Su quotidiani e telegiornali gli immigrati occupano uno spazio marginale, nemmeno il 2% delle notizie, e sono solitamente citati per fatti legati alla cronaca nera dove conta soprattutto sottolineare nazionalità e fede religiosa. Questi, in sintesi, alcuni dei risultati di una ricerca condotta dal Robert Schumann Centre for Advanced Studies dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze nell’ambito del progetto Mediva (Media per la diversità e l’integrazione dei migranti). L’indagine ha coinvolto i quotidiani La Nazione, La Repubblica, Il Sole 24Ore, Corriere della Sera e il Tg3. I risultati sono stati illustrati nel corso di un convegno a Firenze da Anna Triandafyllidou e Iryna Ulasiuk del progetto Mediva, che hanno curato la ricerca per l’Italia in quanto lo studio è stato condotto su più paesi europei.
Nella copertura delle notizie sugli immigrati, è stato spiegato, in Italia «i media spesso alimentano l’opposizione tra un positivo ‘noi’ e un negativo ‘loro’, e in generale le notizie relative all’immigrazione hanno risalto solo in concomitanza di un evento straordinario o che, appunto, ‘fa notizia’». Sui media italiani, è stato detto ancora, «i migranti sono il più delle volte rappresentati come gruppo piuttosto che come singole persone, gruppi cui si attribuiscono caratteristiche minacciose o si associano problemi. Mancano invece spazi di approfondimento sulle realtà di provenienza, per capire meglio i problemi. E mancano criteri di selezione nelle redazioni di giornalisti legati alle nazionalità immigrate».
Secondo l’assessore toscano alla cultura Cristina Scaletti «c’è veramente ancora molto da fare vedendo questi risultati. Le notizie sull’immigrazione nel nostro Paese sono ancora scarse e non sembrano lavorare per colmare la distanza con queste persone giunte qui da mille esperienze diverse: guerre, povertà, persecuzioni». Per Scaletti, «invece, è fondamentale costruire un’informazione dettagliata su questi fenomeni perché abbiamo il dovere di colmare le distanze su diritti insopprimibili; e contribuire alla costruzione di un processo di integrazione necessario e inarrestabile, da noi come in tutto il mondo».