L’agosto caldo di Andrea Orlando sulle intercettazioni comincia in anticipo. Per colpa dell’emendamento Pagano. E rischia di far fallire la strategia del Guardasigilli spezzino che, sulla materia di gran lunga più controversa per un ministro della Giustizia, s’era preparato tre mosse per tenere a freno il conflitto con i magistrati prima e con i giornalisti poi. Per questo ieri, appena lo hanno informato dello scontro in commissione Giustizia, ha preso nettamente le distanze dalla norma che il centrista Alessandro Pagano ha proposto e difende, anche se il sospetto diffuso a Montecitorio è che lo faccia magari per tutelare qualcuno finito nei guai proprio nel suo partito. Ma Orlando parla subito di “errore”, sia sul piano formale che sostanziale. Eccolo dire, mentre arriva in via Arenula poco prima delle 17 per incontrare il vice presidente del Csm Giovanni Legnini: “Innanzitutto, che ci fa una norma così dettagliata all’interno di una delega al governo? “. E in effetti, a leggere il testo, si nota subito la discrasia tra le 18 righe che affidano al governo la futura legge sulle intercettazioni e le ben 11 righe dell’emendamento Pagano che potrebbero essere calate così come sono nel codice penale. Orlando le boccia. Vuole che siano riscritte. Lo dice espressamente: “Meglio farlo subito, già lunedì quando la legge sul processo penale andrà in aula”. Esplicita anche l’obiettivo: “I giornalisti non c’entrano, fanno il loro lavoro, qui si deve punire solo chi fa registrazioni private”. Niente carcere dunque, ma massima libertà di stampa. Ma il voto in commissione? Orlando minimizza con un “s’è fatta confusione”.
fonte: www.francoabruzzo.it
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