Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, durante il suo intervento all’assemblea dei giovani industriali a Santa Margherita ligure, sabato scorso, ha annunciato che il prossimo consiglio dei ministri approverà un provvedimento anti-intercettazioni con una pesantissima previsione di carcere per chi violerà le regole: cinque anni ai trasgressori, senza distinzioni tra chi le intercettazioni le esegue e chi le diffonde sulla stampa. Sarà un “divieto assoluto”, ha spiegato Berlusconi: le intercettazioni potranno essere eseguite e utilizzate solo nelle indagini sul terrorismo e sulla criminalità organizzata.
L’Associazione nazionale magistrati ha confermato la sua contrarietà a un simile intervento. “Lo strumento delle intercettazioni – ha sostenuto il presidente dell’Anm Luca Palamara – è fondamentale per le investigazioni non solo sui reati più gravi, ma anche per quelli comuni come le estorsioni. Una selezione drastica rischia di restringere la possibilità di indagare”. “Il legislatore, piuttosto, intervenga per tutelare la privacy, con regole precise che impediscano che nei fascicoli processuali finiscano conversazioni che attengono alla vita privata delle persone e che non hanno nulla a che fare con le indagini”.
Ma il governo sembra intenzionato ad andare avanti. Il ministro delle Giustizia, Alfano, ha puntato l’indice contro i costi delle intercettazioni, che rappresenterebbero “il 33% dei costi complessivi della Giustizia”, un “eccesso cui bisogna porre rimedio”. La presidente della commissione Giustizia della Camera, Giulia Bongiorno, è già pronta a mettere il testo all’ordine del giorno, non appena arriverà all’esame del Parlamento. “Le intercettazioni – spiega – non possono essere usate come una rete da pesca. Una parte della magistratura ne ha fatto un uso eccessivo”.
Decisamente contrario il Pd, che teme intralci per la giustizia e le forze dell’ordine: “Berlusconi – commenta il ministro ombra della Giustizia Lanfranco Tenaglia – perde il pelo ma non il vizio. Altro che sicurezza e certezza della pena con questo provvedimento non si fa altro che garantire impunità e intralciare il lavoro delle forze dell’ordine, che rischieranno addirittura di essere loro stesse incriminate, arrivando al paradosso di mettere in carcere il controllore al posto del controllato”. Il Pd è invece favorevole a una legge che tuteli la privacy dei cittadini e dunque limiti la pubblicazione delle intercettazioni. “Evidentemente Berlusconi vuole mettere in libertà vigilati i cronisti italiani”, commenta Giuspette Giulietti, deputato Idv e segretario dell’associazione Art.21.
La proposta del governo non piace alla Fnsi, la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, che, per voce del segretario generale, Franco Siddi, afferma : “La galera per i giornalisti fino a cinque anni per la sola ragione di aver pubblicato notizia o atti di intercettazioni, che altri dovevano semmai custodire, sarebbe un atto fuori legge. Il diritto-dovere di dar conto di indagini in corso e quelle del pubblico a riceverne informazione prevale sulle esigenze di segretezza, come ha stabilito, un anno fa, la Corte europea dei diritti dell’uomo”. “Non potremmo mai considerare norma liberale quella che imponga un bavaglio alla stampa”, aggiunge Siddi. “Il Governo stabilisca le regole e gli ambiti in cui siano possibili le intercettazioni, pensi alla lotta a tutti i crimini più gravi ma non comprima mai l’esercizio dei poteri e delle funzioni di garanzia democratica. Bisogna mettere i magistrati nelle condizioni di amministrare con efficacia la giustizia, risorse, organici, strumenti, e i cittadini in quelle di essere correttamente informati da una stampa libera che non può avere mai il compito di oscurare le notizie scomode”. “La tutela della privacy da parte dei giornalisti – spiega il segretario generale Fnsi – è regolata da uno specifico codice deontologico, condiviso con il Garante per la protezione dei dati personali. Qualche meccanismo non va? Se ne parli e si decida, ma no a bavagli ideologici”.
L’Unione Nazionale Cronisti Italiani, in una nota, sottolinea che: “Non è possibile fare confusione tra le intercettazioni realizzate in modo abusivo e quelle disposte dalla magistratura e che il contenuto di queste ultime, quando è allegato nei provvedimenti di richiesta di rinvio a giudizio, e quindi è stato portato a conoscenza dell’indagato, diventa pubblico”. L’Unci sostiene pertanto che: “Iniziative proposte per tutelare la privacy, come ha detto il Ministro della Giustizia Angelino Alfano, non possono essere utilizzate per ridurre la libertà di stampa e il diritto dei cittadini di essere informati in modo completo e tempestivo sull’andamento delle indagini giudiziarie”. L’Unione Cronisti quindi, “Invita Fnsi, Ordine dei giornalisti e l’intera categoria a vigilare per evitare che si ripeta il tentativo di eliminare il diritto-dovere di cronaca contenuto nel provvedimento proposto dall’ex ministro Mastella nella scorsa legislatura”.
Fabiana Cammarano
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