La testata a stelle e a strisce ha chiesto all’esperto informatico Jacob Harris di sviluppare un algoritmo molto particolare, mai applicato prima d’ora in un giornale. L’algoritmo in questione è in grado di estrarre alcune parole e di commutarle in forma Haiku, i famosi versi giapponesi, trascritti su 3 righe e formati, in ordine, da 5, 7 e 5 sillabe. Partendo da quest’idea, l’autore ha sviluppato un programma open source detto “Haiku Finder” e successivamente, l’architetto senjor, ne ha realizzato una versione in Ruby on Rails.
A tal fine, si sono rivelate preziose le collaborazioni di Heena Ko in qualità di designer, e di Anjali Bhojani in qualità di sviluppatore di software. I Bot Haiku appariranno sicuramente agli occhi dei lettori come “qualcosa di strano” ma anche come una trovata originale e interessante. I versi “made in Japan”, detti anche “poesie fortuite”, hanno fatto la loro comparsa sulla home page del NYTimes già dallo scorso 1 aprile. E non è un caso che questa novità sia partita in contemporanea con l’inizio del “Mese Nazionale della Poesia”. Il risultato dei versi è riscontrabile sul Tumblr del sito che, focalizzandosi sulla multimedialità del contenuto, appare come una vera e propria rete di blog dove si possono condividere gli Haiku presenti sui diversi social network. Il creatore Jacob Harris è convinto che per i lettori sarà particolarmente intrigante trovare gli snippets di testo e provare, poi, ad estrapolarne gli Haiku. Questa nuova ricerca, si spera, dovrebbe stimolare la curiosità e soprattutto la voglia di leggere un articolo nella sua interezza.
Giannandrea Contieri
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