Cambiamenti significativi nell’editoria internazionale. Il Guardian, noto quotidiano britannico nato a Manchester nel 1821, fa registrare per la prima volta maggiori entrate con la versione digitale rispetto alla carta stampata. Il Guardian Media Group ha reso noto che al momento ci sono 570.000 membri della comunità online, i quali danno un regolare supporto finanziario all’organizzazione. Vi è stato un notevole incremento, se si pensa che erano 500.000 alla fine dello scorso anno. Il report ufficiale della compagnia, che si riferisce al periodo aprile 2017-18, chiarisce che il sito del Guardian ha 155 milioni di visitatori unici al mese, con un interessante aumento degli accessi diretti rispetto a quelli veicolati dai social network. I ricavi digitali, che sono cresciuti del 15%, includono contributi diretti dei lettori e entrate derivanti dalla pubblicità. I ricavi della carta stampata sono invece aumentati “solo” del 10%.
Giova ricordare che il Guardian non adotta alcun modello di paywall per i propri contenuti digitali. Questa via era stata proposta al ceo David Pemsel, ma si è poi optato per quella che egli stesso definisce come “un terzo modo di pagare per giornalismo di qualità”. Un modello trapiantato anche nel sito australiano del Guardian e in alcuni domini statunitensi. Sono dieci milioni i lettori regolari, su cui Pemsel e i vertici del gruppo fanno affidamento, molti dei quali finanziano con continuità la sopravvivenza del quotidiano. E’ indicativo, e quasi stupefacente, che il Guardian si regga più sui lettori che sulla pubblicità. Come si può spiegare questo fenomeno unico nel suo genere? Probabilmente la trasparenza della proprietà gioca un ruolo decisivo nella fidelizzazione dei lettori, che sono ben disposti a pagare per continuare a fruire di contenuti indipendenti e di qualità. Quella del Guardian è davvero una terza via, che può suggerire nuovi modelli di business alle testate, impegnate nella difficile impresa di adattarsi alla nuova realtà digitale.
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