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Il Governo fa marcia indietro sui libri elettronici e gli editori si infuriano

Passo indietro per gli e-book nelle scuole. Il Ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza ha sospeso il decreto del suo predecessore, Francesco Profumo, per il quale da settembre 2014 i libri elettronici e misti (cartacei con integrazione in formato digitale)  avrebbero sostituito integralmente quelli cartacei.  Sulla decisione hanno influito le pressioni dell’AIE (Associazione Italiana Editori) e la pesante carenza di infrastrutture negli edifici scolastici. Gli editori, timorosi di perdere gli ingenti ricavi derivanti dalla vendita dei testi attuali, avevano già presentato ricorso al TAR nel mese di giugno. Gli interessi economici in gioco sono evidenti, ma purtroppo lo è anche l’effettiva assenza di banda larga e wi-fi in buona parte delle scuole. Lo certifica una recente indagine dell’OCSE, secondo la quale per dotare tutti gli edifici di attrezzature tecnologiche ci vorranno più di dieci anni. Il dl 179/2012 prevedeva la totale diffusione degli e-book dal 2015/2016. Il decreto Profumo aveva anticipato la transizione di un anno. Il rinvio del ministro Carrozza fa capire che difficilmente vedremo i libri elettronici nelle scuole prima del 2015, ma in coabitazione con gli omologhi cartacei. Il provvedimento dell’ex ministro montiano era carico di buoni propositi. Ridurre il divario digitale del paese, imponendo l’uso della tecnologia come strumento di formazione. Ma per la Carrozza e per l’AIE un’istruzione digitale non migliora quella tradizionale e l’esposizione prolungata ai nuovi dispositivi è dannosa per gli studenti. Non la pensano così i principali paesi del Centro e Nord Europa, nei quali l’utilizzo di libri elettronici è in costante aumento. Il cuore del decreto era il taglio delle spese del 30% per le famiglie che avrebbero scelto solo libri in formato digitale. Denaro che sarebbe stato risparmiato    per l’acquisto di tablet ed e-reader. Un altro punto di critica consiste proprio nella mancata previsione di finanziamenti pubblici per l’acquisto di dispositivi mobili, presente in altri paesi europei. Ma ciò che rileva maggiormente è la distonia tra i risparmi preventivati e l’effettivo costo dei supporti tecnologici. Un abbuono del 30% ammonta a 60-90 euro, insufficienti per l’acquisto di un tablet.  C’è poi la questione dell’IVA,. che con la digitalizzazione aumenta di 17 punti percentuali. Una modifica che fa storcere il naso agli editori, i quali lamentano difficoltà nella gestione dei costi di produzione. Queste ultime, però, derivano da una programmazione poco accorta di un cambiamento annunciato da tempo.

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