E’una legge punitiva per editori, giornalisti e magistrati. Ma anche il sintomo di una democrazia che si sta ammalando. Come già Radio Vaticana e un nutrito gruppo di settimanali diocesani, anche don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana, il più diffuso settimanale cattolico, critica severamente il ddl sulle intercettazioni e lancia un allarme “in difesa della salute del nostro paese”.
Don Antonio Sciortino, non è eccessivo parlare di paese malato per una legge anche in discussione in Parlamento?
“Se la libertà di stampa è il termometro della democrazia, temo che davvero ci stiamo ammalando, perché quando cala la libertà di stampa, cala anche la democrazia. Dopo la revoca delle agevolazioni postali per l’editoria – che ha messo a serio rischio la sopravvivenza di numerose testate – con il decreto sulle intercettazioni è in arrivo un’altra mazzata. Che colpisce il sacro-santo diritto dei giornali di informare e quello dei cittadini a essere informati”.
I fautori del ddl sostengono, però, che è una legge concepita per combattere abusi e violazioni. Non è cosi?
“Si dice che il provvedimento è necessario per garantire la privacy dei cittadini e colpire gli abusi che i giornali hanno fatto, pubblicando atti processuali riservati. Al di là degli eccessi,sempre deprecabili, ciò non giustifica un decreto dal sapore punitivo verso editori, giornalisti e magistrati. Oltre tutto, è una legge pasticciata e inutile (le cose di casa nostra le leggeremo su internet o sui giornali stranieri), che giova solo a chi si accanisce per una rapida approvazione. O alla “casta” politica in genere”.
Si tratta dunque di una legge che alla gente non interessa?
“I cittadini hanno ben altre preoccupazioni e priorità,che sono ormai di sopravvivenza di fronte alla crisi economica. D’altronde, chi si comporta bene, non ha nulla da temere, nemmeno se intercettato. Mentre con la nuova legge si avvantaggerebbero i malavitosi. Perché non c’é analoga attenzione anche perle famiglie che aspettano da molti anni una riforma per un fisco più equo e una politica orientata ai figli? Tutti hanno diritto alla privacy, ma chi ha un ruolo pubblico deve rassegnarsi a una privacy più ridotta e a rispettare l’obbligo di comportamenti irreprensibili”.
(Dalla rassegna stampa ccestudio.it)
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