In Italia pluralismo a rischio per il Media Monitor dell’Ue

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Come se la passa il pluralismo in Italia? Secondo il Media Pluralism Monitor, il report del Centro per il pluralismo e la libertà dei media, non benissimo. Ci sono rischi che conosciamo da tempo, altri che sono insorti negli ultimi mesi. Uno su tutti, secondo la ricerca, riguarda l’intreccio tra politica e media con l’invito al governo a varare “una legislazione per limitare significativamente l’intreccio tra potere e organi di informazione o agenzie di stampa” pensando a “una riforma della legislazione sui conflitti di interesse che stabilisca una disciplina unitaria applicabile alle posizioni governative a tutti i livelli”. Più facile a dirsi che a farsi.

Ma non basta. C’è tutta la questione Rai che, per il report, presenta rischi a “un livello allarmante” e persistono “preoccupazioni sulla governance della Rai, le cui nomine dirigenziali sono contraddistinte da una forte influenza governativa e dalla spartizione politica”. Tutta colpa della “nuova maggioranza” che avrebbe “esplicitamente cercato un maggiore controllo sulla Rai, sostenendo la necessità di una televisione pubblica allineata con i vincitori delle elezioni”. Eppure a viale Mazzini la politica è sempre stata di casa. Oltre ai casi singoli c’è la vicenda legata al canone: “La principale fonte di finanziamento continua ad essere il canone Rai. La Legge di Bilancio 2024 ha ridotto il canone per uso privato da 90 a 70 euro, sollevando ulteriori interrogativi sull’adeguatezza del finanziamento pubblico e sull’indipendenza della Rai”.

Ma il tema più importante è ancora un altro. Il livello di rischio per il pluralismo di mercato resta a livello “medio”. C’è un leggero miglioramento ma la sostenibilità dei media resta “a rischio elevato”. Un grande tema è legato alla “concentrazione sia nella fornitura di contenuti che nel panorama dei media digitali”. Sempre meno, sempre più invasivi, sempre più univoci. Un coro declinato nella stessa nota. Il Pluralismo è altro. E resta la preoccupazione: la democrazia, senza voci capaci di esprimersi nell’agorà pubblica, è monca. E in questi anni durissimi per la tenuta delle basi democratiche (i livelli di astensione al voto sono una spia in tal senso) occorre fare di più per aprire e sostenere tutte le voci.

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