“Se giornali, televisioni, radio e web non riaprono le porte a nuovi redattori, l’Inpgi farà fatica a reggere”. Un grido d’allarme si sta levando ad ogni incontro dei dirigenti delle istituzioni dei giornalisti: Fnsi, Ordine dei giornalisti, Associazione Lombarda, romana,siciliana, napoletana, pugliese. La crisi è drammatica. L’istituto di previdenza dei giornalisti nel periodo tra il 2009 e il 2013 ha perduto 2mila iscritti attivi, di cui 600 nell’ultimo anno, per cui a fronte dei circa 16mila contrattualizzati che pagano i contributi ci sono quasi 8mila pensionati, compresi i superstiti. Il rapporto quindi si è ridotto di un pensionato ogni due redattori in attività, fino a non molto tempo fa era di 1 a 2,45. I dati forniti dal presidente dell’Inpgi Andrea Camporese nel corso di una riunione a Roma denotano una situazione sempre più pesante e soltanto la rivalutazione degli immobili posseduti dall’ente per ora salvano il bilancio. La crisi non risparmia nessuno. Il fatturato totale delle tv è sceso sotto i 10 miliardi, il crollo della pubblicità incide nel totale per il 16 per cento mentre per la stampa la riduzione è del 21,5 nel campo dei quotidiani e del 24,3% nei periodici. Secondo gli ultimi dati del Censis, nel 2013 i quotidiani registrano un calo di lettori del 2 per cento, per cui la diffusione totale si ferma a 4,5 milioni di copie al giorno contro i 6,8 milioni del periodo di massima espansione del 1995/98. Situazione paradossale anche per i circa 1.100 giornalisti andati in pensione di recente che non riescono ad incassare la “fissa”, cioè l’indennità di fine rapporto pagata dall’Inpgi perché i versamenti dei vari editori ritardano da molti mesi e c’è il concreto pericolo che riusciranno ad incassarla tra 4-5 anni. In questo quadro c’è anche il sacrificio dei pensionati che non hanno avuto negli ultimi due anni la rivalutazione Istat degli assegni. È la solidarietà concreta che ha permesso all’ente di risparmiare 11 milioni di euro che sono andati a coprire le spese del massiccio ricorso alla cassa integrazione e alle uscite per ristrutturazioni aziendali. Negli ultimi tempi, in sostanza, l’Inpgi incassa 100 in contributi e spende 114 per il pagamento delle pensioni. Per il 2014 è stato previsto un passivo di 60 milioni di euro e questo è dovuto al calo dell’occupazione e al fatto che tutta la solidarietà all’interno della categoria grava sull’Istituto. Accanto alle pensioni sono cresciuti i trattamenti di disoccupazione, saliti da 11 a 17 milioni mentre le indennità per i contratti di solidarietà sono passati da 7,6 a 11 milioni. In quest’ultimo periodo praticamente soltanto la Rai ha operato, anche se con modalità criticate, un consistente numero di assunzioni, partendo dalla scuola di Perugia. L’anno 2013 si chiude per l’Inpgi ancora in attivo grazie alla gestione degli investimenti, che hanno prodotto plusvalenze per 28 milioni di euro. L’allarme sulla crisi dell’editoria parte da più fonti ma spetta in primo luogo alla Federazione della stampa e alla Federazione degli editori individuare strategie e correzioni importanti essendo l’Inpgi soltanto un ufficiale pagatore di decisioni prese in altra sede. In primo luogo in sede politica. Nella legge di stabilità in discussione al Parlamento (dopo il caos Imu, il provvedimento inizia il suo percorso alla Camera) figurano stanziamenti per 120 milioni per l’editoria in 3 anni e altri 60, sempre nel triennio, per gli armonizzatori sociali. Calcoli alla mano l’istituto potrà coprire il prepensionamento di non più di 1500 giornalisti.
Fonte: http://www.opinione.it/politica/2013/12/12/menicucci_politica-12-12.aspx