Intelligenza artificiale e giornalismo, se ne parla all’Ifj

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È il grande tema per eccellenza, l’impatto dell’intelligenza artificiale sul giornalismo. Se ne parla in Italia ma se ne discute, a maggior ragione, in Europa. Non è un caso. La prima “reazione” degli editori, all’avvento del nuovo strumento digitale, è stato quello – come accaduto alla Bild – di operare tagli orizzontali alla pianta organica, affidando agli algoritmi la composizione dei giornali. C’è stato pure chi, nella stampa di settore iperspecializzata (ma non in temi digitali bensì caseari…) ha varcato l’ultima frontiera e ha portato in stampa riviste interamente scritte dall’Ai. È il grande tema per eccellenza, dunque. Perché porta, dentro di sé, le due grandi sfide che l’Ai impone al mondo occidentale. Quella dell’occupazione, in primo luogo. E in seconda battuta, quella della tenuta della democrazia. Chi ci informerà? Sulla base di cosa? Quali notizie leggeremo? Già ora l’invadenza dei social e dei motori di ricerca è tale da imporre gli ordini gerarchici delle news, delle testate e, dall’altro, di drenare la parte più ricca degli investimenti degli inserzionisti pubblicitari.

Di intelligenza artificiale e giornalismo se ne è parlato nei giorni scorsi all’Ifj, il sindacato internazionale dei giornalisti. Tim Dawson, vice segretario generale dell’organizzazione, ha parlato di Tadam, il progetto dedicato a trovare e utilizzare strumenti e strategie contro la disinformazione voluto dall’Unione europea. L’incontro si è tenuto in Belgio: “L’intelligenza artificiale ha la capacità di rimodellare profondamente l’economia, le pratiche lavorative e la produzione dei media. I sindacati dei giornalisti hanno sempre svolto un ruolo fondamentale nel promuovere l’etica professionale e nel garantire che le pratiche di lavoro dei media siano coerenti con un giornalismo responsabile. L’Ai pone sfide profonde: Tadam si sta già rivelando uno strumento efficace per comprenderle e ideare strategie efficaci per affrontarle”.

Tra i relatori, il professor Matthew Montebello, docente di intelligenza artificiale presso l’Università di Malta, che ha dichiarato: “L’intelligenza artificiale è come un coltello, può essere usata bene o male. Vanno migliorate le competenze”.

Maria Ranieri, dell’Università di Firenze, ha dichiarato: “Tende a riprodurre stereotipi, quindi dobbiamo prestare attenzione a questo problema. Dovremmo concentrarci sull’intelligenza artificiale anche nel processo decisionale. L’azione è indipendente dall’intelligenza. Abbiamo bisogno di una regolamentazione perché l’intelligenza artificiale ha la capacità di influenzare la natura della nostra cittadinanza”.

Daniel Bonvoisin, esperto di intelligenza artificiale di Media Animation, ha rigettato la narrazione catastrofista e ha affermato: “I media stanno producendo il panico. Tutto quello che leggiamo sui giornali è che l’Ai è una minaccia per l’umanità. Il vero problema non è l’intelligenza artificiale in sé, ma gli infiniti discorsi che ascoltiamo sul suo probabile impatto”.

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