«Di fronte al rischio dell’uscita dalle edicole di decine di testate cooperative (sono gli unici editori puri, oggi in Italia), non profit (come l’Avvenire) e di partito (da Liberazione all’Unità, dal Secolo alla Padania), conseguente alla cancellazione del diritto soggettivo ai contributi diretti, voluta dal Decreto Tremonti del 25 giugno 2008» il Manifesto, elaborando un’idea avanzata da Mediacoop nella sua recente Assemblea nazionale, avanza una proposta. La denuncia è che «è inconcepibile che in 4 mesi – dal Decreto Tremonti alla Finanziaria – i contributi all’editoria abbiano subito un taglio del 32,7% (126 milioni di euro su 387), cosa che non ha riscontro in nessun settore del Bilancio dello Stato. È come se si fosse deciso di dare un colpo duro al pluralismo anche nella carta stampata, in un paese che già soffre di un pesante e inaccettabile oligopolio televisivo».
La proposta in un articolo di Giancarlo Aresta, nel quale si sottolinea l’anomalia del sistema italiano delle comunicazioni, in cui nelle Tv si concentra oltre il 54% delle risorse pubblicitarie. «Si propone di adottare una tassa di scopo, che trasferisca ad un Fondo per il pluralismo risorse generate o dalle anomalie del sistema o dai suoi settori avvantaggiati. Si propone di portare al 20% – anzichè il 4%, di cui gode la stampa – l’Iva della chincaglieria più varia (magliette, occhiali, profumi, automobiline, giocattoli e altro), che ingombrano le edicole come allegati di testate giornalistiche o, ancora peggio, di pubblicazioni truffaldine, fatte da un semplice foglietto, registrato come testata periodica. E di aumentare dell’1% la tassa di concessione delle Tv analogiche. Appare infatti improprio ed iniquo che su un misero aggio di 53 milioni regga un impero televisivo, che risulta – dal Sic – avere un fatturato di 5,3 miliardi di euro».
Per il Manifesto «adottando queste misure, si potrebbe ripristinare il carattere di diritto soggettivo dei contributi diretti ai giornali cooperativi, non profit e di idee e mantenere una garanzia del pluralismo anche in una fase difficile della vita economica del paese».
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