Alla fine il Biscione sembra aver portato a casa quello che Paolo Romani aveva iniziato a predisporre tra le fine del 2010 e l’inizio del 2011 quando era ancora ministro allo Sviluppo economico del governo Berlusconi ma già si sentivano gli scricchiolii che avrebbero portato alla sua caduta. E quello che Mediaset voleva era mettere in salvo le sue frequenze, averne il controllo per i prossimi venti anni e rafforzare così in un sol colpo i suoi asset patrimoniali in un momento di ricavi pubblicitari in calo, previsioni fosche per l’autunno, tagli di spesa per 250.
Poco dopo che il Pdl aveva minacciato di far saltare i nuovi vertici Rai voluti da Mario Monti e il giorno prima che il partito di Berlusconi si fosse infine deciso a dare il suo sì alla nomina di Annamaria Tarantola il ministero dello Sviluppo Economico ha annunciato l’assegnazione definitiva con concessione ventennale delle frequenze digitali. Ma solo nelle prossime settimane, forse solo in autunno, si inizierà a capire davvero cosa è successo. La materia è un caos giuridico in cui non è facile fissare che poche certezze.
Punto primo, la fotografia. L’assegnazione delle frequenze porta un primo evidente vantaggio a Mediaset: le sue frequenze (come anche quelle di Telecom) sono certe, non corrono rischi di interferenze. Ci sono ancora molte tv locali da sistemare e soprattutto non è ancora completato il coordinamento internazionale. Molte emittenti trasmettono infatti su frequenze che domani, chiuse le trattative con Francia, Croazia, Slovenia, Grecia, Maltae tutto il nord Africa, potrebbero non essere più utilizzabili in Italia.
Da più parti si sospetta che l’anticipo dell’assegnazione giochi a favore di Mediaset. Se il governo avesse mancato il termine di assegnazione al 30 giugno (la comunicazione è del 10 luglio ma il termine di giugno sarebbe nella sostanza rispettato) sarebbe saltata la gara per le frequenze ex beauty contest e proprio a vantaggio di Mediaset. Ecco come. Dal primo luglio vale anche in Italia il principio Ue della neutralità tecnologica. Ma non è retroattivo. Vuole dire che se Mediaset avesse ricevuto l’assegnazione delle sue quattro frequenze Dvbt (la televisione) e di quella Dvbh (la tv mobile sui telefonini) dopo il primo luglio, avrebbe potuto iniziare a usare la frequenza Dvbh per la normale tv senza dover chiedere niente a nessuno. Non avrebbe necessità di partecipare alla gara ex beauty contest perché ha già raggiunto il suo tetto massimo di frequenze controllabili: avrebbe in sintesi la sua quinta frequenza tv gratuita. Ma senza Mediaset l’asta per le frequenze ex beauty contest perde molto del suo potenziale valore. Un valore che in questa fase di crisi e di mercati deboli non raggiungerebbe comunque mai i miliardi della passata asta Lte, ma non sarebbe comunque da buttare via.
Contro questa linea di pensiero “ministeriale” c’è invece l’altra secondo cui a Mediaset conviene che le cose siano così come sono ora. Fino all’asta si tiene la sua frequenza Dvbh così come è e non raggiungendo il limite delle 5 frequenze tv può partecipare alla gara, che avrà comunque valori di base non proibitivi. Acquisisce la quinta frequenza a poco prezzo (perché il mercato e debole e i valori calano). E solo dopo chiederà in nome della neutralità tecnologica di trasformare la frequenza Dvbh nella sesta frequenza tv.
E’ vero però che a quel punto questa “trasformazione” non sarà più automatica (come sarebbe stato in caso di assegnazione posteriore al 30 giugno) ma dovrà essere autorizzata dal governo. Ed è una trasformazione che Corrado Passera, assicura chi lo conosce bene, non avrebbe alcuna intenzione di concedere. Per cui finchè ci sarà il governo Monti Mediaset non avrà sei frequenze. Dopo le elezione del 2013, si vedrà: dipenderà dal nuovo inquilino di Palazzo Chigi.
Manuela Montella