È bastata una frase, contenuta nell’articolo 44 del decreto legge del Governo sulle semplificazioni, per suscitare qualche allarme nel mondo dell’editoria. Eccola, alla lettera: «Assicurando la prova dell’effettiva distribuzione e messa in vendita della testata, nonché l’adeguata valorizzazione dell’occupazione professionale».
La norma in questione prevede un regolamento di delegificazione che dovrà essere emanato entro due mesi: conterrà misure di semplificazione e riordino dei contributi all’editoria di cui alla legge 250 del 90 e seguenti. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria, Paolo Bonaiuti ha così spiegato la ratio della norma: «Abbiamo introdotto nel decreto una norma che premia chi distribuisce o vende realmente le copie e chi tutela l’occupazione giornalistica, come ci è stato richiesto a gran voce da tutte le forze politiche in Parlamento».
Bonaiuti ha precisato che «tale norma non c’entra niente con il rifinanziamento dei contributi diretti che è tutt’altra partita da regolare all’interno della legge Finanziaria, come sempre». Si tratta, insomma, «di una regola destinata a produrre trasparenza e moralità nell’editoria»: così Bonaiuti risponde alle contestazioni di esponenti dell’opposizione come Giuseppe Giulietti e Giovanna Melandri, secondo i quali «solo le leggi varate dal Parlamento stabiliscono che è dentro e chi è fuori dai contributi, non certo un Regolamento che dovrà essere varato in 60 giorni». Regolamento che sarà curato da Mauro Masi, che alla carica di Segretario generale di Palazzo Chigi ha aggiunto quella di direttore del Dipartimento dell’ editoria e che è un po’ i1 regista e il produttore esecutivo scelto dal Governo e da Bonaiuti per il settore. Se il provvedimento andrà nella direzione annunciata, in ogni caso, non saranno più le dichiarazioni dell’editore a fare testo ma le verifiche sulla vendita effettiva della testata. L’intenzione dichiarata del Governo è quella di valorizzare i contributi indiretti, come il credito agevolato e le agevolazioni tariffarie, «quelli che non alterano le condizioni del mercato». A patto, come hanno detto Bonaiuti e Masi di riuscire a far rifinanziare il credito d’imposta a fronte di un Tesoro che ha «scarsa propensione ad aprire i cordoni della Borsa», come si è visto per il credito d’imposta a favore del cinema. (Sole24ore)
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