Terra, il primo quotidiano ecologista d’Italia, ha chiuso i battenti dopo tre anni di pubblicazioni.
Il direttore-amministratore Luca Bonaccorsi, socio di maggioranza della società che edita il quotidiano (Undicidue Srl) ha rassegnato le dimissioni giusto una settimana fa giustificandole come una risposta obbligata alle ingerenze sempre più pressanti del partito.
Grande imbarazzo nel partito il cui segretario, Angelo Bonelli, titolare del finanziamento pubblico, ha espresso solidarietà ai redattori e promette di andare fino in fondo per capire che fine hanno fatto i fondi e perché si sia arrivati alla serrata.
Per il momento i lavoratori sono gli unici a pagare il prezzo della ragion politica. Sono banditi dalla redazione, anche se per oltre cinque mesi hanno lavorato senza ricevere stipendio pur di stare in edicola e garantire continuità alla pubblicazione. Mercoledì scorso hanno fatto un picchetto davanti alla redazione blindata con striscioni di questo tenore: «Dove sono i milioni del finanziamento pubblico?» e ancora «Bonaccorsi, gli accordi sindacali si rispettano», e poi «6 mesi senza stipendio».
Bonaccorsi, quanto al finanziamento per l’editoria risponde: «Che significa che fine hanno fatto? Ci sono i bilanci a certificare. Sostenere un giornale costa meno di due milioni di euro all’anno?». Ora però i conti bisognerà farli per davvero. Terra vendeva mediamente 2-3mila copie ma assorbiva due milioni. Anche perché la redazione contava 15 persone e il grosso degli investimenti, a detta dei sindacati, andava nelle cariche dei direttori, vicedirettori e condirettori, collaboratori e promozione.
I Verdi – ha annunciato Bonelli nel corso del picchettaggio – hanno incaricato i loro legali di adottare tutte le iniziative possibili per la rescissione del contratto di gestione, a suo tempo firmato da altro gruppo dirigente del partito. Il Comitato di redazione, che aveva già indetto e realizzato sette giorni di sciopero impedendo l’uscita del giornale, è intenzionato a proseguire l’agitazione, e ha dato atto a Bonelli delle iniziative avviate contro Undicidue e della concreta solidarietà espressa ai giornalisti. Per tutta risposta, il direttore uscente lascia la scrivania querelandone uno per aver messo in dubbio il suo operato e aver indicato anche nell’atteggiamento della direzione una delle ragioni del fallimento. (ilfattoquotidiano.it)
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