L’ Europarlamento di Strasburgo ha votato a larga maggioranza la riforma del diritto d’ autore in Rete, che impone ai vari Google e Facebook di compensare in modo «equo» gli editori dei giornali, i produttori cinematografici e di musica, artisti, giornalisti, scrittori, sceneggiatori e creatori vari. L’ obbligo vale anche per le anteprime degli articoli mostrate da aggregatori come Google News: l’ uso di titolo e descrizione andrà pagato. Nel caso dei contenuti caricati dagli utenti e in cui non ci sia un accordo, invece, le piattaforme devono adottare misure «adeguate e proporzionate» per bloccare la diffusione del materiale protetto senza impattare sul resto. Con la nuova direttiva, messa sul tavolo per aggiornare quella del 2001, gli editori di contenuti acquisiscono un potere di negoziazione maggiore con le piattaforme; quantomeno quelli più grandi, mentre i piccoli sono preoccupati. Questo non risolve, comunque, i problemi legati all’ individuazione di modelli di business sostenibili e remunerativi per la diffusione dei contenuti online.
La direttiva esclude dalle regole i link accompagnati da singole parole. Una definizione ritenuta non molto chiara, così come non è davvero chiara la definizione di snippet applicata ai social network. Per le piattaforme. Se le piccole e micro piattaforme sono escluse dall’ applicazione della direttiva (ma non si specifica quale sia l’ unità di misura), le grandi – che si sono schierate contro la direttiva dal primo momento – dovranno effettuare un monitoraggio costante sui contenuti per evitare che violino il copyright. E come faranno? Il controllo preventivo resta dietro l’ angolo come conseguenza così come il ricorso all’ automazione e ad algoritmi che setaccino da soli i contenuti caricati dagli utenti, che potrebbero censurare anche quelli senza scopo di lucro o con diritti di cronaca (la pubblicazione dovrà però comunque avvenire con l’ autorizzazione degli interessati). “Il caricamento di contenuti su enciclopedie online che non hanno fini commerciali come Wikipedia o su piattaforme per la condivisione di software open source, come GitHub, è escluso dall’ obbligo di rispettare le nuove regole sul copyright. – si legge sul comunicato del Parlamento Ue -. Anche i meme come le parodie sono esclusi”. Resta il fatto che bisognerà trovare il modo di setacciarli e riconoscerli, perché la responsabilità sarà delle piattaforme.
Non dovrebbe cambiare molto per gli utenti passivi, che si limitano a leggere le notizie. A meno che le piattaforme non decidano di cambiare il loro modello di condivisione e diffusione delle notizie e dei contenuti, eliminando quindi le anteprime e – questo è un rischio – riducendo il flusso di lettori che arriva ad esempio dai social network. Per chi invece ricorre a contenuti protetti da copyright, il rischio è che anche nei casi di esclusione dall’ applicazione della direttiva l’ automazione dei sistemi di filtraggio non riesca a distinguere e quindi ci si ritrovi ad essere oscurati e a dover presentare proteste e ricorsi. È infatti previsto che le piattaforme istituiscano meccanismi rapidi di reclamo, gestiti da persone e non da algoritmi, per presentare ricorso contro un’ ingiusta eliminazione di un contenuto.
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