INDAGINE CONOSCITIVA SIAE: PROPOSTO DOCUMENTO CONCLUSIVO

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Ieri, il deputato Emerenzio Barbieri (PdL) ha presentato una proposta di documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sull’applicazione della legge n. recante disposizioni concernenti la Società Italiana degli Autori e degli Editori, con particolare riferimento ad attività, gestione e governance della medesima Società. Sul documento sono state però proposte delle modifiche che verranno esaminate in sedute successive.

PROPOSTA DI DOCUMENTO CONCLUSIVO

1. Premesse.
La VII Commissione cultura, scienza e istruzione   della Camera dei deputati ha approfondito, dapprima in sede di audizioni informali, alcuni aspetti problematici inerenti alla gestione della Società Italiana degli Autori ed Editori (di seguito indicata «SIAE»). Successivamente, in data 15 febbraio 2012 ha deliberato lo svolgimento di una specifica indagine conoscitiva, da concludersi entro il 31 luglio 2012, volta ad approfondire le principali problematiche connotate da profili di particolare criticità. Si ricorda per completezza, in proposito, che la Commissione cultura, scienza e istruzione, nella XV legislatura, aveva già approvato in sede legislativa la 2, recante disposizioni concernenti la Società italiana legge 9 gennaio 2008, n. degli autori ed editori.
Allo stato attuale, il decreto del Presidente   della Repubblica del 9 marzo 2011 ha posto l’ente in stato di commissariamento straordinario. Tale decreto ha disposto altresì: a) lo scioglimento dei relativi organi deliberativi, ossia l’assemblea e il consiglio di amministrazione; b) contestualmente, la nomina del dottor Gian Luigi Rondi quale commissario straordinario della SIAE, nonché del professore avvocato Mario Stella Richter e dell’avvocato Domenico Luca Scordino quali sub-commissari, tutti con l’incarico di assicurare il risanamento finanziario e l’equilibrio economico-gestionale dell’ente, di instaurare una dialettica più equilibrata all’interno dello stesso, nonché di individuare le modifiche statutarie idonee ad assicurare un’effettiva rappresentatività in seno agli organi sociali.
Nel corso   dell’audizione informale del direttore generale Gaetano Blandini e del sub-commissario Luca Scordino, svoltasi presso la VII Commissione il 7 febbraio 2012, è emersa l’esigenza di acquisire ulteriori elementi conoscitivi, finalizzati a verificare nell’ambito d’attività della SIAE l’applicazione della 2. A tal proposito, le numerose criticità predetta legge 9 gennaio 2008, n. emerse nella gestione finanziaria della SIAE da parte dei suoi organi di governo – denunciate a più riprese anche da inchieste giornalistiche – hanno quindi indotto la Commissione ad acquisire ulteriori elementi utili di conoscenza, anche attraverso lo svolgimento di una specifica indagine conoscitiva 2 del 2008. Sulla base del programma sull’applicazione della citata legge n. deliberato dalla Commissione il 15 febbraio 2012, quindi, l’indagine conoscitiva ha inteso svolgere una disamina il più possibile completa e obiettiva della situazione attuale della SIAE, in particolare a partire dalla gestione commissariale insediatasi il 9 aprile 2011. La Commissione ha quindi articolato la propria indagine, in primo luogo, con la precipua finalità di acclarare gli esiti delle scelte di bilancio e di gestione operate dai competenti organi della SIAE, nonché di conoscere l’operato dei soggetti pubblici deputati alla vigilanza sull’ente; in secondo luogo, ha diretto la propria linea d’intervento allo scopo di fare chiarezza sull’intero funzionamento dei meccanismi che coinvolgono direttamente gli interessi degli autori di opere dell’ingegno e, indirettamente, quelli di tutti i cittadini.
L’indagine conoscitiva ha   avuto una durata di circa cinque mesi e si è articolata in un numero considerevole di audizioni, con la partecipazione di numerose personalità e di rappresentanti del settore, con specifica ed acclarata competenza in materia. Tra il mese di febbraio ed il mese di luglio del 2012 si sono tenute diciassette sedute, per un totale di quasi 25 ore complessive, con lo svolgimento delle audizioni di più di trenta soggetti, a vario titolo coinvolti nell’indagine. Durante la stessa, sono stati auditi, in particolare, il Ministro per i beni e le attività culturali, Lorenzo Ornaghi, ed il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’informazione, comunicazione, editoria e coordinamento amministrativo, Paolo Peluffo, nonché i seguenti soggetti: l’attuale commissario straordinario, Gian Luigi Rondi, i sub-commissari Domenico Luca Scordino e Mario Stella Richter, e il direttore generale Gaetano Blandini; rappresentanti dell’Associazione nazionale autori cinematografici (ANAC), dell’Associazione documentaristi italiani (DOCIT) e dell’associazione Scrittori associati di cinema e televisione (SACT); rappresentanti della CGIL SLC – Sindacato lavoratori comunicazione, del Sindacato dirigenti SIAE (SNAD), della CGIL SLC – Sindacato lavoratori comunicazione, dell’Unione italiana lavoratori pubblica amministrazione (UILPA) enti, della FISTEL CISL – Stampa, telecomunicazioni e spettacolo, del Sindacato nazionale autonomo agenti mandatari SIAE (SNAAM), del consiglio generale della FeLSA-CISL; la dottoressa Anna Avallone, già vice presidente del Fondo pensioni SIAE e rappresentanti del Fondo pensioni della SIAE, di Federagenti Cisal, del Sindacato inquilini della SIAE e del Movimento Autori Professionisti (MAP); il dottor Eugenio Truffa Giachet, già direttore del Fondo pensioni della SIAE; rappresentanti di Assotelecomunicazioni – ASSTEL, dell’Unione nazionale compositori librettisti autori di musica popolare (UNCLA), della Federazione degli autori, di Confindustria digitale e della Federazione editori musicali (FEM); rappresentanti dell’Associazione nazionale autori radiotelevisivi e teatrali (ANART), del sindacato nazionale scrittori (SNS), dell’Associazione sindacale scrittori di teatro (AssTeatro), nonché membri del direttivo dell’Associazione nazionale editori musicali (ANEM).
Sono stati auditi,   inoltre, i soggetti che hanno ricoperto in passato incarichi di gestione all’interno della SIAE, quali – nell’ordine di svolgimento – l’avvocato Giorgio Assumma, già presidente della SIAE, il dottor Domenico Caridi, già direttore generale della SIAE, il dottor Francesco Chirichigno, già direttore generale della SIAE ed il dottor Mauro Masi, già commissario straordinario della SIAE, il dottor Silvano Guariso, già presidente della SIAE, il dottor Francesco Migliacci, già presidente della SIAE ed il dottor Angelo Della Valle, già direttore generale della SIAE.
Le considerazioni emerse nel corso delle   audizioni hanno così permesso di approfondire e conseguire gli obiettivi di seguito riportati che la Commissione ha inteso realizzare con lo svolgimento dell’indagine.

1. Obiettivi dell’indagine.
L’indagine conoscitiva ha inteso approfondire specificamente i seguenti   profili:
   a) il regime legale e la natura giuridica della SIAE, nonché la ripartizione delle responsabilità e le modalità di esercizio delle funzioni economiche da parte delle società di gestione collettiva del diritto d’autore in generale, con una compiuta definizione anche dei poteri governativi di vigilanza sulla SIAE; acclarare gli esiti della gestione commissariale e le modalità di approvazione del bilancio consuntivo 2010;
   b) le modalità di adozione, deliberazione ed approvazione dello statuto della SIAE, su quelle di selezione e retribuzione del personale, di rappresentanza, di conferimento degli incarichi direttivi, nonché di nomina e revoca degli agenti mandatari;. Ciò in relazione alla mancanza lamentata da più parti tra i soggetti auditi non solo di coinvolgimento decisionale, ma anche di una adeguata informativa, trasparenza e pubblicità nei confronti degli iscritti;
   c) la conoscenza della consistenza e delle modalità di gestione del patrimonio mobiliare e immobiliare della SIAE e del Fondo pensioni della SIAE;
   d) analiticamente, il ruolo del Fondo di solidarietà della SIAE.
Dalle audizioni sono quindi emersi interessanti elementi di conoscenza che   si possono riassumere nei temi sintetizzati nei paragrafi seguenti. Innanzitutto, quindi, si partirà dai profili concernenti la natura giuridica della SIAE.

2. Sulla natura giuridica della SIAE.
Una specifica attenzione è stata dedicata all’approfondimento infatti delle   problematiche derivanti dalla natura giuridica della SIAE. A questo proposito, fin dalla prima seduta del 15 febbraio 2012, i soggetti auditi, in particolare il sub-commissario Stella Richter, si sono soffermati, a più riprese, sulla 2 del 9 gennaio natura giuridica della SIAE, anche alla luce della legge n. 2008, ricordando come oggi la stessa sia pacificamente riconosciuta come un ente 2 del 2008 prevede pubblico economico a base associativa. La medesima legge n. infatti che l’attività della SIAE sia disciplinata dalle norme di diritto privato e che tutte le controversie concernenti le attività della società siano devolute alla giurisdizione ordinaria. La SIAE non sarebbe peraltro un organismo di diritto pubblico, per cui non sarebbe ad essa applicabile il decreto 163 del 2006, che istituisce il Codice dei contratti pubblici; di legislativo n. conseguenza, la SIAE non sarebbe soggetta all’obbligo di fare ricorso a procedure di evidenza pubblica nella scelta dei contraenti. A tali conclusioni, si giungerebbe infatti in base ad una oramai consolidata giurisprudenza amministrativa, oltre che in base a univoche indicazioni provenienti dalle autorità amministrative di vigilanza, in particolare dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici. In quella seduta gli auditi hanno rilevato come ciò comporti che comunque gli organi gestionali della SIAE provvedono di volta in volta a scegliere i propri interlocutori sulla base di processi di selezione competitiva, valutando quindi attentamente le opportunità e i contenuti delle offerte che la stessa richiede. Si è ricordato che il Ministero per i beni e le attività culturali esercita congiuntamente con il Presidente del Consiglio dei ministri la vigilanza sulla SIAE, e che tale attività di vigilanza è svolta con l’acquisizione del parere del Ministero dell’economia e delle finanze per le materie di competenza specifica di quest’ultimo dicastero, ossia tutte quelle attinenti a provvedimenti di natura economico-finanziaria.
2 del 2008 e delle conseguenti Sempre in virtù della citata legge n.   previsioni del vigente statuto, la SIAE esercita primariamente le funzioni 633 del 1941, recante le norme sul diritto d’autore, previste dalla legge n. nonché tutte le altre funzioni ad essa attribuite capillarmente da altre leggi di settore. La medesima società può gestire quindi servizi di accertamento, riscossione di imposte, contributi e diritti, anche in regime di convenzione con pubbliche amministrazioni e altri enti pubblici o privati. A questo proposito, per le finalità dell’indagine conoscitiva il sub-commissario Stella Richter, nel corso della sua audizione, ha ritenuto utile sottolineare il ruolo strategico 633 del 1941 sul diritto di che riveste l’articolo 180 della predetta legge n. autore. Secondo tale articolo, infatti, l’attività di intermediario è riservata in via esclusiva alla SIAE, comunque essa venga attuata, sia in forma diretta sia indiretta. Tuttavia, tale esclusività di poteri non pregiudica la facoltà spettante al singolo autore, ai suoi successori e agli aventi causa, di esercitare direttamente i diritti loro riconosciuti dalla legge sul diritto d’autore. In altre parole, in Italia esiste un’esclusiva per legge sull’attività di intermediazione, limitata però all’esercizio delle sole prerogative patrimoniali, ossia i cosiddetti «diritti patrimoniali» che compongono il più vasto diritto dell’autore dell’opera dell’ingegno. Secondo il professore Stella Richter la SIAE e, in particolare, la gestione commissariale anche da lui rappresentata, non ha inteso quindi compiere valutazioni su tale scelta legislativa, che, però, oltre ad avere superato a più riprese il vaglio di legittimità costituzionale risulta ora espressamente ribadita dalla citata legge 2 del 2008. n.
Con riferimento alle funzioni economiche assolte dalle   società di gestione collettiva del diritto d’autore in tutto il mondo, nella medesima seduta è stato rilevato che nella letteratura economica è da tempo pacificamente riconosciuto alle società di gestione collettiva dei diritti d’autore, tra cui la SIAE, il compito di rendere efficiente la tutela e lo sfruttamento del diritto d’autore, il cui riconoscimento è a sua volta giustificato, sempre dal punto di vista economico, dall’esigenza di assicurare una remunerazione allo sforzo creativo, attribuendo agli autori la facoltà di escludere terzi dall’utilizzo non autorizzato delle opere dell’ingegno, consentendo loro conseguentemente di chiedere un corrispettivo per la fruizione delle stesse opere. Affinché un sistema che riconosca il diritto d’autore assolva pienamente a tale funzione, è stato indicato come necessario dagli auditi della seduta del 15 febbraio 2012, da un lato, che gli autori siano in grado di far rispettare i propri diritti nei confronti dei potenziali utilizzatori delle opere protette e, dall’altro, che esista – e funzioni adeguatamente – un mercato per le medesime opere protette. Le società di gestione collettiva rappresentano, appunto, una delle forme istituzionali mediante le quali può essere assicurato il rispetto di queste due condizioni. Sarebbe pacifico quindi che le società di gestione collettiva siano in grado di: 1) ridurre i costi di transazione legati all’esecuzione dello scambio individuale dei diritti; 2) generare economie di scala ed economie di scopo; 3) assolvere ad una serie di utili funzioni che si raggruppano tutte intorno al concetto di riduzione del rischio, sia per gli utenti sia, soprattutto, per gli autori. Per lo svolgimento di queste loro funzioni caratteristiche, le società di gestione collettiva del diritto d’autore istituiscono, nei diversi Paesi in cui operano, una rete per la raccolta del diritto d’autore. Queste reti concretano in tutto il mondo, quindi a prescindere dalle scelte di diritto positivo dei singoli legislatori, monopoli naturali, con la conseguenza che le collecting societies, cioè le società di gestione collettiva del diritto d’autore, anche all’estero finiscono sostanzialmente per operare sempre di fatto in regime di esclusiva.
Nel corso dell’indagine è stato   evidenziato invece come il profilo distintivo tra la realtà italiana e quelle di alcuni Paesi stranieri consista proprio nel fatto che in Italia, sia per ragioni storiche, sia per l’esistenza dell’esclusiva legale, la società di gestione collettiva del diritto d’autore è unica per tutte le diverse forme di manifestazione della creatività, laddove all’estero si tende a costituire tante società quante sono le forme espressive della creatività medesima, per esempio musica, letteratura, arti figurative, cinema, teatro e così via; fermo restando, che nei relativi comparti le singole società rivestono, anche all’estero, la posizione di monopolisti quanto meno di fatto. A questo proposito il sub-commissario Stella Richter ha specificamente sostenuto nella audizione del 15 febbraio che il carattere «generalista» della SIAE serva anzitutto a «consentire ad essa di svolgere una funzione di unico interlocutore – una sorta di sportello unico – a beneficio dell’utenza, che quindi risulta essere agevolato nell’accesso alla legittima fruizione di tutte le opere dell’ingegno». A suo dire, si tratterebbe quindi di un indubbio vantaggio, soprattutto ove si abbia a che fare, come sempre più spesso avviene, con opere cosiddette «multimediali». Proprio la natura generalista della SIAE avrebbe così consentito, finora, di attuare politiche solidaristiche o mutualistiche, in virtù delle quali le arti più ricche sostengono quelle più povere; dove evidentemente il riferimento a ricchezza e povertà è fatto in funzione del successo commerciale di alcune forme di espressione della creatività in un dato momento storico.
Sempre con riferimento alla qualificazione giuridica   della SIAE, il già presidente Giorgio Assumma, durante la sua audizione del 9 2 del 2008 maggio, ha sottolineato invece come l’approvazione della legge n. abbia fugato ogni dubbio circa l’applicazione delle norme del codice civile per la regolamentazione, l’organizzazione ed il funzionamento dell’ente, sia nei suoi rapporti interni sia in quelli esterni, anche con riferimento alla giurisdizione competente in materia. Sullo stesso punto, il dottor Mauro Masi, già commissario straordinario della SIAE, nel corso dell’audizione del 7 giugno, ha osservato che la SIAE ha una caratteristica unica nell’ambito del panorama internazionale, che, a suo avviso, costituisce uno dei suoi punti di forza: l’essere, cioè, una società di collecting generalista. A tal proposito, ha affermato che le grandi società consorelle rappresentano alcuni settori, in particolare la musica, come le grandi consorelle tedesca, francese e americana; altre si occupano di teatro, altre ancora di spettacolo dal vivo e quant’altro, mentre SIAE si occupa di tutti questi settori insieme, «con un effetto che gli economisti chiamano spill-over – di tracimazione, se vogliamo usare un termine un po’ prosaico – dei proventi che provengono da un settore verso gli altri», come egli stesso ha sostenuto. Dall’indagine è emerso poi che il settore principe, la musica, indubbiamente finanzia o dovrebbe finanziare le cosiddette «arti minori». Si tratterebbe peraltro per il dottor Masi di una forza della SIAE che peraltro presenta in sé una contraddizione in termini: la SIAE si rivolge infatti per definizione erga omnes, a tutti, mentre in quanto ente a base associativa si dovrebbe rivolgere esclusivamente alla medesima base, che necessariamente costituisce un perimetro più piccolo. La base associativa della SIAE, infatti, consta di quasi 80.000 soci o associati, ma l’ente pubblico in realtà si rivolge a tutti, per cui la qualificazione pubblicistica nella migliore accezione esiste già in nuce.
È stato evidenziato quindi   nel corso delle audizioni che la SIAE dovrebbe tutelare erga omnes il diritto d’autore; legittimamente, però, deve anche tutelare la base associativa in quanto ente pubblico a base associativa, con una contraddizione che per alcuni crea problemi rilevanti. È emerso infatti che a riprova di ciò, tutti gli enti pubblici a base associativa nel sistema istituzionale hanno avuto problemi nella definizione degli organi sociali e di funzionamento, di governance, come avvenuto per il CONI o per l’ACI. Al riguardo, è stato ritenuto da alcuni auditi che fino a che il legislatore non rivedrà la governance istituzionale, la SIAE avrà ciclicamente problematiche forti, al di là della bontà degli amministratori, della base associativa, o dello stesso statuto, canale collettivo di rappresentatività della base associativa e degli organi sociali. È stata ritenuta altresì come necessaria una seria riflessione sul superamento dell’assetto istituzionale, sulla natura pubblicistica dell’ente e sulla questione se questa debba essere mantenuto o meno. Per alcuni, peraltro, l’ente dovrebbe mantenere una natura pubblicistica per tutelare il diritto d’autore, seppure allo stato la SIAE non è sembrata a giudizio di alcuni, come il dottor Masi, adeguatamente attrezzata da un punto di vista giuridico e manageriale – non per le persone, ma in termini di assetti – per un’efficace tutela del diritto d’autore.
Analoghi rilievi sono stati   svolti anche dall’onorevole Emerenzio Barbieri, proponente dell’indagine conoscitiva, il quale ha evidenziato la necessità e l’urgenza di intervenire attraverso l’approvazione degli strumenti legislativi opportuni al fine di risolvere la situazione «strutturale», relativa alla natura giuridica dell’ente SIAE. Anche l’onorevole Emilia Grazia De Biasi ha sostenuto l’urgenza di intervenire con strumenti normativi specifici, anche attraverso l’istituzione, come avvenuto in altri Paesi, di un’Authority competente in materia di diritto d’autore, operando, quindi, una sostanziale privatizzazione della collecting. A suo avviso, tuttavia, alla luce del conflitto fra l’esigenza di tutelare la concorrenza e quella di tutelare il bene comune e il dettato costituzionale, occorrerebbe attendere le determinazioni al riguardo dell’Unione europea, che dovrebbe emanare a breve una direttiva di disciplina dell’intera materia del diritto d’autore e dei diritti connessi. L’onorevole Enzo Carra, a più riprese, ha d’altra parte segnalato l’urgenza di intervenire con strumenti specifici nella regolamentazione della materia, anche alla luce dell’inadeguatezza della normativa vigente in materia di protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, contenuta nella legge 22 633, che, a suo avviso, appronta una tutela del diritto d’autore aprile 1941 n. non adeguata alle necessità dettate dall’avanzamento dei tempi e dall’avvento delle nuove tecnologie.
Numerose critiche sono state mosse d’altra parte   in riferimento alla mancata adozione – e comunque scarsa comunicazione circa la medesima – dell’atto considerato il più atteso dagli operatori del settore: lo statuto della SIAE.

Lo statuto e la rappresentatività all’interno della SIAE. 3.
2 Lo statuto della SIAE, in base all’articolo 1, comma 4, della legge n.   del 2008, è adottato dall’assemblea su proposta del consiglio di amministrazione ed è approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Il decreto del Presidente della Repubblica del 9 marzo 2011, di nomina degli organi della gestione commissariale, affida al commissario straordinario anche l’incarico di adottare gli atti necessari ed opportuni al fine di assicurare «l’instaurarsi di una dialettica interna più equilibrata, anche attraverso l’introduzione delle modifiche statutarie idonee ad assicurare una effettiva rappresentatività in seno agli organi sociali della SIAE ai titolari dei diritti in rapporto ai relativi contributi economici, nonché attraverso eventuali altre modifiche che dovessero emergere come necessarie e idonee a garantire la funzionalità della società, anche con riferimento alle modalità di costituzione e funzionamento degli organi deliberativi». Occorre sottolineare, in proposito, che il tema dell’approvazione dello statuto è stata affrontata nel corso di tutte le audizioni svolte in Commissione.
In particolare, e con specifico   riferimento al metodo, molte organizzazioni sindacali hanno lamentato un’assoluta mancanza di consultazione e carenza di informazioni sui contenuti del progetto di statuto in corso di elaborazione da parte della gestione commissariale. Riguardo al merito, invece, da più parti si è levata a gran voce l’esigenza che il nuovo statuto preveda adeguate forme di rappresentatività, alla luce delle molteplici anomalie riscontrate nel sistema di rappresentatività interna della SIAE. L’Italia, infatti, è l’unico Paese in cui gli autori risultano avere lo stesso peso degli editori, a differenza di quanto avviene in Francia o in Spagna, dove il peso degli autori risulta essere proporzionalmente superiore. Nel corso dello svolgimento dell’indagine conoscitiva, l’attuale commissario straordinario della SIAE Rondi, con due successive delibere, la 20 dell’8 marzo 2012, ha provveduto 17 del 7 marzo 2012 e la n. n. all’approvazione dello statuto della SIAE. La Commissione a fatica ha visto riconosciuto il proprio diritto ad acquisire agli atti lo schema di statuto che adotta un sistema organizzativo sostanzialmente mutuato dagli assetti comunemente diffusi in aziende (pubbliche o private) di grandi dimensioni. In tale ambito, la scelta è ricaduta su un sistema di tipo dualistico che consenta ad un organo di sorveglianza, il Consiglio di sorveglianza, di svolgere il ruolo di rappresentatività della base associativa e di indirizzo, e ad un organo tecnico il Consiglio di gestione, di seguire la gestione quotidiana della società.
Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei   ministri con delega all’informazione, comunicazione, editoria e coordinamento amministrativo Paolo Peluffo, nell’audizione dell’11 luglio, ha evidenziato come il modello dualistico abbia trovato, sinora, scarsa applicazione nel contesto italiano, fatta eccezione per le società pubbliche a livello locale e gli istituti di credito costituitisi a seguito di fusioni societarie. In particolare, il rappresentante del Governo ha sottolineato come il medesimo statuto non appaia in linea con i modelli organizzativi adottati da altri enti pubblici nazionali di grandi dimensioni. Tale modello, per sua natura, tende ad attenuare il ruolo delle minoranze e, più in generale, ad attenuare il rapporto fiduciario fra soci e gestori, a causa dell’impossibilità da parte di soci stessi di intraprendere azioni dirette e nei confronti dei gestori, se non attraverso la revoca dei membri del consiglio di sorveglianza ovvero dell’organo che presiede al controllo della gestione. Il nuovo progetto non prevederebbe, a differenza di quello attualmente vigente, alcun potere di nomina da parte dell’autorità di vigilanza in ordine ai componenti del Consiglio di gestione – organo che, sulla base della previsione statutaria, corrisponde all’attuale Consiglio di amministrazione – limitandosi a stabilire che l’autorità di vigilanza provveda alla nomina e, eventualmente, alla revoca di tre componenti, sui 35 complessivi, del Consiglio di sorveglianza, secondo la nuova denominazione assegnata all’attuale assemblea.
Nel corso dell’indagine è   emerso altresì che sulla base del mandato ricevuto, il commissario straordinario ha ritenuto opportuno prevedere nel nuovo statuto un meccanismo di voto ponderato, in base al quale ogni associato, in regola con il pagamento dei contributi associativi, ha diritto ad esprimere in Assemblea un voto come singolo, nonché un numero di voti pari ad ogni euro di diritti d’autore percepiti dalla SIAE nell’anno precedente. È previsto, comunque, un limite massimo di voti pari ad un trentesimo del totale dei voti astrattamente esprimibili. Il sottosegretario Peluffo ha osservato al proposito che, in linea generale, il meccanismo elettorale, pur assicurando la pariteticità della presenza dei due grandi gruppi di associati nell’ambito del Consiglio di sorveglianza – 16 autori, 16 editori –, in realtà conferisca maggior peso elettorale alla sezione musica, che apporta alla società alla gran parte dei contributi economici. Il nuovo statuto, pertanto, opererebbe un superamento del principio «una testa, un voto», in base al quale la presenza di autori e di editori era paritaria, al fine di garantire una rappresentatività il più possibile equilibrata, introducendo invece il cosiddetto «voto pesante», che assegna un peso maggiore agli associati che maggiormente contribuiscono al bilancio societario.
Il Ministro per i beni e le attività culturali,   Lorenzo Ornaghi, nel corso della sua audizione, in merito a tale argomento ha segnalato la sua non contrarietà, in via pregiudiziale, nei confronti dell’adozione di modelli duali, pur evidenziando che debba essere precipuo della SIAE rinvenire in maniera autonoma la soluzione più appropriata e funzionale, considerati i suoi profili di peculiarità. Il dottor Masi, nella medesima audizione del 7 giugno, ha in proposito sostenuto che nel nostro sistema istituzionale tutti gli enti pubblici a base associativa hanno riscontrato problemi nella definizione degli organi sociali e di funzionamento, tanto che taluni giuristi hanno parlato di «bomba istituzionale». Ha, pertanto, evidenziato la necessità di ridefinire l’assetto istituzionale della SIAE attraverso lo statuto, quale canale collettivo di rappresentatività della base associativa, e degli organi sociali che devono a sua volta rappresentarla. Il dottor Silvano Guariso, già presidente della SIAE, invece, intervenendo nel corso dell’audizione del 14 giugno, ha in proposito affermato che la rappresentatività, in vigenza del precedente statuto, non risultava essere paritaria, anche all’interno della medesima categoria. Ha ricordato quindi, in proposito, che nel 2003, avendo gestito le elezioni come segretario dell’Unione nazionale compositori librettisti autori di musica popolare (UNCLA), 144 autori di fascia D – la fascia più alta, con redditi da 200.000 euro in su, per un totale di incassi di circa 150 milioni di euro – designavano sei membri in assemblea, fermi restando quattro anni di anzianità; 140 membri di fascia C – la seconda a scalare, con redditi collocati tra 50.000 e 100.000 euro – designavano due membri in assemblea; 720 membri di fascia B – con redditi tra 15.000 e 50.000 euro – designavano tre membri nel 2003 e due nel 2007; 40.000 iscritti, attualmente forse 60.000 di fascia A – con redditi tra 0 e 15.000 euro – designavano sei membri in assemblea. Ha ricordato, altresì, che 22.000 di questi soggetti non incassavano «neanche un centesimo», ma la sommatoria degli incassi dei 60.000 iscritti era pari a circa 130 milioni di euro, quasi come quelli della fascia D.
Numerosi sono stati d’altra parte gli interventi sul tema   dello statuto, anche di altri componenti la Commissione. L’onorevole Levi ha parlato, a proposito del nuovo statuto della SIAE, di «una specie di pasticcio di allodole e cavallo», ossia di un pletorico consiglio di sorveglianza – che in realtà corrisponderebbe alla precedente assemblea, che sarebbe stata a suo avviso rinominata –, composto da quasi una quarantina di persone, nonché di «un consiglio di gestione e una dozzina di comitati, ciascuno composto da una dozzina di persone ognuna in rappresentanza di un piccolo settore di attività: un disastro !». L’onorevole De Biasi ha sostenuto in questo senso che la dualità si configura non solo come uno squilibrio fra autori ed editori – a suo avviso troppo accentuato rispetto ad altre società europee – ma sancisce in modo molto chiaro una differenza anche in seno agli autori. Occorrerebbe, pertanto, rinvenire un punto di equilibrio, che prescinda da quello legato alla produzione del reddito, modificando la natura della società e la sua mission. L’onorevole Zazzera ha sollevato a più riprese la questione relativa all’assenza di comunicazione dei contenuti del nuovo statuto da parte di un ente vigilato dal Ministero per i beni e le attività culturali e controllato anche dal Parlamento, a dimostrazione di un’assoluta mancanza di rispetto da parte degli organi competenti della SIAE nei confronti delle istituzioni. Ha segnalato, in proposito, anche l’anomalia italiana, che auspica sia al più presto sanata, legata al cosiddetto «voto pesato», attraverso il quale, a suo avviso, si stabilirebbero a monte i rapporti di forza interni all’ente, con il rischio che la SIAE medesima sia costituita per due terzi da editori e multinazionali e per un terzo da autori.
Problematiche non di poco conto, quindi, che d’altra   parte si sono riversate anche su un altro tema rilevante, quello della gestione commissariale attuale.

Le gestioni commissariali della SIAE e le relative situazioni 4. contabili.
Dalle numerose audizioni svolte è emerso che l’impossibilità di   funzionamento degli organi deliberativi della SIAE, dovuta ad una sofferenza del modello di governance della società e alla mancata approvazione del bilancio preventivo 2011, propedeutico all’attuazione del piano strategico 2010-2013, ha determinato una situazione che ha reso indispensabile perseguire un adeguato risanamento economico-finanziario della società. A tal fine, il decreto di commissariamento del 9 marzo 2011, come ricordato anche dal ministro Ornaghi, fornisce indicazioni molto chiare e assegna al commissario una duplice missione: dapprima il risanamento finanziario e l’equilibrio economico-gestionale della società; in secondo luogo, soprattutto ad avviso del Ministro audito, l’instaurarsi di una dialettica interna più equilibrata, anche attraverso l’introduzione delle modifiche statutarie idonee ad assicurare un’effettiva rappresentatività in seno agli organi sociali della SIAE e ai titolari dei diritti in rapporto ai relativi contributi economici, nonché attraverso eventuali altre modifiche che dovessero emergere come necessarie e idonee a garantire la funzionalità della società, anche con riferimento alle modalità di costituzione e funzionamento degli organi deliberativi.
Il   direttore generale della SIAE, dottor Gaetano Blandini, nel corso dell’audizione del 15 febbraio, ha diffusamente descritto le attività e gli esiti della gestione, che avrebbe consentito di conseguire risparmi per 12,3 milioni di euro. In particolare, ha ricordato che il cosiddetto «piano industriale», piano strategico della società per il 2011-2013, è stato da lui predisposto nel 2010, non appena arrivato alla direzione generale della SIAE. Il piano fu approvato nel luglio del 2010 dall’assemblea della SIAE, dopo essere stato approvato dal consiglio d’amministrazione, ed è stato confermato dalla gestione commissariale a un mese dal suo insediamento alla fine di aprile del 2011. La sintesi strategica del predetto documento si basava sull’analisi dei punti di forza e di debolezza, delle minacce e delle opportunità da sviluppare. Secondo il direttore generale Blandini, in specie, i punti di debolezza riguardavano e riguardano l’eredità negativa della gestione operativa della società, la debolezza degli attuali sistemi di tutela dei contenuti protetti, l’assenza di un sistema condiviso di valutazione delle performance aziendali ed individuali; ridondanze organizzative; soprattutto la mancanza, all’interno della struttura, di una cultura del cambiamento che abilitasse all’innovazione in tempi rapidi. Le opportunità, invece, derivavano dalla necessità di recuperare i diritti di produzione meccanica attraverso nuovi sistemi di raccolta sulle piattaforme digitali – visto che, rispetto al mercato multimediale, la SIAE, nel benchmark e nella comparazione con le altre società di collecting, è quella che incassa di meno –, ma anche dall’integrazione dei sistemi SIAE con quelli degli utilizzatori per ridurre i tempi di lavorazione e, quindi, migliorare la qualità dei dati e permettere agli utilizzatori la fruizione di servizi in remoto, e dall’ampliamento del mercato dei servizi in convenzione. Il dato principale di criticità di bilancio, ad avviso del dottor Blandini, è il risultato operativo negativo della società, quindi la differenza tra il valore della produzione e il costo della produzione, che nel 2010 era di oltre 91 milioni di euro. Lo stesso direttore generale della SIAE ha poi ricordato che la gestione commissariale ha messo in campo azioni finalizzate alla razionalizzazione della gestione, riduzione dei costi, modernizzazione della struttura, mantenimento, ove possibile, dei livelli occupazionali e una migliore tutela per autori ed editori dei loro diritti. L’analisi economica dei costi, con particolare riferimento alla rete territoriale, avrebbe evidenziato la necessità di razionalizzare la presenza sul territorio.
Nell’indagine è   emerso che, quanto al dato economico complessivo della raccolta sul territorio, la SIAE sarebbe la «punta di diamante» rispetto a tutte le altre società di collecting nel mondo, perché è quella che raccoglie meglio sul territorio il diritto d’autore, per la profonda conoscenza del mercato e per la sua capillare diffusione attraverso sedi, filiali e agenti mandatari. A giudizio del management attuale della società, da ultimo è stata messa in atto una riorganizzazione mirata a razionalizzare i costi e a trovare il migliore punto di equilibrio tra i diversi esistenti, cioè con dipendenti di ruolo della SIAE, e quelli invece degli agenti mandatari. Il dottor Blandini ha ricordato in particolare che: a) è stato riorganizzato il funzionigramma della direzione generale; b) è stato stipulato nel giugno del 2011 il nuovo contratto del personale dirigente; c) è stato sottoscritto il 29 dicembre 2011 un nuovo protocollo per la revisione degli accordi con gli agenti mandatari e per la selezione trasparente dei futuri agenti mandatari. Infine, nell’aprile del 2011 sono state avviate le trattative con le organizzazioni sindacali per la stipula del contratto collettivo riguardante il personale non dirigente: i dirigenti di prima fascia stipendiale sono stati ridotti da dodici a sei e quelli di seconda fascia stipendiale da sessanta a quarantacinque. Il contratto collettivo del personale dirigente ha modificato, di fatto, la logica del precedente contratto (risalente a dieci anni prima), che faceva riferimento al pubblico impiego, mentre la società opererebbe allo stato secondo norme di diritto privato – come 2 del 2008 –, regolando i propri rapporti di lavoro disposto dalla legge n. sulla base di un contratto di lavoro del settore privato.
Sul punto, è   stato sostenuto che la società ha proposto un patto di responsabilità ai propri dipendenti, per evitare l’esubero e consentire la stabilizzazione di settanta lavoratori precari, secondo i seguenti punti: ridurre le ferie dagli attuali trentanove a trentadue giorni, come avviene in quasi tutte le aziende e nel pubblico impiego; eliminare la possibilità di non produrre la certificazione medica per i primi tre giorni di malattia, come avviene in tutte le aziende e in tutte le pubbliche amministrazioni; inoltre, è stato proposto un nuovo orario di lavoro – attualmente articolato dalle 7.45 alle 14.45 – con due rientri pomeridiani di due ore, poiché l’orario attuale produce costi di straordinario e di turnazione per 5 milioni di euro. È stato poi proposto il blocco di tre anni delle retribuzioni, con particolare riferimento agli scatti automatici – attualmente biennali del 5 per cento l’anno – e, per il futuro, scatti automatici legati all’inflazione e ai risultati di aumento della produttività. Il direttore generale della SIAE ha sostenuto, ancora, che allorquando, dopo cinque mesi di trattative infruttuose, la SIAE ha deciso di formalizzare la disdetta dei contratti, le organizzazioni sindacali hanno ritenuto di denunciarlo per comportamento antisindacale, ai sensi dell’articolo 28 dello statuto dei lavoratori.
Anche il già direttore generale della SIAE,   Domenico Caridi, nell’audizione del 9 maggio, in merito al dissesto economico e all’asserito «smantellamento economico ed etico» dell’ente, ha ribadito con forza l’efficienza dell’intero apparato della SIAE. Ha rilevato in particolare che per quanto riguarda l’aspetto patrimoniale e la solidità delle riserve della SIAE, nel 1999, quando iniziò il commissariamento del dottor Masi, le riserve erano state azzerate. Mediante un’accorta politica gestionale, iniziata con il commissariamento e proseguita nel tempo, avvalendosi dei provvedimenti di rivalutazione del patrimonio immobiliare, ha quindi ricordato che nel 2009 le riserve patrimoniali della SIAE ammontavano a circa 110 milioni di euro. Si trattava di una cifra ritenuta consistente e in grado di far fronte a eventuali temporanei disavanzi di bilancio dovuti alle difficoltà economiche che la SIAE può affrontare nel corso della sua esistenza. Dal punto di vista economico, cioè del risultato dell’iter economico dell’attività svolta nel corso dell’esercizio, il dottor Caridi ha precisato quindi che è necessario non continuare con «questa specie di mantra sull’inefficienza della gestione e sul disordine dei conti addirittura con riferimenti a presunti obiettivi non raggiunti o raggiunti in maniera blanda». A suo dire, nel 2007 l’utile di esercizio della SIAE era di 8.000 euro, un sostanziale pareggio, con un margine operativo di – 34 milioni; il margine operativo, cioè la differenza tra i ricavi e i costi della produzione – indicatore importante nella gestione operativa dell’ente – interpretato e corretto con il rendimento dei proventi finanziari, per riequilibrare i conti dell’ente. A questo proposito nel corso dell’indagine conoscitiva si è evidenziato che nel 2008 vi è stato un disavanzo di bilancio di 15,4 milioni di euro, 12,4 milioni al netto delle imposte. Questo perché, nel 2008, la SIAE avrebbe dovuto scontare la perdita dovuta alla svalutazione del titolo Lehman Brothers, svalutando 40 milioni di euro per un importo pari a circa 35 o 36 milioni di euro, con un’influenza negativa sul risultato di esercizio. Ove non ci fosse stata questa perdita assolutamente straordinaria, imprevista e imprevedibile, a giudizio del dottor Caridi si sarebbe registrato un avanzo di bilancio di ben 11,6 milioni di euro, con un risultato positivo di gestione di 23 milioni di euro al netto delle imposte. Dall’indagine è emerso quindi che nel 2009 il risultato economico dell’esercizio ha rilevato una leggera perdita, pari a meno di 600.000 euro. Il dottor Caridi ha rilevato di aver promosso in quel periodo, con la piena collaborazione degli uffici, iniziative volte a definire i contratti scaduti. In proposito, ha ribadito l’estrema validità, professionalità, onestà e correttezza dell’apparato SIAE, del suo personale qualificatissimo e della sua dirigenza.
Il già   commissario straordinario della SIAE Masi, ha sostenuto d’altro canto che il cespite principale con cui, sostanzialmente, la sua gestione commissariale avrebbe salvato la SIAE a cavallo del 1999-2000 è stata una convenzione decennale stipulata con l’Agenzia delle Entrate, durata fino al 2010. È stato quindi evidenziato come la struttura territoriale della SIAE rappresenti, in qualche modo, «una delle sue ricchezze»; con funzioni più razionali e moderne, la struttura mandataria articolata sul territorio rappresenterebbe l’elemento più forte della SIAE attuale, molto debole invece nel raggiungere gli obiettivi principali, come la tutela del diritto d’autore. Nel corso dell’indagine quindi, proprio in conseguenza delle numerose gestioni commissariali, è stato considerato come il legislatore – ove volesse intervenire a ripensare un bilanciamento delle funzioni – dovrebbe rafforzare in sede istituzionale la tutela del diritto d’autore, con un miglior utilizzo degli asset, ossia di quell’articolata presenza che tradizionalmente ha la SIAE sul territorio, anche mediamente in termini di produttività.
Numerose   sono state, d’altra parte, le posizioni critiche emerse in Commissione in merito all’attività svolta dalla attuale gestione commissariale anche con riferimento all’approvazione del bilancio consuntivo 2010 della SIAE. In particolare, l’onorevole Francesco Colucci, nel corso dell’audizione del Ministro Ornaghi del 4 luglio, ha considerato inesistente qualsiasi esigenza di risanamento finanziario dell’Ente, considerate le rilevanti riserve patrimoniali e l’ingente e costante liquidità a disposizione della società (oltre 600 milioni di euro). Ha quindi affermato che, in realtà, il commissariamento sia stato indotto dall’impossibilità di funzionamento dell’Assemblea degli associati della SIAE, in conseguenza dell’atteggiamento ostruzionistico adottato dagli editori e dichiaratamente volto a far decadere gli organi sociali nei quali ritenevano di non poter far valere una posizione di supremazia per influire in maniera decisiva sulla ripartizione dei diritti d’autore e per condizionare le scelte gestionali dell’Ente. L’onorevole Colucci ha inoltre sostenuto, nella medesima audizione, che, nonostante l’assoluta libertà di azione della gestione commissariale e del direttore generale Blandini, grazie alla mancanza degli organi ed organismi societari attraverso cui si esplicavano i poteri decisionali, sorveglianza e controllo della base associativa, non sia stato raggiunto alcun obiettivo a distanza di quasi tre anni dall’insediamento del direttore generale e di quasi un anno e mezzo dalla nomina dei commissari. Il risanamento economico dell’Ente in via strutturale e l’adozione di un nuovo statuto idoneo a garantire la funzionalità della società sarebbero infatti ancora lontani da venire.
A testimonianza di ciò, è stata addotta nel   corso dell’indagine sia la mancata approvazione, da parte degli organi di vigilanza, del bilancio SIAE per l’anno 2010 (predisposto dal Direttore generale e deliberato dai sub-commissari nel maggio del 2011), sia l’approvazione del «misterioso testo dello statuto predisposto dai commissari (d’intesa con il direttore generale)», come sostenuto testualmente dall’onorevole Colucci. Nessuna iniziativa sarebbe stata quindi assunta per garantire in maniera strutturale l’equilibrio economico della SIAE, se non ricorrendo ad operazioni sulla ricchezza dell’Ente già esistente (il patrimonio immobiliare) e creando artificiosamente plusvalenze contabili ma con elevati costi reali. Nulla sarebbe stato fatto, poi, per lo sviluppo di nuove fonti di ricavi, tranne un fumoso e astratto piano strategico dal quale non risulterebbe alcuna iniziativa programmata di concreta produzione di nuovi ricavi, ma solo la mera elencazione descrittiva di generiche e modeste «opportunità» da coltivare, tutte da verificare e comunque insuscettibili di tradursi in effettivi, credibili e consistenti proventi. Direttore generale e commissari attuali, a giudizio del deputato Colucci, si sarebbero quindi dimostrati palesemente non all’altezza dei loro compiti, tanto da dover essere tempestivamente rimossi e sostituiti.
Il ministro Ornaghi, intervenendo nel corso dell’audizione del 4 luglio,   ha precisato quindi che la bozza di bilancio consuntivo 2011 trasmessa dalla SIAE agli uffici del Ministero registra un utile di gestione pari a circa 900 mila euro. Tale bozza di bilancio è attualmente allo studio degli uffici del Ministero per i beni e le attività culturali, così come di quelli delle altre due amministrazioni vigilanti, il Dipartimento per l’editoria della Presidenza del Consiglio e il Ministero dell’economia e delle finanze. Essa costituisce, quindi, un punto di partenza positivo e un «significativo traguardo raggiunto dal commissariamento». L’onorevole Giuseppe Scalera, con riferimento al grave stato di dissesto finanziario e di squilibrio economico-gestionale della SIAE, ha sostenuto d’altra parte che, dopo un lungo periodo di risanamento, non è stato evidenziato dai commissari e dal direttore generale alcun miglioramento sui conti strutturali relativi alla gestione caratteristica. In altre parole, non è dato di sapere quali sono i risultati degli «atti necessari ed opportuni di cui al decreto di commissariamento che avrebbero portato all’»equilibrio economico-gestionale». Anzi, non sono mancate voci di categorie audite dalla Commissione che hanno denunciato una totale carenza di risultati in tal senso. È stato sottolineato infatti che, come noto, anche per averlo riportato molti organi di stampa, anche la magistratura si sta interessando all’operazione dei Fondi immobiliari condotta dai commissari e dal direttore della SIAE che, pur più volte sollecitati, non sarebbero stati in grado di dimostrare la rispondenza di tali operazioni al mandato commissariale ricevuto.
A queste tematiche,   particolarmente sentite dai commissari, hanno fatto seguito d’altro canto approfondimenti ad esse collegati in merito alla consistenza del patrimonio della SIAE, sia mobiliare che immobiliare, nonché del Fondo pensioni della SIAE.

Consistenza e gestione del patrimonio mobiliare e immobiliare della 5. SIAE e del Fondo pensioni della SIAE.
Un altro tema importante emerso nel corso delle numerose audizioni svolte è   stato infatti quello relativo alle rilevanti criticità emerse in ordine alla recente dismissione del patrimonio immobiliare della SIAE, già in precedenza segnalata da numerose inchieste giornalistiche, e sulla consistenza del patrimonio mobiliare, nonché sulla gestione del Fondo pensioni.

5.1. Il Fondo pensioni della SIAE.
A questo proposito il sottosegretario Peluffo, l’11 luglio, ha rilevato che   la recente operazione di riorganizzazione del patrimonio immobiliare della SIAE e del Fondo pensioni dei dipendenti della medesima società rappresenta una scelta strategica di gestione, riconducibile alla discrezionalità imprenditoriale del commissario straordinario. Ricostruendo brevemente l’evoluzione del Fondo pensioni e le dinamiche intercorse con la SIAE, ha ritenuto opportuno segnalare innanzitutto che alla data di approvazione del bilancio 2010, il Fondo pensioni risultava con tutto il proprio patrimonio investito in immobili. Pertanto, la Covip, con nota del 2 aprile 2010, aveva ribadito l’esigenza che il Fondo pensioni provvedesse, entro il maggio 2012, al rispetto del limite massimo del 20 per cento degli investimenti immobiliari diretti, in ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 5, comma 2, del decreto 62. Negli anni precedenti, poi, il patrimonio ministeriale 10 maggio 2007, n. del Fondo pensioni non è stato in grado di garantire al Fondo medesimo flussi di cassa sufficienti al pagamento delle prestazioni pensionistiche. In ragione della previsione di garanzia recata dall’articolo 60 dello statuto del Fondo, la SIAE è stata chiamata costantemente a sostenere il Fondo pensioni con propri apporti finanziari; in particolare, sino al 2008 i versamenti operati sono stati considerati dalla SIAE contribuzioni a fondo perduto in quanto integrazione delle riserve tecniche del Fondo per un ammontare, secondo quanto comunicato dalla SIAE, di circa 130 milioni di euro. È emerso poi che a partire dall’esercizio 2009, la SIAE ha considerato i versamenti effettuati a favore del Fondo pensioni come anticipazioni soggette al recupero, in conseguenza di un Protocollo di intesa sottoscritto nel medesimo anno 2009, che prevedeva che le erogazioni operate dalla società in rapporto alle obbligazioni previdenziali del Fondo pensioni dovessero essere considerate anticipazioni recuperabili, qualora il bilancio pluriennale del Fondo fosse in equilibrio. Pertanto, nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2009, il versamento al Fondo pensioni da parte della SIAE era stato riportato fra i crediti della società. Nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2010, infine, la SIAE ha provveduto alla svalutazione dei crediti relativi alle somme erogate nel corso del 2009 e del 2010 al Fondo pensioni, nonché ad un accantonamento al fondo rischi per fronteggiare un ulteriore rischio di perdita correlato al disequilibrio attuariale del Fondo stesso.
Il sottosegretario Peluffo, nel corso della medesima audizione, ha   evidenziato d’altra parte che le decisioni assunte in occasione dell’approvazione del bilancio 2010 devono essere esaminate alla luce del 102 e del conseguente protocollo di contenuto della delibera commissariale n. intesa intercorso rl 22 dicembre 2011 fra la SIAE e il Fondo pensioni. Entrambi i provvedimenti, infatti, erano finalizzati alla realizzazione di una complessa operazione di riorganizzazione sia del patrimonio immobiliare del Fondo pensioni e della SIAE medesima, sia delle modalità di erogazione delle prestazioni previdenziali da parte del Fondo pensioni. L’asserita inesigibilità delle anticipazioni effettuate dalla SIAE a favore del Fondo, in ragione del disequilibrio finanziario del Fondo stesso e della sua conseguente incapacità di fronteggiare autonomamente le prestazioni pensionistiche integrative ad esso dovute – unitamente all’obbligo di dismissione di una parte consistente del patrimonio immobiliare del Fondo per rispettare i vincoli normativi – avrebbero rappresentato in questo senso le principali motivazioni poste dal commissario a giustificazione del complesso piano di riorganizzazione immobiliare. In sintesi, nel corso dell’indagine è emerso che tale piano prevedeva innanzitutto l’istituzione di due fondi immobiliari in cui far confluire sia gli immobili del Fondo pensioni destinati a dismissione (denominato Fondo Aida), sia gli immobili strumentali e non strumentali commerciali (denominato Fondo Norma). Si prevedeva inoltre la ricerca sul mercato del credito, ad opera del Fondo Norma, delle risorse necessarie per provvedere all’acquisto dal Fondo pensioni delle quote rappresentanti il 100 per cento del Fondo Aida, nonché la monetizzazione del valore del patrimonio immobiliare del Fondo pensioni attraverso la cessione delle quote del Fondo Aida – costituito dal Fondo pensioni stesso – al Fondo Norma, invece costituito dalla SIAE. Era inoltre stabilita la sottoscrizione, da parte del Fondo pensioni, con il ricavato della cessione del Fondo Aida e con un ulteriore e definitivo contributo una tantum di SIAE, di una polizza assicurativa a favore dei propri iscritti, già in pensione, al fine di garantire il pagamento delle prestazioni pensionistiche dovute. Si assicurava inoltre l’offerta di riscatto intero anticipato da parte del Fondo pensioni ai propri iscritti attivi e il contestuale impegno da parte della SIAE a dotare il Fondo – nella forma di un ulteriore contributo integrativo una tantum – dell’ammontare necessario a formulare l’offerta o a sottoscrivere una polizza assicurativa analoga a quella prevista in favore degli iscritti in pensione.
È emerso quindi nel corso dell’indagine che il bilancio del 2010 del Fondo   pensioni si è chiuso con una perdita civilistica di 7 milioni di euro e una perdita attuariale di 4,1 milioni di euro. Il bilancio del 2010 del Fondo pensioni rappresentava già di per sé (ma anche per chi, come la SIAE, è obbligato a sostenerlo) la sua incapacità di tenersi in equilibrio per il futuro. L’attuale gestione commissariale ha precisato nel corso dell’indagine che tutto ciò sarebbe già stato segnalato al Fondo pensioni: agli atti è stata trovata una verifica ispettiva del 2007 ad opera della Covip, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, e, successivamente, una corrispondenza tra la medesima Covip e il Fondo pensioni, dalla quale si rilevava che già nel 2007 la Covip segnalava al Fondo pensioni la necessità di adeguare il proprio investimento patrimoniale, irregolarità relative alla tipologia di investimento del patrimonio del Fondo pensioni. In secondo luogo, la Covip segnalava al Fondo pensioni che nella predisposizione dei bilanci e, in particolare, nella predisposizione dei bilanci attuariali, il Fondo pensioni non dovesse calcolare rendimenti teorici del proprio patrimonio immobiliare. È stato quindi sostenuto nel corso dell’indagine conoscitiva che fino al 2009, il Fondo pensioni avrebbe costruito i propri bilanci attuariali inserendo un rendimento teorico del proprio patrimonio del 4 per cento, pur avendo invece, un rendimento effettivo del patrimonio inferiore all’1 per cento, e probabilmente anche negativo. Nel 2007, infatti, la Covip avrebbe segnalato al Fondo pensioni proprio la necessità di variare le modalità con le quali veniva costruito il bilancio attuariale del Fondo, per evidenziare che in realtà esso, molto probabilmente, era in disequilibrio piuttosto che in equilibrio, come in effetti è poi risultato. La vendita del patrimonio del Fondo pensioni avrebbe dovuto ottenere quindi liquidità per poter pagare le pensioni, mentre la logica è stata quella di vendere il patrimonio, facendo uscire parte del patrimonio dal Fondo pensioni, ottenere una rateizzazione a quarant’anni, polverizzando dunque il prezzo e impedendo così di poterlo utilizzare per pagare le pensioni, e contare poi sull’intervento (come è già stato per 238 milioni di euro) della SIAE.
A   giudizio del sub-commissario Scordino, la vendita sarebbe stata effettuata quindi, almeno in un caso, in evidente conflitto di interessi, perché uno degli acquirenti era il già direttore del Fondo pensioni – che ricopriva tale carica quando è stata attuata l’operazione di vendita – e, soprattutto, che in alcuni casi la vendita con rateizzazione a quarant’anni, al tasso fisso del 2 per cento, veniva operata, senza garanzie, anche agli inquilini aventi un’età tra i settanta e gli ottant’anni, anche senza aver previamente accertato che avessero eredi che potessero obbligarsi solidalmente. Si tratterebbe quindi di vicende che hanno generato notevole danno alla SIAE, tanto da essere rappresentate in un atto di citazione per responsabilità avviato nei confronti del già direttore del Fondo pensioni, dei presidenti dei precedenti consigli di amministrazione del Fondo pensioni e dei collegi dei revisori che si sono succeduti nel tempo. Lo 62 del 2007 sarebbe stato strumento poi previsto dal decreto ministeriale n. utilizzato per regolarizzare i Fondi pensione, cioè la costituzione di un Fondo immobiliare; una modalità, a giudizio dei responsabili della decisione, non autonoma della gestione commissariale attuale, ma utilizzata da tutti i fondi pensioni più importanti e recentemente ripresa anche da una legge dello Stato relativa alla gestione del patrimonio pubblico. La modalità è stata applicata quindi anche alla SIAE, con la finalità di produrre, attraverso la costituzione del Fondo immobiliare, plusvalenze – quantificate e quantificabili, a completamento dell’operazione, in circa 78 milioni di euro complessivi – che dovrebbero servire ad ammortizzare o neutralizzare il costo che la regolarizzazione del Fondo pensioni ha sul bilancio della SIAE. Inoltre, le plusvalenze realizzate consentirebbero a giudizio della attuale gestione commissariale ulteriori investimenti per la SIAE, per realizzare un equilibrio strutturale non solo negli anni 2011 e 2012, ma anche negli esercizi futuri.
I bilanci attuariali 2009, 2008 e 2007 del Fondo pensioni, sarebbero   risultati invece in equilibrio, essenzialmente per due ragioni. Innanzitutto, come si è detto, perché nel bilancio venivano riportati rendimenti teorici e non effettivi del patrimonio. Nel fare la previsione di quanto il patrimonio disponibile a una certa data avrebbe reso e quanto, quindi, si poteva fronteggiare con quel patrimonio in termini di pagamento di pensioni, il Fondo pensioni avrebbe utilizzato rendimenti del 4 per cento, laddove invece, nella realtà concreta e quotidiana, i rendimenti del patrimonio erano dello 0,8 per cento, ma forse, in alcuni anni e in alcuni periodi, erano del tutto negativi. Questa rilevazione sarebbe stata fatta anche dalla gestione commissariale, ma sulla base dei rilievi che, nel 2007 prima, e poi fino al 2010, sono stati effettuati dalla Covip al Fondo pensioni, al quale sarebbe stato chiesto di variare il tipo di rendimento da considerare a base del calcolo attuariale e di riconsiderare il valore del patrimonio del Fondo pensioni.
Sul medesimo   tema, il sub-commissario Scordino, nel corso della già citata audizione del 15 febbraio 2012, ha affermato che lo statuto prevedeva all’articolo 60 la garanzia del pagamento delle pensioni da parte della SIAE, solidalmente obbligata con il Fondo pensioni per il pagamento delle stesse. In ragione di questa previsione, SIAE si è vista costretta a sostenere costantemente il Fondo pensioni sul piano finanziario, essendo privo delle risorse necessarie per il pagamento delle pensioni. Nel corso degli anni, ovvero dalla costituzione del Fondo pensioni ad oggi, la SIAE avrebbe quindi versato a quest’ultimo – non solo per il pagamento delle pensioni, ma anche per sopperire alle perdite che il Fondo aggiungeva – somme pari a 238 milioni di euro a valori attuali. Per effetto poi della garanzia nei confronti del Fondo pensioni – ovvero il predetto articolo 60 dello statuto –, secondo le stime effettuate dallo stesso Fondo, la SIAE era tenuta per il futuro a versare al Fondo altri 194 milioni di euro. Una cifra enorme, con una criticità rilevante per la società, al punto tale che, visionando i bilanci di SIAE anche nel passato, la vicenda del Fondo si configurava come una delle voci maggiormente incidenti, accanto a quelle del personale, dei mandatari e di altre inefficienze gestionali.
È emerso peraltro nel corso delle   audizioni che la Allianz RAS abbia gestito il Fondo pensioni della SIAE senza aver partecipato ad alcuna gara, ma all’esito di una procedura di licitazione privata e con un premio assicurativo dato in anticipo di 86 milioni di euro. A tale proposito, il sub-commissario Scordino, più volte sollecitato in tal senso dai deputati intervenuti nel corso dell’audizione, ha sostenuto che tra le compagnie assicurative, paradossalmente, non è stata scelta la soluzione più conveniente da un punto di vista strettamente economico: evidenziando, infatti, l’assenza di un obbligo di procedere attraverso una gara, pur nel perseguimento dell’interesse della società nella gestione del patrimonio della stessa, ha precisato che in quel momento storico è stata responsabilmente compiuta dalla gestione commissariale la scelta di rivolgersi ad una compagnia che, alla luce della documentazione a disposizione, sembrava che potesse fornire le maggiori garanzie. Ha, peraltro, segnalato che, alla data del suo intervento in Commissione, non era stato sottoscritto alcun contratto, essendo l’operazione avviata ancora in corso di esecuzione: «la compagnia dovrà operare non sostituendosi al Fondo pensioni, ma aggiungendosi ad esso e alla garanzia di SIAE. La nostra idea non è sostituire il Fondo pensioni con la compagnia assicurativa, assegnando i singoli pensionati alla compagnia assicurativa, anche perché in quel caso avremmo avuto bisogno dei singoli consensi dei pensionati stessi».
Sul medesimo tema, nel corso della sua audizione del 22 febbraio,   il direttore generale Blandini, ha precisato che al momento della sua entrata in servizio quale direttore generale, avvenuta il 15 dicembre 2009, in consiglio di amministrazione si è discusso del bilancio SIAE e soprattutto del bilancio di previsione 2010. Essendosi appena insediato, poteva avere cognizione del bilancio di previsione SIAE del 2010 e non di quello del Fondo pensioni, che è una persona giuridica privata e autonoma rispetto all’ente SIAE. Ha poi aggiunto che nel consiglio di amministrazione del Fondo pensioni ci sono tre consiglieri d’amministrazione, tra cui il presidente, designato dalla SIAE, e tre consiglieri di amministrazione, che sono invece eletti dagli iscritti al Fondo pensione. Questi ultimi si dividono in due categorie: quella più importante è composta da circa 570 persone che sono già pensionate, mentre l’altra comprende i cosiddetti iscritti attivi, che sono ancora in servizio, nel numero di 75 persone. Ha infatti sostenuto: «Nel corso di quei mesi mi sono reso conto di non essere convinto dell’equilibrio del bilancio tecnico attuariale del Fondo pensioni. Ritenevo, dopo averlo visto, una volta entrato in carica, che si basasse su valutazioni e assunzioni non realistiche e non ragionevoli, in particolare due. La prima era afferente alla rendita di quel patrimonio, in quanto l’assunzione per tenere in equilibrio il bilancio attuariale, ossia il bilancio di previsione del fondo, sosteneva che il rendimento del patrimonio immobiliare fosse del 4 per cento l’anno. L’analisi degli ultimi dieci anni del bilancio del fondo dimostra per tabulas che questo rendimento, quando ha raggiunto le punte massime, era dello 0,73 per cento. In alcuni casi, in particolare nell’anno 2010, tale bilancio è stato negativo addirittura dell’1 per cento, perché gli incassi per fitti attivi ammontavano a 2 milioni 200 mila euro e le spese per la manutenzione e per la gestione del patrimonio erano di 3 milioni 200 mila euro». Il direttore generale Blandini, in proposito, ha ricordato che quell’anno, in particolare, per manutenzioni straordinarie si è registrato un dato pari a meno 1 per cento, ma che anche negli anni precedenti il livello era pari a zero, o, al massimo dello 0,73 per cento. L’assunzione che faceva tenere in equilibrio il bilancio, quindi, sembrava essere, a suo avviso, nello storico degli ultimi dieci anni, non ragionevole, perché rendeva al massimo lo 0,73 per cento negli ultimi dieci anni, mentre si basava su una presunzione di rendita del 4 per cento. Ha poi aggiunto che il secondo elemento «sospetto» riguardava la valutazione del patrimonio immobiliare, che ammontava a 103 milioni di euro. Il suo sospetto nasceva dal fatto che la perizia sulla quale si basava l’equilibrio attuariale fosse stata svolta da un geometra, il quale, a suo avviso, era privo del fondamentale requisito fondamentale della terzietà, essendo a sua volta conduttore di un immobile del Fondo pensioni. Ha poi aggiunto che tale elemento è emerso solo dalla lettura delle carte successiva all’ispezione della Covip, l’Autorità di vigilanza sui fondi pensioni, che nel 2007 aveva già sottolineato come le perizie fossero state svolte da soggetti la cui professionalità e qualificazione non era comprovata, come invece richiesto dalla normativa. Ulteriore elemento «sospetto» era costituito dal fatto che la valutazione fosse stata effettuata «a patrimonio libero»: la valutazione del patrimonio immobiliare pari a 103 milioni di euro, infatti, sarebbe stata corretta se gli immobili fossero stati liberi, mentre in realtà erano occupati. A tale proposito, ha quindi ricordato che tutte le valutazioni effettuate anche successivamente convenuto sul fatto che il valore del patrimonio si attestasse intorno a 82 milioni di euro. Questi due numeri non avrebbero tenuto in equilibrio il bilancio. Tuttavia – sempre secondo il direttore generale della SIAE – è stato chiesto al consiglio di amministrazione di poter operare una verifica tecnica, ossia un audit. Fu chiesto formalmente al consiglio d’amministrazione per verificare se i pareri legali, i pareri fiscali, ma soprattutto la perizia fossero da considerare attendibili. Da questo punto di vista, il presidente del collegio dei revisori dei conti, che era ed è ancora uno dei revisori del Fondo pensioni, riferì che tale verifica da parte del direttore generale non era necessaria, perché il fondo era in equilibrio, era un soggetto autonomo. A parere del direttore generale Blandini, non solo il progetto di dismissione in atto si dimostrerebbe quindi assolutamente antieconomico rispetto ad altre ipotesi, ma soprattutto la società nel corso dei mesi «ha modificato via via le giustificazioni al proprio operato, lasciando così il dubbio su quali fossero le vere ragioni delle dismissioni».
Un’affermazione dei vertici della SIAE considerata   discutibile da talune organizzazioni sindacali intervenute nel corso dell’indagine, è stata quella secondo la quale, fino ad oggi, la SIAE, per ripianare lo squilibrio economico-finanziario del Fondo pensioni, avrebbe versato a fondo perduto la somma di euro 130 milioni, che, rivalutati, ammonterebbero a circa 236 milioni. Invero, ad avviso delle organizzazioni sindacali audite, dalla semplice somma algebrica dei contributi erogati dalla SIAE in base alle previsioni dell’articolo 60 dello statuto, si può facilmente verificare che tale importo ammonta a 76 milioni di euro, somma ben inferiore a quella di 130 milioni di euro, ossia quella dichiarata. A tale proposito, la dottoressa Anna Avallone, già vicepresidente del Fondo pensioni della SIAE e coordinatrice nazionale dei pensionati e pensionandi SIAE, nel corso dell’audizione del 5 marzo ha espresso le preoccupazioni degli iscritti circa le modalità di utilizzo del patrimonio, criticando sia il completo annullamento da parte della SIAE dell’autonomia del Fondo pensioni, e l’assoluta mancanza non solo di coinvolgimento decisionale, ma anche di informativa, trasparenza e pubblicità nei confronti nostri e degli iscritti. Ricostruendo la natura del Fondo pensioni, ha quindi affermato che il Fondo pensioni è un organismo a sé, ha una sua personalità giuridica (riconosciuta dal decreto del Presidente della 1532 del 15 novembre 1955), oltre che uno statuto e propri organi Repubblica n. sociali. Il fondo è stato istituito nel 1951 e chiuso nel 1978, per espressa volontà della SIAE, al fine di non affrontarne i costi futuri. Lo statuto deriva da una precedente normativa e ha quindi caratteristiche non in linea con quella attuale, che sbilanciano il potere decisionale a favore della SIAE. Precisamente, il consiglio di amministrazione è composto da sei membri, tre dei quali di nomina SIAE e altri tre elettivi. Il presidente è obbligatoriamente eletto tra quelli di nomina SIAE e gode del doppio voto. Inoltre, tra gli organi del fondo non è prevista l’assemblea degli iscritti. Queste previsioni, combinate tra loro, sbilanciano il criterio di pariteticità a favore della SIAE. La gestione di tutte le risorse, sia umane sia logistiche, spetta per statuto alla SIAE e gli oneri sono a suo carico. Quanto detto, a parere della dottoressa Avallone, evidenzierebbe come la SIAE abbia da sempre avuto il controllo diretto della gestione del fondo e mai nessuna deliberazione sia stata presa dal fondo all’insaputa della SIAE o in contrasto con essa; inoltre, nel marzo del 2011 il direttore generale ha assunto ad interim la direzione del Fondo pensioni, creando così, a suo avviso, una sovrapposizione di ruoli in conflitto. Tale aspetto, pertanto, avrebbe determinato, di fatto, un commissariamento del fondo da parte della SIAE, anziché ad opera della Covip, ossia l’ente che sarebbe stato legittimato a farlo. La dottoressa Avallone ha quindi aggiunto al proposito che «tutte le operazioni relative al nuovo piano di riorganizzazione del Fondo pensioni – studio, contatti, scelta dei soggetti, accordi con terzi, predisposizione degli atti – sono state decise e poste in essere in completa segretezza dalla SIAE, che ha presentato il pacchetto confezionato sul tavolo del consiglio di amministrazione del Fondo pensioni per la sola approvazione».
Anche il già presidente della SIAE, Giorgio   Assumma, intervenendo nel corso dell’audizione del 31 maggio in relazione alla vicenda del Fondo pensioni, ha ribadito la natura autonoma e distinta del Fondo pensioni dalla SIAE: l’autonomia piena e marcata, avendo il fondo una propria personalità ed un proprio patrimonio – sul quale la SIAE non può esercitare alcun potere di godimento e di disponibilità – oltre che una facoltà di gestione, anche relativamente all’impiego dei singoli immobili, caratterizzata da assoluta discrezionalità, non suscettibile di intromissione da parte della SIAE. La SIAE, nei confronti del fondo, è quindi un soggetto terzo, che presta una garanzia sussidiaria a favore dei creditori del trattamento pensionistico solo nel caso in cui il fondo debitore principale non sia in grado, con le proprie forze, di adempiere agli obblighi nei confronti dei pensionati. Questa indipendenza, tuttavia, non comporta «indifferenza» della SIAE nei confronti di gestioni del Fondo non corrette o comunque pregiudizievoli, in quanto essa è chiamata a svolgere una funzione di osservazione, espletata mediante l’inserimento, nell’ambito del consiglio di amministrazione del fondo di previdenza, di tre dipendenti della SIAE o di soggetti eletti dalla SIAE e, all’interno del collegio dei revisori, di due dipendenti o professionisti selezionati.
Il dottor Masi, già commissario straordinario della SIAE,   intervenendo nel corso dell’audizione del 7 giugno in merito alla gestione del Fondo pensioni, ha ribadito d’altra parte la sussistenza di una serie di problematiche di difficile soluzione in merito: «Io tentai sinceramente di chiuderlo, ma non potei farlo perché la Covip, all’epoca ente vigilante sui fondi pensione, sollevò un problema connesso al fatto che fosse ente pubblico e, avendo allungato i tempi, ci limitammo a una riforma. Il fondo pensione costruito in quel modo, probabilmente, era destinato a creare comunque problemi di bilancio perché è strutturalmente in perdita. Credo che la SIAE debba compensare mediamente 5-6 milioni di euro all’anno di bilancio».
Nel corso   dell’audizione del ministro Ornaghi, l’onorevole Colucci ha chiesto quindi di conoscere con precisione, da un lato, l’ammontare del premio assicurativo per garantire le prestazioni pensionistiche e, dall’altro, l’ammontare del debito del Fondo per erogare le prestazioni ai pensionati attuali e futuri, in quanto la gestione commissariale e il direttore generale, a cui dette richieste sono state rivolte dalla Commissione, non hanno dato risposte adeguate. Tale circostanza, di per sé offensiva nei confronti delle Istituzioni, legittimerebbe d’altro canto l’allontanamento dalle funzioni e dai ruoli attualmente ricoperti da commissario, sub-commissari e direttore generale. A tal proposito, l’onorevole Colucci ha considerato necessario, al fine di far valere le connesse responsabilità gestionali, coinvolgere formalmente l’Agenzia delle entrate, prima committente pubblica della SIAE, affinché verifichi la sussistenza dì una fattispecie di abuso del diritto con relativa elusione fiscale da parte dell’Ente Pubblico SIAE in operazioni che appaiono poste in essere senza una valida ragione economica, in quanto nulla avrebbero a che vedere con il core business e l’attività d’impresa dell’Ente. Con riferimento, d’altra parte, al deficit del Fondo pensioni, l’onorevole Colucci ha ritenuto singolare che il direttore generale non si sia accorto né del presunto «buco» del Fondo pensioni né dell’asserita mala gestio da parte degli amministratori e revisori del Fondo, pur avendo affrontato la problematica fin dal suo insediamento insieme al Consiglio di amministrazione della SIAE. In proposito, ha altresì ricordato che il bilancio SIAE 2009, che teneva conto di una situazione di equilibrio del Fondo Pensioni, è stato predisposto nel giugno 2010 dal Direttore generale Blandini, allora già in carica da circa sette mesi, il quale pertanto aveva pienamente condiviso la legittimità delle operazioni poste in essere dal Fondo, contrariamente a quanto dichiarato dallo stesso direttore generale nell’audizione del 22 febbraio 2012. A suo avviso, quindi, nel 2010, nell’espletamento delle sue funzioni, il direttore generale Blandini avrebbe dovuto conoscere e controllare il bilancio del Fondo e, se del caso, denunciarne le presunte irregolarità prima di presentare il bilancio SIAE 2009 al Consiglio di Amministrazione. Sull’argomento, il Ministro Ornaghi ha sostenuto, nel corso dell’audizione del 4 luglio, che la gestione commissariale ha consentito di raggiungere obiettivi di risparmio e di efficienza, avviando la liquidazione immobiliare del fondo, optando per una soluzione volta a dilazionare nel tempo le alienazioni, allo scopo di massimizzare i profitti. Nel contempo, essendovi tra i mandati del decreto di commissariamento anche il compito di fare efficienza, la gestione commissariale ha proposto una forma di gestione più dinamica dello stesso patrimonio immobiliare della SIAE. Ha dunque segnalato che il Ministero per i beni e le attività culturali, allo stato, come amministrazione vigilante, nonostante le critiche e le polemiche genera tale operazione, non ha rilevato elementi di criticità tali da inficiarne la validità. Vi sono, peraltro, ancora profili che meritano di essere meglio chiariti e, proprio a tal fine, il Ministero da lui diretto ha provveduto a richiedere ulteriori elementi conoscitivi e di giudizio, soprattutto relativi alla sostenibilità economico-finanziaria nel medio periodo di un tale complesso procedimento. «Ciononostante, non mi sembra che esso possa essere rifiutato a priori, ferma restando la sostanziale autonomia, che pure va rispettata, delle scelte strategiche riservate a questo ente privato e pubblico».

Il patrimonio della SIAE, in particolare quello immobiliare. 5.2.
Nel corso dell’indagine è emerso quindi che il 28 dicembre 2011 è stata   disposta la cessione con atto notarile dei palazzi del Fondo Pensioni della SIAE al «Fondo Aida»: sei immobili situati a Roma, il cui prezzo è stato fissato in ottanta milioni di euro, mentre nel bilancio del 2010 era stato valutato un prezzo di 103 milioni di euro; gli immobili della SIAE, inoltre, sono stati ceduti al «Fondo Norma» ad un prezzo concordato di 180 milioni di euro. Il valore dei palazzi, tuttavia, era stato stimato in 360 milioni di euro. Da ciò sarebbe quindi risultato che i palazzi della SIAE, pur essendo complessivamente stimati in 463 milioni di euro, avrebbero permesso di ricavare introiti per un complessivo ammontare di 260 milioni di euro. È emerso, altresì, che la società incaricata per la vendita fosse la «Sorgente Group», società di diritto italiano al vertice di un gruppo che opera nel settore della finanza immobiliare con quattro società di gestione del risparmio e con venticinque società immobiliari.
A tale riguardo, numerose sono state le criticità evidenziate, essendo   stato a più riprese richiesto dai deputati intervenuti quali fossero i motivi per i quali l’incarico di vendita degli immobili sia stato affidato alla «Sorgente Group» ad un prezzo inferiore del suo valore effettivo e quali fossero i motivi per i quali gli immobili risultano essere confluiti nei fondi «Aida» e «Norma». Il sottosegretario Peluffo ha, in proposito, osservato che non è risultata da alcuna documentazione o analisi prodotta dalla gestione commissariale che la complessa operazione di costituzione di fondi immobiliari e di stipula di apposite polizze assicurative con compagnie private risultasse più conveniente rispetto alla possibilità di procedere alla dismissione del patrimonio immobiliare del Fondo pensioni. Tuttavia, ha segnalato al riguardo che l’impegno del Fondo immobiliare costituito dalla SIAE (Fondo Norma) ad acquistare le quote del Fondo Aida ha determinato, di fatto, l’assunzione, da parte della SIAE dell’alea, nell’an e nel quantum, della gestione e della vendita del patrimonio immobiliare del Fondo pensioni. In questo senso, l’intera operazione potrebbe sottoporre la SIAE a taluni profili di rischio di natura finanziaria legati alla gestione e vendita del patrimonio immobiliare del Fondo ed alla capacità di restituzione del finanziamento bancario ottenuto per acquistare le quote del fondo immobiliare Aida. Al momento, pertanto, permarebbe una sostanziale condizione di incertezza sia riguardo al costo generale per la SIAE dell’intera operazione di riorganizzazione immobiliare, sia riguardo ai potenziali riflessi dell’intera operazione sui prossimi bilanci dell’ente e sulle garanzie al percepimento delle prestazioni da parte degli iscritti al Fondo pensioni.
Nella medesima audizione, il sub-commissario Scordino ha   quindi aggiunto che il Fondo pensioni operava violando il proprio statuto, giacché l’articolo 44 prevedeva che il Fondo non dovesse avere – come di fatto accadeva – il proprio patrimonio integralmente investito in immobili, quindi in un’attività che, per quanto possa essere di valore, era comunque non liquida. L’articolo 44 fissava infatti un limite di sei decimi come massimo di 62 del investimenti in immobili; si violava altresì il decreto ministeriale n. 2007 che, a valle della riforma sui sistemi previdenziali complementari, 252 del 2005, imponeva ai Fondi pensioni prevista dal decreto legislativo n. anche preesistenti un limite massimo di investimenti in immobili del 20 per cento. Oltre al fatto che il patrimonio del Fondo pensioni fosse integralmente investito in immobili e fosse quindi illiquido, esso dava un rendimento negativo, a causa degli affitti che il Fondo concordava con i propri inquilini: dal bilancio del 2010 del Fondo pensioni emergerebbe infatti che i proventi degli affitti ammontavano a 2,3 milioni di euro circa, mentre le spese complessive del Fondo pensioni erano pari a 3,2 milioni di euro, con una gestione negativa e, di conseguenza, un rendimento negativo del patrimonio. Sulla base delle richieste fatte anche da Covip, lo stesso Fondo pensioni, nel 2010, avrebbe quindi proceduto alla rivalutazione dei propri beni, rettificando il valore a 82 milioni di euro, per abbattere il valore dell’immobile in quanto occupato: «Non è una valutazione che abbiamo fatto: è una valutazione che abbiamo trovato e assoggettato a controllo con autonome valutazioni fatte da Richard Ellis, che è la prima società al mondo in termini di valutazioni, avendo 30.000 dipendenti e moltissime sedi nel mondo», ha riferito sul punto il sub-commissario Scordino, rilevando altresì che oggi il valore degli immobili del Fondo pensioni, come apportati al fondo immobiliare Aida, sarebbe di 81,8 milioni di euro complessivi. Dall’indagine è emerso altresì che il valore complessivo a bilancio degli immobili riconducibili al patrimonio SIAE sarebbe pari a 107 milioni; 205 milioni di euro, invece, sarebbe il valore periziato ai fini dell’apporto. In realtà, una piccola parte di quel patrimonio non sarebbe apportato per ragioni di tipo diverso e la plusvalenza che si realizzerà nel complesso dell’operazione ammonterebbe a 78 milioni di euro. Non ci sarebbero altri possibili valori ovvero documenti, né alcuna valutazione di tipo soggettivo fatta da alcuno, che abbia mai dato valori di tipo diverso. Gli immobili del Fondo pensioni e gli immobili della SIAE inoltre non sarebbero stati venduti, ma apportati a due fondi, gestiti per conto del Fondo pensioni e della SIAE, in modo efficiente, consentendo così la realizzazione delle plusvalenze da porre al servizio della copertura delle perdite del Fondo pensioni. È emerso quindi che i due fondi indicati, resterebbero nella titolarità della SIAE e del Fondo pensioni, senza che vi sia stata ad oggi alcuna dismissione del patrimonio. È stato peraltro riconosciuto nel corso dell’indagine che il patrimonio proveniente dal Fondo pensioni dovrà essere messo sul mercato, senza però avere la fretta di doverlo vendere entro maggio 2012 e senza operare vendite con rateizzazione a quaranta anni. Laddove possibile, si darà la preferenza agli inquilini, perché, come affermato dal sub-commissario Scordino, sembra una richiesta importante, che la stessa gestione commissariale ha avanzato alla Sgr che dovrà gestire i fondi, inserendola nel Regolamento che disciplinerà il Fondo.
Ad avviso di alcuni   rappresentanti di organizzazioni sindacali intervenuti nel corso dell’indagine conoscitiva, peraltro, alcune dichiarazioni degli attuali direttore generale e sub-commissari, in particolare dell’avvocato Scordino, rilasciate non solo nel corso delle audizioni tenute presso la Commissione, non sono risultate rispondenti alla situazione reale, suscitando, quindi, forti perplessità. Di fronte alla contestazione degli organi della SIAE secondo la quale il patrimonio non era stato venduto, ma apportato a due fondi immobiliari, Norma e Aida, di cui la SIAE e il Fondo pensioni detengono interamente le quote, si è rilevato infatti che, in realtà, il patrimonio immobiliare apportato ai due fondi non è più di proprietà della SIAE, ma del Fondo pensioni. È emerso nel corso dell’indagine che basterebbe, a tal fine, una semplice visura catastale a dimostrare che la proprietà degli immobili è di Sorgente group, la società di gestione del risparmio che ha creato i due fondi immobiliari chiusi. Numerosi rappresentanti di organizzazioni sindacali, nel corso delle audizioni, hanno inoltre sollevato criticità in ordine alle affermazioni degli organi della gestione commissariale sulla dismissione del patrimonio del Fondo pensioni, lamentando soprattutto la mancanza di un effettivo coinvolgimento decisionale. Ad avviso di tali organizzazioni sindacali, infatti, l’articolo 44 dello statuto elenca specificamente le possibili modalità di investimento delle riserve tecniche del Fondo pensioni e tra queste non è indicato l’utilizzo dei fondi immobiliari. L’apporto di tutto il patrimonio del Fondo pensioni a un fondo di tipo chiuso come quello creato violerebbe in modo altrettanto evidente l’attuale norma statutaria. Quanto, poi, all’argomento portato a sostegno del proprio operato dalla gestione commissariale attuale, consistente nella cosiddetta «falsità» dei bilanci attuariali negli anni precedenti al 2010, le medesime organizzazioni sindacali hanno ritenuto che il rendimento della gestione del patrimonio immobiliare – ovvero la differenza tra i ricavi ottenuti dalla locazione degli immobili e dalle spese di manutenzione degli stessi, effettivamente attestato intorno all’1 per cento annuo – fosse tutt’altra cosa rispetto alla rivalutazione degli immobili nel corso del tempo, dovuta all’incremento del loro valore di mercato. Il rendimento effettivo degli immobili, ad avviso delle medesime organizzazioni sindacali, sarebbe rappresentato infatti dalla somma del risultato di gestione e della rivalutazione degli stessi immobili nel tempo.
Tali affermazioni sono   state oggetto di attenzione anche da parte del già direttore generale della SIAE, Domenico Caridi che, intervenuto nel corso dell’audizione del 9 maggio, ha sostenuto che i bilanci della SIAE sono redatti dalla struttura, passano al vaglio del collegio dei revisori e di una società di revisione e vengono proposti dal consiglio di amministrazione all’assemblea, che li approva; vengono, poi, inviati agli organismi di vigilanza, che svolgono la loro attività di alta vigilanza e provvedono ad approvarli. «Se tutti questi soggetti coinvolti nell’approvazione del bilancio SIAE devono essere chiamati a rispondere di falsità o per aver truccato i bilanci, starà a voi accertarlo o approfondirlo» ha dichiarato il dotto Caridi. «Per quanto mi riguarda, posso assicurare che le procedure di redazione, formazione e approvazione del bilancio sono state sempre le più trasparenti e corrette e sono state sempre condotte con grandissima attenzione». Dal canto suo, il dottor Caridi ha assicurato che tutti gli adempimenti sono stati valutati dal collegio dei revisori e dalla società di revisione e che le situazioni di criticità sono state sempre, con grandissima trasparenza, segnalate agli organi amministrativi e decisionali, ossia il consiglio di amministrazione e l’assemblea. La SIAE sarebbe sempre stata una «casa di vetro», non avendo mai «nascosto» nulla e non potendo farlo, essendo gli associati parte attiva della vita dell’ente. Il dottor Caridi ha quindi ricordato, altresì, che a tal fine era stato istituito, su iniziativa del presidente, un organismo non previsto né dallo statuto né dal regolamento, ossia un osservatorio dell’assemblea degli associati sui lavori del consiglio di amministrazione della SIAE, a cui erano riferite costantemente le problematiche e le decisioni assunte dal consiglio di amministrazione dell’ente.
In merito al trasferimento della proprietà   degli immobili, in data 28 dicembre 2012, al fondo immobiliare AIDA, la già ricordata dottoressa Avallone ha aggiunto che le modalità utilizzate hanno 252 del espressamente contravvenuto a quanto previsto dal decreto legislativo n. 5 dicembre 2005, in ordine alla necessità di partecipazione, di trasparenza e di pubblicità di tutti gli atti adottati. Nel corso del suo intervento, infatti, la dottoressa Avallone ha stigmatizzato la mancanza di coinvolgimento e di meccanismi di concertazione anche con riferimento allo studio di ipotesi alternative al contenuto della delibera citata, nonostante le promesse, non mantenute, relative alla costituzione di tavoli tecnici che potessero assicurare un canale diretto di informazione. Anche l’avvocato Assumma ha aggiunto alcune considerazioni in ordine alle numerose problematiche emerse durante la vigenza del suo incarico, la prima delle quali era costituita dalla bassa redditività dei rapporti di locazione degli immobili, che costituivano un patrimonio solidissimo. «Noi non potemmo intervenire, ma semplicemente raccomandare, via via che le locazioni venivano a scadere, di rinnovarle con gli stessi locatari o con nuovi inquilini a canoni ben maggiori, a canoni di mercato». Altro problema era quello relativo alle spese di ristrutturazione e di manutenzione, che effettivamente erano esorbitanti: in proposito, l’avvocato Assumma ha ricordato che «Noi potemmo solo raccomandare che queste spese fossero contenute al massimo, ma anche disposte secondo trattative limpide, trasparenti ed economiche». Richiamando, poi, il decreto 10 maggio 2007, 62 e le raccomandazioni successive elaborate dalla Commissione di vigilanza n. sui fondi pensione (Covip), ha ricordato come questi abbiano imposto a tutte le casse e ai fondi pensionistici di dismettere gli immobili fino all’80 per cento della loro entità entro il termine di maggio 2012. Il Fondo, quindi, si sarebbe trovato nella necessità di vendere gli immobili o di trovare soluzioni che lo liberassero della titolarità dell’80 per cento del suo patrimonio immobiliare; se l’operazione fosse stata già effettuata, la liquidità disponibile sarebbe stata molto più consistente. Circostanza questa ribadita poi, nel corso dell’audizione del 31 maggio, anche dal già direttore generale della SIAE Caridi, il quale ha evidenziato che la necessità di vendere gli immobili è stata segnalata, oltre che come scelta strategica del consiglio d’amministrazione della SIAE, anche dal collegio dei revisori in base a quanto previsto dall’articolo 60 dello statuto del fondo, laddove si prevede che la misura annua dell’intervento finanziario della SIAE è determinata tenendo conto, tra l’altro, delle disponibilità liquide del fondo per contributi, redditi e ricavi derivanti dalla graduale realizzazione delle riserve tecniche, cioè gli immobili. Il dottor Caridi ha dunque evidenziato che il consiglio d’amministrazione del fondo deliberò di procedere alla realizzazione delle riserve tecniche addirittura agli inizi del 2009, e che la SIAE aderì favorevolmente a tale delibera, che consentiva di dare finalmente soluzione all’oneroso contributo disposto a fondo perduto. Ha quindi ricordato che, una volta scartata l’ipotesi, pur ventilata, di vendere alla SIAE gli immobili, ci si orientò verso l’ipotesi di una vendita graduale, che fu poi deliberata nel presupposto di un bilancio tecnico attuariale in equilibrio tra patrimonio del fondo e prestazioni prospettiche da erogare, che era stato redatto da un illustre professionista, il professor Cacciafesta, noto docente universitario di scienze attuariali e matematica finanziaria.
Lo stesso dottor Masi nel corso della sua audizione ha quindi   ricordato che durante la sua gestione solo un immobile fu venduto in via straordinaria all’università di Roma, con un intervento d’urgenza dovuto a problemi di cassa e di necessità immediata di liquidità. Da tale operazione derivò una situazione di «galleggiamento efficace» della società, con riferimento sia al suo assetto istituzionale, alla gestione ed alla governance. Anche il dottor Angelo Della Valle, già direttore generale della SIAE, intervenuto nel corso dell’audizione del 20 giugno, ha svolto sul tema qualche breve considerazione, sostenendo che la chiusura a esaurimento del fondo pensioni ha costituito un’operazione di risparmio della SIAE, in quanto il consistente patrimonio immobiliare del fondo sarebbe stato destinato a confluire nella SIAE stessa, che, a sua volta, avrebbe garantito la copertura delle prestazioni pensionistiche. Si è quindi deciso di dismettere il patrimonio immobiliare della SIAE, per ridurre l’onere sulla stessa gravante nella gestione annuale. Di fatto, però, l’operazione di dismissione non ha avuto luogo durante la sua gestione, a causa di una molteplicità di problematiche.
Numerose   sono state, d’altra parte con riferimento alla vicenda del Fondo pensioni e alla gestione del patrimonio immobiliare della SIAE, le criticità sollevate dai commissari nel corso delle audizioni. In particolare, l’onorevole Colucci, intervenuto durante l’audizione del 4 luglio, ha svolto incisive considerazioni riguardo all’alienazione degli immobili del Fondo pensioni della SIAE e all’alienazione degli immobili della SIAE. In particolare, ha osservato che la problematica della necessità di vendere gli immobili per fronteggiare le esigenze di liquidità del Fondo Pensioni e per contenere gli investimenti immobiliari entro il limite del 20 per cento del patrimonio immobiliare entro il 62 del 2007), 2012, termine peraltro soggetto a proroga (decreto ministeriale n. riguardava esclusivamente il patrimonio del Fondo Pensioni e non gli immobili dì proprietà della SIAE. Non vi era, quindi, a suo avviso, alcuna ragione di dismettere in maniera repentina e pressoché clandestina anche gli immobili appartenenti ad un ente pubblico, tale essendo ancora la SIAE pur dopo 2 del 2008, attraverso il loro trasferimento a fondi immobiliari la legge n. appositamente costituiti. Tanto più che nel Piano Strategico 2011-2013, predisposto dal direttore generale Blandini, e fatto proprio dalla gestione commissariale, non vi sarebbe traccia di un simile programma dì alienazione del patrimonio immobiliare del Fondo Pensioni né tanto meno di quello della SIAE. L’onorevole Colucci ha quindi chiesto perché sia stata posta in essere, al di fuori di qualsiasi pubblicità e con aperta violazione dei Regolamenti interni e del Codice etico dell’Ente, un’operazione di tale rilevanza e complessità che ha comportato l’alienazione degli immobili della SIAE anziché adottare la linea diretta e trasparente di vendita dei soli immobili del Fondo Pensioni, senza coinvolgere il patrimonio immobiliare della SIAE. L’operazione, a suo avviso, è apparsa nel complesso un complicato espediente per creare plusvalenze dal valore degli immobili della SIAE senza generare nuove opportunità di ricavi, sfruttando solo la ricchezza già esistente in SIAE (cioè il patrimonio immobiliare) e, lungi dal realizzare condizioni strutturali e prospettiche di equilibrio del bilancio SIAE, si limita a creare disponibilità una tantum che esauriscono i loro effetti nell’arco di uno o due esercizi, avvantaggiando nell’immediato principalmente i bilanci della gestione commissariale ma con poste solo straordinarie e naturalmente gli attuali associati «grandi» editori che potrebbero beneficiare della riduzione delle provvigioni non a seguito di nuove condizioni di crescita e di sviluppo della SIAE, ma solo sfruttando le operazioni sugli immobili della società che generano plusvalenze, impoverendo di fatto in prospettiva il patrimonio dell’Ente. L’onorevole Colucci, quindi, ha evidenziato come le plusvalenze realizzabili con l’alienazione degli immobili della SIAE costituiscono operazioni straordinarie, non più ripetibili sul patrimonio immobiliare della società, tali cioè da non potere essere annoverate tra i ricavi caratteristici dell’Ente, il cui core business è l’intermediazione nell’utilizzazione economica delle opere dell’ingegno e non certo la gestione immobiliare. Si tratterebbe di operazioni che non potranno garantire il risanamento economico della società sul piano strutturale perché di carattere eccezionale e non ricorrente, contrariamente a quanto affermato da direttore generale e sub-commissari nel corso delle loro audizioni.
L’onorevole Carra, intervenendo sulla situazione derivante dalla   dismissione del patrimonio immobiliare della SIAE ad opera degli organi della gestione commissariale, ha parlato d’altra parte di un «ircocervo malato», di «un’esattoria pubblico-privata con una preponderante attività immobiliare non priva di ombre». Anche l’onorevole Barbieri, intervenuto in molteplici occasioni sull’argomento, ha sollevato dubbi sulla legittimità delle operazioni immobiliari compiute, tra le quali ha ritenuto profilarsi ipotesi di marcati conflitti di interesse e di ingiustificati favoritismi. L’onorevole Zazzera poi, intervenuto a più riprese sulla questione, ha rilevato che, in riferimento all’operazione immobiliare, dalla lettura degli atti e dagli interventi risulta che la progressiva dismissione degli immobili fosse già prevista dalla SIAE. Ne conseguirebbe, quindi, la previsione anche della trasformazione del patrimonio immobiliare in un altro fondo di natura pensionistica. Ha quindi posto il dubbio sulla certezza che quel fondo immobiliare garantisca il fondo pensioni e se, ove il patrimonio immobiliare fosse ceduto, quel fondo pensioni avrebbe ancora copertura per chi ha versato i soldi, nutrendo personalmente forti dubbi, perché nel momento in cui gli immobili vengono ceduti, viene meno la garanzia per il fondo assicurativo senza che le persone interessate si ritrovino un domani il fondo pensioni. La richiesta dell’onorevole Zazzera al proposito è stata chiara: «Poiché credo che l’organo vigilante abbia anche una funzione, che è quella di lanciare un segnale ai cittadini – benché non si tratti né di un ordine né di una necessità –, vorrei sapere se il signor Ministro (per i beni e le attività culturali) ritiene ancora prorogabile che al vertice di un ente vigilato dal Ministero possa esserci un direttore generale sotto indagine per concorso in corruzione.» L’onorevole Giuseppe Scalera, anche in relazione alla gestione del patrimonio immobiliare, ha evidenziato i molteplici profili tematici sui quali la gestione commissariale non ha ancora fornito risposte adeguate. In primo luogo, ha affermato che il conferimento degli immobili del Fondo pensioni e della SIAE a fondi immobiliari è stato fatto con la partecipazione di soggetti privati scelti senza gara. A prescindere dal fatto che i commissari fossero tenuti o meno all’evidenza pubblica, non è stato mai spiegato, a suo avviso, quale sia stato il guadagno per la SIAE nel non attivare una procedura competitiva che avrebbe abbattuto i costi e migliorato le prestazioni. In secondo luogo, i compensi dei soggetti privati, tra provvigioni e altre voci, appaiono particolarmente elevati. La ragione per la quale si sia deciso di caricare la SIAE di oneri superiori alle medie di mercato sarebbe ad oggi ancora un mistero. In terzo luogo, nonostante la SIAE avesse richiesto ad eminenti docenti di economia attuariale studi che dimostrassero la sostenibilità prospettica del Fondo pensioni, non è stato dimostrato il contrario. Anzi, numerose audizioni svolte hanno evidenziato vicende relative ad affitti di favore per sostenere le ragioni del conferimento ai Fondi. Con riferimento, invece, all’argomento della legge che impone una soglia di investimenti immobiliari molto bassa, è stato sostenuto che sarebbe bastato conferire gli immobili alla SIAE che, secondo la relazione del professore Cacciafesta mai confutata, ne avrebbe tratto addirittura un guadagno. Non solo gli immobili del Fondo pensioni sarebbero stati attribuiti quindi ad un Fondo gestito da soggetti privati esterni, ma anche gli immobili della SIAE; non sarebbe mai stata prodotta quindi, nonostante sia stata più volte sollecitata, una relazione chiara ed esaustiva sui costi e sui benefici di questa seconda operazione. Anzi, dall’esame dei documenti esaminati emergerebbe un concreto appesantimento degli oneri a carico della SIAE di cui non si capisce la copertura. In entrambi i conferimenti, inoltre, sarebbero stati previsti consistenti, incredibili e immotivati indebitamenti che graveranno in modo consistente sui conti futuri della SIAE. Nel bilancio, preventivo 2012 della SIAE non vi sarebbe alcuna traccia di questi indebitamenti, né, naturalmente, dei costi e dei benefici dell’operazione Fondo Aida e Norma.
Nel corso dell’indagine è stata quindi   rappresentata l’esigenza di verificare se attraverso l’ente vigilante sia possibile ottenere un bilancio pluriennale che chiarisca la sostenibilità di una incomprensibile operazione che dagli elementi in possesso della Commissione, sembra, invece, avere seriamente compromesso il futuro economico dell’Ente. È stato quindi sottolineato come, il codice interno della SIAE abbia regole ben precise in quanto ha fornitori di beni e servizi: la scelta dei fornitori dovrebbe avvenire, infatti, mettendo chiunque abbia le caratteristiche necessarie in condizione di presentare la propria offerta, con almeno tre offerte diverse e in competizione. Osserva, in proposito, che non è, invece, stato fatto alcun avviso pubblico e che solo due erano gli aspiranti «gestori» tra i quali è stata operata una selezione che non ha nulla a che vedere con una gara aperta e competitiva.
Questioni quindi rilevanti alle quali si sono   aggiunti elementi di conoscenza acquisiti dalla VII Commissione anche circa il Fondo di solidarietà della SIAE.

6. Il Fondo di solidarietà della SIAE.
Il Fondo di solidarietà fu istituito nel 1949, con il nome di «Cassa di   previdenza dei soci SIAE», con finalità solidaristiche e fu indirizzato dapprima esclusivamente ai soci e, a partire dal 1992, alla generalità degli associati, al fine di compensare l’assoluta assenza di un sistema previdenziale a beneficio 97 del 1992 – degli autori. A seguito della sentenza del Consiglio di Stato n. secondo la quale la distinzione tra iscritti e soci operava una limitazione dello stato e dell’elettorato, attivo e passivo, dei primi –, lo statuto della SIAE è stato modificato ad opera dei decreti del Presidente della Repubblica 7 223 e, con specifico riguardo al Fondo 671 e 19 maggio 1995 n. novembre 1994 n. di solidarietà, è stato recepito il principio secondo il quale le prestazioni solidaristiche del Fondo dovessero essere rivolte non solo ai soci, ma anche agli iscritti ordinari. Ai sensi dell’articolo 20 del vigente statuto, la società esercita forme di solidarietà attraverso un autonomo fondo al quale gli associati ordinari contribuiscono nella misura del 4 per cento dei diritti d’autore ovvero del 2 per cento per gli editori, concessionari e produttori che non possano beneficiare delle prestazioni del Fondo; le attività solidaristiche a favore degli associati sono effettuate attraverso un Fondo costituito dalla società e dalla stessa gestito per conto degli associati, il cui funzionamento, nonché i criteri e le modalità di erogazione delle prestazioni sono disciplinati con apposito regolamento da trasmettere alla Autorità di vigilanza, ovvero costituendo per le suddette finalità una Fondazione con distinta personalità giuridica. Tale testo è stato adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell’11 dicembre 2008, che ha eliminato la distinzione tra soci e iscritti, riferendosi esclusivamente alla generale categoria degli «associati».
86 del commissario straordinario, adottata il 15 novembre La delibera n.   2011 ha modificato l’articolo 20 dello statuto della SIAE, relativo alle «Attività solidaristiche per gli Autori». Per effetto delle modifiche intervenute il nuovo Fondo di Solidarietà ha ora lo scopo esclusivo di «attuare forme di solidarietà sociale, di beneficenza, assistenza sociale e socio-sanitaria, a favore degli autori associati alla SIAE che si trovino in situazione svantaggiata in ragione dell’età, delle condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari». Tale delibera ha inoltre determinato la cessazione, a partire dal 1o gennaio 2012, delle tradizionali prestazioni a carico del Fondo di solidarietà, ossia la corresponsione dell’assegno di professionalità, nonché la relativa copertura assicurativa. Su questi temi, il dottor Blandini, nel corso dell’audizione del 22 febbraio, ha sostenuto che, a seguito dell’emanazione della delibera citata, il Fondo di solidarietà non è stato chiuso, ma modificato. Ha inoltre sottolineato che occorre «un intervento normativo (…) al fine di trovare una soluzione che sia veramente di natura previdenziale per gli autori, i quali rappresentano l’unica categoria che non ha una forma di previdenza, contrariamente a quanto avviene per i lavoratori dello spettacolo con l’ENPALS, che hanno la gestione separata (…)».
Tale decisione, che ha comportato   la conseguente cessazione dell’erogazione del cosiddetto «assegno di professionalità», è stata stigmatizzata nel corso dell’indagine conoscitiva da numerose organizzazioni sindacali, che ne hanno contestato il carattere autoritario, tale da intervenire su diritti acquisiti e insopprimibili, che costituivano l’unica modalità di sostentamento per una moltitudine di soci della SIAE, per un totale di 1.087 beneficiari e per un importo complessivo di circa 8,7 milioni di euro. Le nuove previsioni statutarie hanno specificato la reale portata delle «forme di solidarietà», che sono state quindi limitate alle «attività solidaristiche di beneficenza e assistenza sociale», ad esclusione di ogni forma di «promozione o erogazione di prestazioni di carattere direttamente o indirettamente previdenziale». Inoltre, mentre nello statuto previdente è previsto che il Fondo sia alimentato attraverso contributi a carico degli iscritti, il nuovo progetto di statuto prevede unicamente una contribuzione a carico della SIAE nel limite del 5 per cento dell’eventuale avanzo di gestione. Il sottosegretario Peluffo, nella sua audizione già più volte ricordata dell’11 luglio, ha affermato al proposito che la nuova disposizione statutaria costituisce un atto dovuto e necessario, volto a garantire il rispetto dei vincoli normativi vigenti (in particolare, quello di cui al decreto legislativo 252, relativo al divieto dell’esercizio di attività 5 dicembre 2005, n. previdenziale non autorizzata dalla Covip), e ad evitare, al contempo, il proseguimento dell’erogazione da parte della SIAE delle prestazioni legate al cosiddetto «assegno di professionalità», comprensivo del trattamento di reversibilità, che, in ottemperanza alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, sarebbero dirette ad una platea indifferenziata e potenzialmente esponenziale sia di soci che di iscritti ordinari.
In base alla citata delibera,   l’ampliamento della popolazione dei beneficiari dell’assegno di professionalità determinerebbe un assorbimento in pochi anni del patrimonio del Fondo di solidarietà, con il conseguente raggiungimento di uno stato di deficit strutturale non più recuperabile ed il successivo dissesto finanziario della SIAE. Tali rischi avrebbero quindi già indotto le autorità di vigilanza ad esprimersi nel senso della negazione della possibilità di prosecuzione nella previsione dell’assegno di solidarietà. Il sottosegretario Peluffo ha in particolare richiamato, a tal fine, i pareri del Ministero per i beni e le attività culturali del 29 aprile 2010 e del Ministero dell’economia e delle finanze del 2 novembre 2010 a proposito della possibile costituzione di una Fondazione, ai sensi dell’articolo 20-bis dello statuto della SIAE, cui esternalizzare il Fondo di solidarietà –, con i quali le autorità di vigilanza hanno avuto modo di segnalare che sono «esclusi interventi di natura previdenziale» e che la predisposizione di coperture assicurative personali o assistenziali, l’attribuzione di assegni di professionalità ed il conferimento di riconoscimenti professionali rappresentano funzioni che appaiono avulse rispetto a quanto previsto dagli articoli 20 e 20-bis dello statuto della SIAE, nei quali si fa richiamo alla promozione di forme di solidarietà.
Sul tema specifico del Fondo di solidarietà, l’onorevole De Biasi ha   evidenziato come la delibera citata abbia in realtà eliminato uno strumento istituito e alimentato grazie ai contributi degli autori, la cui funzione era quella di garantire una sussistenza dignitosa, trasformandolo in un «fondo indigenza» e, quindi, in una forma di sussidio per i poveri e gli indigenti. In proposito, l’onorevole De Biasi ha anche ricordato che il Governo ha accolto 9/5025/63, con il quale si come raccomandazione il proprio ordine del giorno n. impegnava il Governo a «valutare l’opportunità di considerare l’avvio di una norma transitoria in attesa di una soluzione legislativa relativa al ripristino delle funzioni del Fondo di solidarietà per gli artisti presso la Società italiana autori ed editori (SIAE)». Anche l’onorevole Giulietti ha in molteplici occasioni posto l’accento sulle condizioni di bisogno in cui attualmente versano numerosi associati che, facendo affidamento sul Fondo di solidarietà per gli artisti, si trovano attualmente in condizioni di «assoluto disagio». Temi questi più volte affrontati anche nel corso delle audizioni dei rappresentanti del settore, che a vario titolo hanno denunciato varie lacune nella gestione della SIAE, anche in riferimento al Fondo di solidarietà.

7. Conclusioni.
Nel corso delle audizioni sono emersi, tra gli altri, due problemi che   incidono negativamente sulla funzionalità della Siae: la sua ibrida regolamentazione normativa, che causa discrasie interpretative e situazioni di conflittualità nei rapporti interni ed esterni; la non equa rappresentatività degli autori ed editori (produttori) nei suoi organismi gestionali.
Riguardo alla regolamentazione normativa si è evidenziato come essa si   manifesti con caratteri ora tipici delle compagini associative private, ora propri dei soggetti di diritto pubblico. La inconciliabilità tra questi caratteri genera situazioni che intralciano, se non addirittura paralizzano la attività della società. È opportuno sottolineare, al riguardo, alcune di tali situazioni che sono emerse o sono state rese intuibili attraverso le dichiarazioni rese dai soggetti auditi.
In primo luogo, appare subito   evidente la confusorietà della stessa denominazione qualificativa che la vigente 633 del 1941) assegna alla SIAE. Questa infatti, legge sul diritto d’autore (n. mentre, da un lato, è nominata con il termine società, adatto ai soggetti collettivi costituiti da persone private, al fine di gestire i loro diritti proprietari secondo le norme del diritto civile, dall’altro lato, è qualificata con il termine di ente, proprio dei soggetti che perseguono finalità pubbliche e che, come tali, sono sottoposti ai principi delle pubbliche amministrazioni. Riguardo, poi, ai compiti che la legge citata, con l’articolo 180, le affida, appare evidente come essi rientrino nel genere delle prestazioni mandatarie tese a gestire l’utilizzo delle opere, la riscossione presso gli utilizzatori dei corrispettivi convenuti e la conseguente ripartizione tra gli aventi diritto. Si tratta di attività giuridiche di stampo privato che dovrebbero essere sottratte alla vigilanza delle istituzioni pubbliche. Di contro i Ministeri Vigilanti ben possono interloquire su tali attività al punto da censurare i criteri con cui gli organi della SIAE le hanno espletate o le vanno espletando.
In sostanza, gli associati che   agiscono mediante gli organi da loro stessi eletti e che sono gli unici beneficiari di dette attività, vengono depauperati della libertà di decidere con piena autonomia sul modo di amministrare i loro diritti e le loro aspettative. Tale privazione, che non ha alcun riscontro nella disciplina legale dei corpi associativi privati, appare ancor più anormale se si tiene in conto che la SIAE oltre a non gestire interessi della collettività ed oltre a non amministrare proventi economici pubblici, non riceve dallo Stato alcuna agevolazione o provvidenza o sovvenzione. L’immissione dello Stato nella vita della SIAE (peraltro amplificata dalla presenza di ben tre membri di nomina governativa nel consiglio di amministrazione) può trovare una giustificazione, seppur parziale, soltanto nel fatto che l’articolo 180 citato attribuisce alla stessa in via esclusiva, lo svolgimento dei compiti (privatistici) suddetti e, quindi, la rende immune dalla concorrenza di altre consimili imprese di collecting nel territorio italiano. Evidentemente, il legislatore del 1941 ritenne che l’esercizio delle attività in regime di esclusiva richiedesse un qualificato controllo «superiore», al fine di evitare abusi o eccessi di potere.
Si   ritiene che questa necessità stia peraltro per venir meno con la prossima eliminazione, imposta dalla Unione Europea, del privilegio della esclusiva. Con questa eliminazione si aprirà il campo alla libera concorrenza, perché le funzioni attualmente svolte dalla SIAE potranno essere attuate da qualsiasi altra impresa privata, alla quale gli autori e gli editori avranno la facoltà di affidare la gestione delle proprie composizioni, sulla base di un criterio di convenienza. La SIAE, quindi, trovandosi ad agire in un regime di competitività del mercato, dovrà, al fine di confrontarsi, alla pari, con le altre imprese di collecting, essere svincolata dalla pressione tutoria ed intralciante delle pubbliche istituzioni. Dovrà, in sostanza, assumersi il rischio delle proprie scelte operative in assoluta autonomia, assumendosi le conseguenti responsabilità gestionali, soltanto nei confronti dei suoi associati e dei suoi mandanti. Il suo statuto ed i suoi regolamenti dovranno quindi ispirarsi, 2 del seguendo la strada già opportunamente intrapresa dalla legge istitutiva n. 2008, ai principi giuridici civilistici, soggiacendo così alle sole regole del controllo degli organi interni, alla stregua di tutti i soggetti collettivi privati. Ciò potrà avvenire nell’ambito di una rivisitazione generale di tutte le materie del diritto d’autore, oggi non più adeguate di fronte alle nuove tecnologie della comunicazione dei prodotti intellettuali.
Passando al   problema della non equa rappresentatività (negli organi e nelle strutture interne della SIAE) degli autori più meritevoli e degli editori (e produttori) più prolifici, va ritenuto che la sua soluzione possa effettuarsi sia nel correggere l’attuale sistema di ingresso degli associandi, che apre le porte della società ad una miriade di soggetti (si è arrivati a centomila circa negli ultimi anni) dotandoli, indiscriminatamente, del potere di elettorato attivo indipendentemente dal loro rango di professionalità; sia nel graduare tale potere accrescendone o diminuendone la portata a seconda del livello di operatività dei soggetti che ne vengono investiti. Si rileva che allo stato attuale, la forte impronta pubblicistica, che connota l’Ente, impedisce, come la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto, di porre limiti all’ingresso indiscriminato di nuovi soci. Soltanto ampliando la natura privatistica delle società (ove opportuno trasformandola in una società di persone) sarà legittimo porre un freno selettivo all’accoglimento di nuovi soci.
Riguardo poi   all’attribuzione di poteri differenziati di elettorato attivo, potrà adottarsi una formula che assegni a ciascun associato un uguale voto di base; integri tale voto con un punteggio aggiuntivo in misura fissa, da attribuirsi agli autori ed agli editori (produttori) che siano iscritti alla SIAE da almeno dieci anni e che abbiano maturato, nel corso dell’ultimo quinquennio, una quota media di proventi non inferiore ad un limite che dovrà essere predeterminato a seconda dei generi di opere. Nell’ambito dell’equa rappresentatività degli associati, dovrà, altresì, esser risolto il problema, sollevato da alcuni autori, circa la necessità che la loro categoria abbia, negli organi collegiali della società, una presenza maggiore rispetto a quella degli editori (produttori), similmente a quanto avviene nelle società di collecting dei maggiori Paesi europei. In tali società infatti è attribuita agli autori una porzione di rappresentatività pari ai due terzi dei posti a disposizione. Ciò sul presupposto che tutte le attività, alle quali le società di collecting sono interessate (e di cui si occupano), hanno origine nella creatività degli autori, la quale pertanto assume un ruolo funzionale ben maggiore rispetto a quello dei veicolatori delle opere, quali, appunto sono gli editori ed i produttori.
Deve, quindi, ritenersi necessario che il nuovo emanando   statuto della SIAE tenga conto di questa situazione e, quindi, soddisfi la aspettativa degli autori. Al proposito, va considerato che la SIAE, come ha ricordato nella sua audizione il sottosegretario Peluffo, nacque come società degli autori e dopo quaranta anni circa dalla sua costituzione accolse nel suo seno anche gli editori.

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