La Federazione Nazionale della Stampa Italiana ha già dichiarato ”guerra” al ddl che pone nuovi limiti alle intercettazioni e alla loro pubblicazione, con la proclamazione di uno sciopero di tutto il settore dell’informazione per il 9 luglio, in coincidenza con la prevista trasformazione in legge del provvedimento (qualora ciò avvenisse in data diversa, sarà anche spostato lo sciopero), e ora un appello a partecipare alla battaglia ”contro un provvedimento che limita la libertà di stampa e, più in generale, quella dei cittadini” arriva anche dal Sindacato dei Giornalisti della Calabria.
”L’allarme è generale – afferma il Segretario regionale, Carlo Parisi – e, in questa battaglia per difendere la libertà e la democrazia dell’intero Paese, non esistono giornalisti, né cittadini di destra o di sinistra. Siamo tutti chiamati a difendere i nostri diritti e a contrastare ogni ingiustificata forma di sopruso”.
Tra l’altro, proprio dalla sede del Sindacato dei Giornalisti della Calabria, un paio di giorni fa, si era levato, forte e chiaro, il ”grido” di libertà e l’appello per la tutela dell’informazione. Un appello unanime, quello rivolto ai colleghi dal segretario generale della Fnsi, Franco Siddi, e dallo stesso Parisi: ”Proprio dalla Calabria è partita la prima raccolta di firme ufficiale, promossa da giornalisti, contro la legge-bavaglio. Ora, abbiamo ancor più bisogno di voi, per riuscire a bloccare un provvedimento inaccettabile, che si configura come una censura preventiva nei confronti dell’informazione. E questo non possiamo accettarlo”.
”Pensate – ha detto Siddi durante l’incontro con i giornalisti a Reggio Calabria – che, se il ddl intercettazioni fosse stato già legge, noi non avremmo potuto scrivere nulla, e ai cittadini non avrebbero saputo nulla, su fatti gravissimi, come l’uccisione dei bambini a Gravina di Puglia. Si pensava, all’inizio – e fu un terribile errore – che il colpevole fosse il padre. Poi, grazie all’informazione e alla diffusione delle notizie, è emersa la verità, scagionando il genitore da accuse infamanti”.
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