La proposta della Lega di abolire il canone Rai sta passando sottotraccia. Qualche articolo riprende gli interventi di Salvini, qualche altro le risposte del sindacato. Ma su “Il Giornale” di oggi un’intervista ad Alessandro Morelli, responsabile editoria della Lega, chiarisce le idee.
Le posizioni di Morelli sul pluralismo e sull’informazione in generale sono, salvo piccole sfumature, molto vicine a quelle di Vito Crimi. E non è, infatti, un caso che l’abolizione del sostegno pubblico alla piccola editoria è frutto di un emendamento del governo giallo verde presentato su un testo su cui quell’esecutivo pose il voto di fiducia. Per la Rai il progetto di Morelli è abbastanza semplice, diremmo semplicistico: abolire il canone, eliminare i limiti di affollamenti pubblicitari, abbassare i costi, riducendo i canali e le produzioni esterne, aumentare i ricavi. La casalinga di Voghera sicuramente la penserà come Morelli.
Ma in realtà se alla Rai non paghi più il canone devi, conseguenzialmente, stracciare il contratto di servizio pubblico che è alla base della odiatissima tassa. E allora il discorso cambia, e decisamente, prospettiva, perché se non serve più il servizio pubblico non serve più un’azienda pubblica radiotelevisiva e allora Morelli dovrà convenire con Crimi e con la casalinga di Voghera che il problema della ristrutturazione della Rai non è più del Governo, o della Commissione parlamentare, ma di chi acquista una società che necessariamente deve andare sul mercato.
Ma d’altronde la Rai 4.0 è parente molto stretta della magica ricetta pensata da Morelli per cui la crisi dell’editoria si superava con il 5g. Così è, se vi pare.
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