Nella Repubblica degli slogan e dei sondaggi, l’editoria va trattata per quello che è. Un fastidio. Ed allora cosa meglio da fare se non fare nulla, per lasciare che un settore in crisi muoia, cuocendo nel suo stesso brodo. I grandi giornali sentono la crisi e l’affrontano ricorrendo al sistema tipico della grande imprenditoria italiana: la cassa integrazione, che costa allo Stato, deprime i dipendenti, giustifica l’esistenza dei sindacati ma che consente di dire: “noi la crisi l’affrontiamo da soli, senza nulla chiedere allo Stato”. Viva l’Italia. I giornali editi dalle Onlus, quelle del cinque per mille, chiudono perchè le tariffe postali, nonostante rassicurazioni e controrassicurazioni, sono aumentate del 700 per cento. I quotidiani ed i periodici assistono sgomenti alla ridda di dichiarazioni su dati incerti che danno una sola sicurezza: del doman non c’è certezza. Chi vuol essere lieto sia, qualche decina di giornali in meno non valgono una sola ora di un programma televisivo su Ruby. Ma l’importante è saperlo. Passaparola.