggrava un aspetto negativo del regolamento, che sposta in capo al Governo, di questo come di ogni altro successivo, una materia delicatissima che giustamente era riservata al Parlamento”. “Di tale incongruenza – continua la nota – e della necessità di una valutazione del Parlamento si sono fatti carico alcuni Parlamentari (Vita, Lusi, Baio, Nerozzi, Di Giovan Paolo, Randazzo, Blazina, Marcucci, Adamo) che hanno presentato una interrogazione urgente al Governo”.
INTERPELLANZA
Al Presidente del Consiglio dei Ministri al Ministro dello Sviluppo Economico
Premesso che:
come ha annunciato una nota di palazzo Chigi il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva il regolamento che semplifica e riordina la disciplina e le procedure di erogazione dei contributi diretti e indiretti all’editoria, dopo che vi era stato il parere favorevole del Consiglio di Stato e delle commissioni competenti di Camera e Senato;
la crisi minaccia la sopravvivenza di decine di testate, ed il testo ha l’obiettivo di cambiare il funzionamento dei contributi diretti, ponendo quale requisito per avere i contributi il rapporto tra le copie vendute e quelle distribuite e non più tra tiratura e diffusione;
sulla base dell’articolo 3, comma 6, dello schema di decreto sottoposto al parere del Consiglio di Stato e delle commissioni competenti di Camera e Senato “per costi ammissibili si intendono i costi direttamente connessi all’esercizio dell’attività editoriale per la produzione della testata per la quale si richiedono i contributi”;
il nuovo Regolamento dovrebbe consentire di eliminare dal calcolo le copie vendute in blocco, quelle attraverso lo strillonaggio e quelle inviate in cambio di quote associative non destinate alla sottoscrizione di abbonamenti a prodotti editoriali, così superando la logica dei contributi a pioggia e favorendo i giornali che arrivano effettivamente nelle edicole e le attività editoriali con una diffusione reale e un’occupazione regolare e a tempo indeterminato;
è su questo impianto normativo che il Consiglio di Stato prima e successivamente le Commissioni competenti di Camera e Senato hanno dato il loro parere favorevole allo schema di regolamento sottoposto dal Governo;
a quanto risulta agli interpellanti il testo approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri conterrebbe proprio all’articolo 3, comma 6, del regolamento un’aggiunta rispetto al testo sottoposto al Consiglio di Stato e dalle Camere. Secondo il nuovo testo: “con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di natura non regolamentare, da adottarsi entro il 31 dicembre 2010, sono specificate le tipologie dei costi ammissibili”;
si chiede di sapere:
se è vero che il Consiglio dei Ministri abbia aggiunto questa disposizione nel testo definitivo del regolamento, così ricacciando nell’incertezza decine di testate giornalistiche e migliaia di lavoratori del settore dell’editoria già duramente colpiti dalla crisi e che si attendevano con l’approvazione della nuova disciplina regolamentare un sistema di assegnazione dei contributi definito e certezze finanziarie sulle quali poter basare il proprio rilancio ed evitare la chiusura;
se, in caso di risposta affermativa alla precedente domanda, il Governo intenda in tal modo produrre un gravissimo strappo istituzionale introducendo una disposizione che di fatto smonta tutto l’impianto normativo del regolamento che l’esecutivo stesso aveva sottoposto al Consiglio di Stato e alle commissioni competenti di Camera e Senato e che, proprio in ragione di tale impianto, ha ricevuto il parere favorevole di tali organi;
se il Presidente del Consiglio si renda conto che rinviare ad un proprio decreto di natura non regolamentare e, quindi, al di fuori delle norme della legge 400 del 1988 che regolano la sua attività normativa, la specificazione delle tipologie dei costi ammissibili si traduce in un vero oltraggio al Parlamento ed al Consiglio di Stato: non solo infatti si è chiesto il parere delle Camere su un testo per poi svuotarlo di effettiva portata normativa, ma lo si fa rinviando ad una atto di natura non regolamentare proprio per non dover sottoporre il nuovo testo al controllo del Consiglio di Stato ed ad un nuovo esame da parte delle commissioni competenti di Camera e Senato;
se il Presidente del Consiglio non ritenga che un tale strappo istituzionale che irride alle competenze e al lavoro svolto dal Parlamento e dell’organo di vertice della giustizia amministrativa, ed è profondamente lesivo delle più elementari prassi di correttezza costituzionale, non rischi di affossare ulteriormente la residua credibilità di questo Governo di fronte all’opinione pubblica ed alle Camere stesse che tra pochi giorni si troveranno a decidere se confermargli o meno la fiducia.