Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – di concerto con quello dell’Economia – al termine dell’esame della riforma previdenziale varata dal Consiglio di Amministrazione dell’INPGI nel mese di luglio dello scorso anno, ha comunicato l’avvenuta approvazione e immediata esecutività dei seguenti interventi:
•l’incremento – a decorrere dal 1° gennaio 2016 – delle aliquote contributive IVS, che passano da 8,69% a 9,19% (+0,5%) della retribuzione imponibile per la quota a carico dei giornalisti dipendenti e da 22,28% a 23,81% (+1%+0,53%) della retribuzione imponibile per la quota a carico dei datori di lavoro;
•l’incremento a regime – con decorrenza dal 1° gennaio 2017 – dell’aliquota dell’1% a carico dei datori di lavoro, già istituita con delibera dell’Istituto n. 82/2009 e successive modifiche, destinata al sostegno della CIGS;
•l’individuazione della retribuzione pensionabile, per le anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2016, in base alla nuova quota “E”. Tale modifica comporta la rivalutazione delle retribuzioni in essere al solo indice di variazione dei prezzi al consumo rilevati annualmente dall’Istat, senza la maggiorazione dell’1% prevista dalla riforma Amato del 1992;
•l’applicazione – a decorrere dal 1° gennaio 2016 – delle percentuali per il computo della pensione, in base a nuovi coefficienti di rendimento. Di conseguenza, per le anzianità contributive acquisite a decorrere da tale data, sarà applicato un coefficiente di rendimento del 2,30%, anziché del 2,66%, quest’ultimo continuerà ad essere applicato ai periodi contributivi pregressi.
L’impatto economico sui conti dell’ente, derivante dall’applicazione delle modifiche approvate, è valutabile – a regime – in circa 45 milioni di euro annui di saldo positivo – per l’effetto combinato dell’incremento del gettito sul fronte delle entrate contributive e dei risparmi conseguenti alla riduzione della spesa pensionistica, a fronte di un volume complessivo – riferito a tutti gli interventi elaborati dal Consiglio di Amministrazione dell’Istituto – stimato in circa 60 milioni annui. A seguito dell’approvazione ministeriale, pertanto, troveranno da subito attuazione gli effetti finanziari della riforma in misura corrispondente al 75% del totale atteso.
Per quanto riguarda le altre misure contenute nel provvedimento di riforma, il Ministero – pur esprimendo una valutazione positiva in termini di corretta collocazione delle stesse nella direzione auspicata del contenimento della spesa pensionistica ed assistenziale e, quindi, riconoscendo che queste sono “finalizzate al perseguimento di canoni di sostenibilità” – ha ritenuto necessario che l’Ente sviluppi in tempi brevi ulteriori riflessioni e approfondimenti in funzione di una maggiore incisività dei loro effetti, “anche in considerazione dei requisiti decisamente più stringenti in vigore per il sistema pubblico per l’accesso ai trattamenti pensionistici e per le relative modalità di calcolo”.
Restano quindi aperti e sospesi una serie di interventi previsti dalla delibera del Consiglio di Amministrazione in relazione all’età pensionabile (prevista in crescita da 65 a 66 anni), alla ridefinizione dei requisiti per l’accesso alle pensioni di anzianità e alle clausole di salvaguardia connesse (per le quali si richiede “una verifica escludendo deroghe di ampio respiro rispetto ai requisiti stabiliti per la generalità degli iscritti”) al contributo straordinario a carico dei pensionati (ritenuto coerente con il Bilancio Tecnico afferente alla normativa di settore, ma controverso sul piano giuridico e passibile di contenzioso) e alla rimodulazione del trattamento di disoccupazione (previsto dal Cda complessivamente in riduzione di circa il 5%).
In particolare viene rilevato che il sistema di revisione dei requisiti di maturazione del diritto di accesso ai trattamenti pensionistici – così come originariamente elaborato dall’Istituto – prevede criteri e modalità di graduale attuazione che meritano un riesame.
“Ritengo importante che i Ministeri Vigilanti abbiano dato il via libera alle misure di immediato e forte impatto economico – afferma il Presidente Andrea Camporese – che porteranno ad un sostanziale miglioramento delle passività dell’Ente dovute ad una drammatica perdita di posti di lavoro e ad un aumento esponenziale dei costi di ammortizzazione sociale. Il delicato lavoro che riporterà in equilibrio i conti non può considerarsi concluso. I futuri dirigenti dell’Inpgi, che verranno eletti tra pochi giorni, dovranno esercitare la responsabilità di una ulteriore proposta sul versante della riduzione delle prestazioni. Rivendico con orgoglio la serietà e l’equilibrio messi in campo dal Cda uscente che possono essere considerati un lascito non banale. Il ventaglio delle proposte è stato considerato non sufficiente, troppo protettivo verso gli iscritti, non negativo o bocciato, come qualche commentatore ante litteram ha voluto far credere.
“Ritengo di dover ringraziare i Ministeri Vigilanti – continua il Presidente Camporese – per il rispetto verso l’autonomia dell’Ente che hanno dimostrato chiedendo di riconsiderare autonomamente e responsabilmente l’intero pacchetto delle prestazioni, spingendoci a trovare nuovi punti di equilibrio senza approvare o respingere singole misure. Andrà al più presto ripreso il dialogo con le Parti Sociali (Fnsi e Fieg) per i profili di loro competenza e per l’importanza della negoziazione contrattuale in corso. Sarà necessario produrre nuove analisi attuariali tenendo conto anche dell’impatto positivo di oltre 850 assunzioni a tempo indeterminato sgravate pervenute in questi mesi. Andrà chiarito e approfondito l’ambito applicativo del nuovo sistema di ammortizzazione sociale entrato in vigore recentemente nel sistema generale. L’approvazione di oggi segna un passaggio decisivo nel percorso di risanamento dell’Inpgi. Serve responsabilità, non demagogia”.
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