Altri Paesi sembrano avere già tracciato la strada a favore della tutela del diritto d’autore. Ad esempio in Francia, dal febbraio di quest’anno, Google dovrà pagare 60 milioni di euro l’anno agli editori. Tale “tassa” permetterà all’aggregatore di notizie, Google News, di usare i contenuti prodotti dagli editori. Il presidente Francois Hollande ha commissionato uno studio: il cosiddetto Rapporto Lescure per combattere la pirateria digitale. Sarà forse per questo che in Francia l’editoria digitale è in gran fermento. E molte testate stanno progettando proprio un ingresso nell’informazione online.
Anche la Spagna e il Portogallo sembrano indirizzati verso la stessa via. In Belgio si lascerà più spazio alle contrattazioni individuali. C’è chi deciderà di restare negli aggregatori, magari guadagnando in pubblicità e visibilità, e chi lascerà la piattaforme digitali.
In Brasile, dall’ottobre del 2012, il 90% delle testate si è ritirato da Google News perché il colosso di Montain View non pagava nulla.
In altri Paesi, tra cui gli Usa e il Giappone, a regolare il diritto d’autore c’è un apposito trattato: l’Acta (Anti Counterfeiting Trade Agreement). Ovvero un accordo commerciale plurilaterale volto a contrastare la contraffazione e la pirateria informatica, al fine di tutelare copyright, proprietà intellettuali, brevetti su beni, servizi e attività legati alla rete. Gli Stati Uniti, uno dei maggiori pionieri dell’Acta, sono molto decisi a contrastare i corsari della rete. Ne è una prova la dichiarazione di Stanford McCoy, responsabile dell’Ustr (organismo che si occupa di tutela del copyright negli Usa): «La creatività e l’innovazione sono priorità strategiche. Quindi vanno tutelate dai siti canaglia. La pirateria danneggia il mercato e scoraggia gli investimenti. La rete deve continuare ad essere libera. Ma ciò non significa il permesso di rubare». L’Acta è stato siglato a Tokyo il 26 gennaio 2012 tra 22 dei 27 Stati membri dell’Unione europea tra cui l’Italia. Ma il Parlamento europeo, chiamato a ratificare l’accordo l’11 giugno 2012, lo ha respinto il 4 luglio 2012. Probabilmente, complice anche le proteste dei cittadini e di Anonymous (movimento per la libertà della rete) la votazione si concluse con una netta bocciatura: 478 voti contro, 39 a favore e 165 astenuti.
Da analizzare con attenzione il caso della Germania. Anche lo Stato teutonico, con la lex Google, vuole che gli aggregatori paghino. Ma potrebbe andare oltre. Dal 2016 Berlino metterà in discussione il principio di gratuita della rete. La Deutsche Telekom (compagnia delle tlc leader in Germania che controlla oltre il 60% delle connessione a banda larga) porrà dei limiti precisi al download su rete fissa. Per Nick Joan Van Damme, capo della filiale tedesca della Deutche Telekom, la maggioranza del pubblico paga per sussidiare la minoranza che usa quasi tutta la banda disponibile. Ecco che chi supererà il limita dei 75 giga dovrà scegliere: o pagare di più, oppure vedersi rallentata la velocità di connessione. «La neutralità della rete ha retto fino a quando la capacità delle connessioni è stata eccedente rispetto alla domanda. Ora non lo è più. Ed è necessario razionarlo», ha spiegato Van Damme.