Il Fatto Quotidiano lancia l’allarme sulle paghe (o sottopaghe) dei giornalisti: «Il quotidiano La Voce di Romagna – si legge nell’articolo online del Fatto – paga 2,5 euro ad articolo i giornalisti esterni, ma dallo Stato il giornale riceve 2,5 milioni di finanziamento. Il Tempo fissa un tetto massimo di 15 euro e ne incassa 840mila di finanziamento pubblico. E chi collabora alla Gazzetta di Modena non può sperare di spuntare oltre 4 euro ad articolo. Ne sa qualcosa Giovanni Tizian, che per i suoi pezzi sulla mafia in Emilia Romagna è finito sotto scorta. Minacciato dalla ‘ndrangheta per quelle righe così malpagate».
A porre fine a queste ingiustizie ci ha pensato la proposta di legge del parlamentare Udc Enzo Carra, che subordina il finanziamento pubblico a “un’equa retribuzione”. La proposta è già stata approvata dalla Commissione cultura della Camera e ora per diventare legge attende solo il via libera del governo di Mario Monti. Il testo, in quattro articoli, prevede che una commissione ad hoc stabilisca i parametri retributivi minimi che gli editori dovranno applicare. Verranno valutare le politiche retributive di quotidiani, periodici (anche telematici), agenzie di stampa, radio e tv per poi redigere un elenco dei datori di lavoro che garantiscono il rispetto dei requisiti minimi stabiliti. Una sorta di bollino blu per gli editori. Ma – e qui casca l’asino – l’appartenenza a questo elenco sarà indispensabile per tutte le testate che accedono ai contributi pubblici, pena la perdita di questi ultimi. E per le altre imprese editoriali? Quelle, per intenderci, come il Fatto, che non accedono (o almeno non ancora, nel caso specifico) ai contributi? Quelle potranno “affamare” i giornalisti, senza nessuna conseguenza.