Nel corso dell’audizione di ieri, il giudice della Corte d’Appello Usa del Secondo Circuito, Denny Chin, ha invitato la Multinazionale di Mountain View, The Authors Guild e l’Association of American Publishers a trovare un nuovo accordo entro il prossimo 15 settembre per la realizzazione di quella che si preannuncia essere la più vasta biblioteca digitale aperta sulla Rete dal numero uno dei search engine. Scaduto tale termine la Corte procederà infatti a calendarizzare le prossime udienze per chiudere la vicenda in via definitiva. Per chi non lo ricorderà, una prima intesa tra Google e gli editori americani era stata raggiunta, dopo tre anni di consultazioni, solo nel 2008, anno in cui BigG si impegnava a pagare 125milioni di dollari di risarcimento per quelle opere inserite nell’elenco dei libri allestito dai servizi di Google Books e Google e-books, all’insaputa degli editori e degli autori titolari della proprietà intellettuale. L’accordo prevedeva anche l’allestimento di un fondo speciale per quegli scrittori che avessero deciso di far parte del registro e che Google si sarebbe impegnato a pagare ogni qual volta i loro testi fossero stati visionati online, con una ripartizione dei guadagni destinati per un 63% agli editori ed il restante 37% al colosso statunitense. La proposta fu respinta con una sentenza nel marzo di quest’anno dallo stesso Denny Chin, allora giudice distrettuale di New York, con una motivazione puntualizzata in 50 pagine in cui si ribadiva la non adeguatezza di un patto che avrebbe garantito a Google un vantaggio sleale nei confronti della concorrenza, oltre che la sistematica violazione del diritto d’autore. La Microsoft ed Amazon non mancarono in quell’occasione di palesare il proprio dissenso verso un’intesa che avrebbe concesso a Mountain View un vero e proprio monopolio sui volumi “out of print”. Il nuovo accordo dovrà infatti prevedere l’applicazione del criterio dell’ “opting in” piuttosto che quello dell’ “opting out” così come impostato all’inizio da Google, modalità che fu bocciata per la difficoltà riscontrata nel rintracciare quegli editori non pervenuti, non conosciuti o non reperibili. In conclusione, solo quei volumi coperti da diritti certificati potranno far parte integrante dell’intesa.
«Abbiamo lavorato a stretto contatto con gli editori e gli autori per esplorare una serie di opzioni in risposta alla decisione della Corte. Abbiamo chiesto maggior tempo per discuterne. Indipendentemente dal risultato, continueremo a rendere reperibili i libri attraverso Google Books e Google e-books», queste le dichiarazioni a caldo di un portavoce di Moutain View. Meno fiducioso è il legale degli editori, Michael Boni, che si limita a bollare la vicenda come una questione complicata che impegnerà le parti per tutta l’estate, prima o poi costringendole ad un accordo forzato. Intanto sono più di 15 milioni i libri scannerizzati finora dalla multinazionale Usa mentre è solo della scorsa settimana la notizia del lancio da parte della piattaforma multimediale, iRiver Global, dell’ultimo e-reader, the Story HD, che integra al proprio interno il servizio Google e-books, la controllata di Google Books.
Manuela Avino
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