Con un lavandino sotto braccio, Elon Musk si è presentato – per la prima volta da “padrone” – nella sede di Twitter. Il magnate americano di origini sudafricano si è autonominato “Capo Twit” e ha lanciato l’ennesima operazione simpatia per l’inizio della sua avventura a capo del social dell’Uccellino Blu.
Un’operazione che gli è costata, di tasca, almeno 22 miliardi di dollari. Gli altri sono arrivati dalle risorse del suo sterminato impero digitale. Tuttavia Musk, che vorrebbe passare alla storia come un simpatico giocherellone miliardario, si presenta con il volto più arcigno possibile. Difatti, dei 7mila dipendenti attuali di Twitter, ne resteranno solo 2.500.
La prima mossa, subito dopo aver posato il lavandino, è stata quella di silurare quattro top manager. Si tratta di Parag Agrawal, ormai ex amministratore delegato Twitter. Lo hanno seguito Ned Segal, direttore finanziario, Vijaya Gadde, capo ufficio legale e politico, Sean Edgett, consigliere generale. Secondo gli spifferi, almeno uno di loro è stato letteralmente trascinato fuori dagli uffici o, per dirla in termini più politicamente corretti, è stato “scortato” fuori dalla sede di Twitter.
Ma da Musk, gli utenti di Twitter si attendono altro. Si attendono un rilassamento delle restrizioni e, magari, il ritorno del peso massimo, il più bannato tra i bannati, l’ex presidente Usa Donald Trump. La questione non è di poco momento. Il tema è quello della libertà di pensiero. Davvero dobbiamo lasciare decidere a un algoritmo, pensato ed elaborato da una società privata che è spinta legittimamente dal desiderio di far soldi e, quindi, da quello di non scontentare i suoi inserzionisti, chi ha diritto di parola e chi no?
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