La storia del credito d’imposta sugli investi pubblicitari è degno di una telenovela brasiliana, forse strappa più sorrisi che lacrime, a raccontarla. Ma proviamo a farlo, tra le righe dei fatti.
La storia inizia con la lettera n) del secondo comma dell’articolo 2 della legge 26 ottobre 2016, n. 198. Nell’ambito dell’ampissima delega al Governo per legiferare in materia di editoria, viene previsto un incentivo fiscale per gli investimenti pubblicitari incrementali sui quotidiani, sui periodici e sulle emittenti radiotelevisive locali.
La delega non è mai stata esercitata, in quanto con il decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 56 è stato introdotto, a partire dal primo gennaio 2018 un contributo pari al novanta per cento per le piccole e medio imprese e del 75 per cento per le altre rispetto al valore degli investimenti incrementali effettuati su giornali e televisioni. E iniziano i pasticci. La potentissima Fieg, la federazione italiana editori giornali, si legge la norma a modo suo e decide che la data non è il primo gennaio 2018, come scritto a chiare lettere nella legge, ma quella di pubblicazione della stessa sulla Gazzetta Ufficiale. E inizia una tambureggiante campagna sulle proprie testate invitando le imprese ad investire in pubblicità sui giornali, in presenza di un contributo. Qualche commercialista esprime qualche perplessità, la norma decorre dal 1 gennaio 2018, sta scritto bello chiaro, ma no, lo dice la Fieg. Che può tanto, ma non tutto. E se la legge non consente di fare quello che dicono i potenti di Via Piemonte allora l’unica soluzione è cambiare la legge. L’urgenza e l’improrogabile necessità sono una costante, e quindi con il decreto legge 16 ottobre 2017, n. 148, il legislatore certifica che la Fieg aveva fatto una campagna pubblicitaria sulla base di un presupposto inesistente ma, comunque, gli concede una sorta di condono, chiamiamolo pubblicitario, ed estende il beneficio agli investimenti incrementali fatti da giugno 2017. Un colpo al cerchio ed uno alla botte; ma le telenovele sono lunghe; questa è lunghissima. Il credito d’imposta, quindi, viene concesso per investimenti effettuati prima dell’approvazione della legge, anzi del decreto legge, ma le regole del gioco devono essere scritte; subito. E qua iniziano i problemi. Infatti, il sostegno all’informazione non rientra nel novero del regime degli aiuti di Stato, perché è un contributo al pluralismo. Ma questi contributi sono rivolti alle imprese che operano negli altri settori, quindi, è necessario notificare la misura all’Unione europea. Ed attendere l’autorizzazione. O sottoporla al regime del de minimis, il che significa scontentare le grandi imprese. Che sono quelle cui la Fieg si rivolge. Intanto il 2017 praticamente è finito e del regolamento non c’è traccia. Correttamente il Dipartimento informazione ed editoria pubblica verso la fine di dicembre una nota con il quale dice quali saranno i contenuti del regolamento; che non c’è. Passa il tempo, la Fieg incalza, ma soprattutto arrivano i giorni delle predisposizioni dei bilanci di esercizio; e dei budget; ma del regolamento non c’è traccia. Qualche giorno fa il Dipartimento ha ripubblicato i criteri, giusto a dire, non ci siamo dimenticati; intanto la telenovela continua. Decidete voi, se ridere o piangere.
Enzo Ghionni
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