Riforma Inpgi, la Fieg non voterà il piano Camporese

La risposta ufficiale è arrivata venerdì 24 luglio nel tardo pomeriggio, con una lettera a firma del presidente della Fieg, Maurizio Costa, indirizzata al presidente dell’Inpgi, Andrea Camporese, e al segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso. Ma era stata anticipata a voce ai due dirigenti già il giorno prima. Sulla riforma delle pensioni proposta dal Consiglio di amministrazione dell’Istituto dei giornalisti, gli editori non hanno per ora intenzione di esprimere un giudizio. Chiedono all’Inpgi di ricevere dati attuariali prospettici, sull’impatto delle misure sui futuri bilanci dell’Ente e sulla sostenibilità a medio e lungo termine.

La domanda è ora una sola: che cosa deciderà il Cda convocato per le 10 di lunedì 27 luglio? Varerà la riforma senza il parere (consultivo) della Fieg e con il solo giudizio positivo (a maggioranza) della Giunta della Fnsi o rinvierà il voto a dopo l’estate? E che cosa si rischia, nell’uno e nell’altro caso?

Non è stata in effetti una scelta semplice, quella degli editori guidati da Costa. Per giungere a una decisione condivisa, dopo la presentazione a voce degli interventi previdenziali tenuta in via Nizza nel pomeriggio del 9 giugno e il successivo invio di 13 pagine di schema il 18 giugno, ci sono voluti due Consigli di presidenza e varie riunioni allargate. E in un primo momento sembrava che la Fieg fosse orientata a pronunciare un sì, pur condizionato alla possibilità di maggior controllo sul futuro dell’Inpgi, in particolare con l’ingresso di propri rappresentanti nel Collegio dei sindaci (in cui non sono oggi presenti).

La lettera di Costa ha invece più il sapore di un no, a meno che l’attuario non rassicuri sulla possibilità che le misure ipotizzate, proiettate nei prossimi anni in base alla reale situazione dell’editoria e del suo mercato del lavoro, siano in grado di riportare l’equilibrio nei conti previdenziali e mantenerlo nel tempo. Proiezioni che sembravano esistere, a leggere la delibera della Giunta Fnsi, ma che in effetti non sono mai state prodotte dall’attuario. L’unica parvenza di dati prospettici, che hanno evidentemente confuso la gran parte dei dirigenti dell’organo di gestione del Sindacato e dei responsabili delle Associazioni regionali di stampa, è rappresentata dai conti sui risparmi futuri per ogni singolo intervento proposto, che si basano però su una fotografia dell’attuale situazione, cristallizzata nel decennio successivo.

Un errore che la Fieg non ha ripetuto. Ma su cui qualcuno probabilmente contava. Ecco perché l’anticipazione di giovedì, confermata nero su bianco venerdì, ha colto di sorpresa i vertici dell’Inpgi e del Sindacato. E forse è sempre per questo che la notizia non ha ancora trovato il modo di arrivare alle migliaia di iscritti all’Inpgi, come invece avvenuto in tempo reale nel caso del sì (a maggioranza) della Giunta Fnsi.

L’attenzione è ora tutta concentrata sul Cda del 27 luglio. Dove i rappresentanti degli editori, il vicepresidente Fabrizio Carotti e il consigliere Francesco Cipriani, non potranno certamente votare a favore della riforma, dopo la presa di posizione ufficiale della propria organizzazione. E dove neppure i consiglieri nominati dai ministeri vigilanti potranno esprimere un parere, visto che le misure saranno soggette alla valutazione dei dicasteri. I rappresentanti dei giornalisti, insomma, si troveranno di fronte al dilemma di un’approvazione a maggioranza oppure di un rinvio a data da destinarsi.

La prima scelta li porrebbe in contrapposizione netta con la Fieg, con cui dall’autunno si dovrebbero aprire le trattative per il rinnovo del contratto che scade nel marzo 2016. E su cui si punta anche per ampliare la platea dei contrattualizzati (e quindi del gettito previdenziale). Certo, qualcuno potrebbe sostenere che il Cnlg lo discute la Fnsi e non l’Inpgi, ma sappiamo tutti benissimo come sono andate le ultime due tornate contrattuali e quale peso abbia avuto l’Istituto e il suo presidente nell’andamento del confronto. Inoltre, seguendo questa logica, dovrebbe quantomeno astenersi il rappresentante in Cda della Fnsi, ovvero lo stesso segretario Lorusso.

Il rinvio, invece, “salverebbe” le relazioni con gli editori in vista del rinnovo contrattuale, ma farebbe saltare tutti i tempi previsti per l’approvazione definitiva della riforma da parte dei ministeri. Con il rischio più che concreto che l’ok arrivi, se arriverà, a 2016 già iniziato. Spostando la data di avvio delle nuove misure. E soprattutto andando a ridosso della scadenza naturale degli organismi dell’Inpgi e delle nuove elezioni, previste a febbraio.

Lunedì sapremo che cosa decideranno Camporese e gli altri giornalisti che siedono nel Cda dell’Inpgi. E, speriamo, spieghino anche il perché.

fonte: www.francoabruzzo.it

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