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Industria Culturale e Creativa Italiana. Lo stato dell’arte nel rapporto curato da Pietro Antonio Valentino

Imprese che muoiono, ma il mondo del design che investe. Roma che soffre, anche se meno della media nazionale, e il Nord che ha piu’ occasioni, in un’Italia creativa ancora troppo fanalino di coda in Europa, nonostante le sue grandi potenzialita’. E’ la fotografia del paese scattata da ”L’arte di produrre Arte. Imprese italiane del design a lavoro” (ed. Marsilio Editore), rapporto curato dall’economista Pietro Antonio Valentino e realizzato dal Centro Studi G. Imperatori dell’Associazione Civita con Fondazione Roma-Arte-Musei, per analizzare l’Industria Culturale e Creativa Italiana nel suo complesso (editoria, tv e cinema, pubblicita’ e pubbliche relazioni, arti visive, beni culturali) con un focus su quello che storicamente e’ sempre stato il nostro prodotto piu’ forte: il design. Il Rapporto racconta che nel 2011 le imprese attive nell’Industria Culturale e Creativa Italiana sono 168.309 per 326.493 posti di lavoro, con editoria, cinema e tv a offrire piu’ opportunita’ (115.406 occupati), seguiti da ditte di design (91.511) e studi di architettura (74.160). Il primo allarme arriva pero’ dal confronto con l’anno precedente: in soli 12 mesi sono scomparse 10.870 aziende. Un calo del 6,1% rispetto al 2010 che risente sicuramente della crisi economica, ma che e’ molto piu’ incisivo di quello registrato in altri comparti pur in difficolta’ come le Costruzioni (-3,8%) o il Manifatturiero (-0,5%). E che ha portato via con se’ 28.738 posti di lavoro (-8,1% del totale): dopo le Costruzioni (-9,4%) e’ il dato peggiore di tutti i settori industriali italiani. Una perdita cui hanno contribuito tutti (il 51,5% pero’ viene dalle Arti visive nel loro complesso), ma con alcune differenze nei singoli settori. Le Rappresentazioni artistiche, ad esempio, vanno peggio di tutti con -22,6% di occupati in un anno che diventano -33,3% nel confronto con il 2008. Lo stesso accade per le produzioni di cinema e tv (-19,2% ma -29,7% in cinque anni) e per l’editoria di riviste e periodici (-18,9% e -25,6%). Invertono invece il trend negativo le attivita’ di musei, che pur venendo da un -20,9% di occupati tra il 2008 e il 2011, festeggiano un +10,9% tra il 2010 e il 2011. Bene anche il design con +2% sui 12 mesi e + 29,3% sui cinque anni. Nel complesso, il fenomeno piu’ allarmante, sottolinea il Rapporto, e’ che la perdita di addetti e imprese in Italia e’ piu’ accentuata proprio in quei settori che invece dovrebbero essere piu’ ”innovativi”, come l’informatica e l’industria culturale e creativa. A testimoniare la difficolta’ del ”sistema Italia” a reggere il passo con l’Europa, e’ anche la classifica occupazionale tra i 5 paesi ”big”: dal 2008 al 2011 nell’ICC peggio di noi ha fatto solo la Spagna, mentre Francia, Germania e Regno Unito hanno tutte chiuso in positivo. A livello territoriale, la citta’ italiana che piu’ offre opportunita’ di lavoro e’ Roma. Da sola la capitale raccoglie il 4,0% di tutti gli addetti del settore culturale e creativo, seguita da Milano, Rimini, Palermo, Firenze. In generale e’ il Centro-Nord a offrire piu’ occasioni, soprattutto nel campo di design, web, pubblicita’ (56,0% contro il 28,4% del Centro). Per i beni culturali, invece, la classifica s’inverte con il Centro in testa (43,2%) seguito dalle isole (26,1%). Ma Roma allo stesso tempo e’ anche la citta’ che in termini assoluti piu’ piange la perdita di posti di lavoro tra il 2010 e il 2011 (-3.662 addetti pari al -5,9% , che si tiene pero’ comunque al di sotto della perdita media nazionale di -8,1%), seguita da Napoli (-2.628 addetti, pari pero’ a un dilagante -25,3%); Torino (-2.195 addetti pari a -12,6%); Firenze (-1.544, pari a -16,7%); Verona (-1.312, pari a -19,6%). Il settore del design sembra invece mantenere il suo appeal, con circa 4 miliardi di euro investiti solo nel 2011, contro i 3,5 di Germania e Regno Unito e 1,5 e 1,1 di Francia e Spagna. Obiettivo principale, il miglioramento della qualita’ e un ampliamento della gamma di servizi, che evidentemente consentono di competere sui mercati anche nel periodo della crisi. Il tutto a beneficio anche dei 43 mila creativi che lavorano direttamente nelle imprese specializzate, cui si possono aggiungere i 69 mila designer in-house che si stima operino nelle aziende dei settori del ”bello e ben fatto”, piu’ una parte, circa il 50%, degli architetti. Fino a dire che nel 2011 i designer italiani raggiungevano la cifra di 149 mila unita’.

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