Il Papa elenca i peccati della stampa e torna a strattonare l’informazione chiedendo ai giornalisti di non distorcere la realtà. Il pontefice, intervistato dall’emittente argentina Telam, è tornato su un tema che gli sta evidentemente molto a cuore. E che è quello del giornalismo che fraintende, distorce e abusa delle circostanze per costruire realtà che non esistono. Per Bergoglio, che già in passato s’è pronunciato con parole forti su questo argomento, si tratta di uno dei mali del settore. Che va combattuto.
Il pontefice ha dunque elencato i problemi dei giornalismo. Anzi, quelli che il Papa ha riferito essere i quattro peccati della stampa. In primo luogo la disinformazione, che, per Bergoglio è “dire ciò che mi fa comodo e tacere sul resto. No, dì tutto, non puoi disinformare”. Poi c’è “la calunnia. Inventano cose e a volte distruggono una persona con una comunicazione”. In terza battuta, per il pontefice, c’è “la diffamazione, che non è calunnia, ma è come attribuire a una persona un pensiero che ha avuto in un altro momento e che ora è cambiato. È come se a un adulto si portassero i pannolini sporchi di quando eri bambino. Ero un bambino e la pensavo così. È cambiato, ora è così”. Infine l’ultimo e forse il più grave. “E per il quarto peccato, ha aggiunto, ho usato la parola tecnica ‘coprofilia’, cioè l’amore per la cacca, l’amore per la sporcizia. Vale a dire, cercare di infangare, cercare lo scandalo per il gusto dello scandalo”.
Lo stesso Bergoglio è rimasto vittima di un certo modo di fare pessima informazione. E il Papa ha raccontato: “Prendono una frase fuori dal contesto e ti fanno dire ciò che non intendevi dire. In altre parole, bisogna fare molta attenzione”. E dunque: “Per esempio, con la guerra, c’è stata un’intera controversia per una mia dichiarazione su una rivista dei gesuiti: ho detto che ‘qui non ci sono né buoni né cattivi’ e ho spiegato perché. Ma hanno preso questa dichiarazione da sola e hanno detto: ‘Il Papa non condanna Putin!’”.
Il pontefice ha dunque concluso: “La realtà è che lo stato di guerra è qualcosa di molto più universale, più serio, e non ci sono buoni e cattivi. Siamo tutti coinvolti e questo è ciò che dobbiamo imparare”.
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